Spazio e luce al centro della mostra allestita negli spazi veneziani della galleria Alma Zevi: la fotografa Luisa Lambri e l’architetto Bijoy Jain (Studio Mumbai) interpretano, attraverso lavori inediti – tre fotografie e due sculture in foglia d’oro -, la loro relazione con la storia e la tradizione architettonica. Fino al 31 luglio 2021, il dialogo tra i due artisti e le loro opere sarà presente e vivo: i lavori, pur essendo realizzati autonomamente e individualmente, riflettono un comune interesse nella resa dello spazio, in costante mutamente grazie all’azione della luce, della linea e nell’utilizzo dell’oro.
“Fotografare gli interni per me è una pratica esistenziale, non solo la precisa riproduzione di un’edificio”. Le parole di Luisa Lambri risuonano come una dichiarazione di poetica: i suoi scatti presentano dettagli di un edificio in una composizione geometrica e sovraesposta, realizzati in analogico. La fotografia decontestualizza il dettaglio catturato: le immagini, scattate nel 2019 durante un sopralluogo nel Palazzo Querini Stampalia di Carlo Scarpa, non permettono di capire quale sia l’edificio o lo spazio rappresentato. Le composizioni, caratterizzate da linee ortogonali su cui si inseriscono inserti dorati, immergono l’osservatore in un’atmosfera intima e soggettiva: se, da un lato, l’immagine riflette l’interpretazione e la visione dello spazio di Lambri, dall’altro questa stessa visione cambia nel momento in cui l’osservatore posa lo sguardo sulla fotografia. Un processo creativo che traduce impressioni e sensazioni personali in riflessioni generali, legate al modo in cui lo spazio muta a partire dalla presenza umana – la percezione di un ambiente, infatti, risente delle esperienze e della sensibilità di ciascuno – e all’impatto che l’architetto ha nella progettazione di un edificio e, conseguentemente, del tessuto urbano.
Le fotografie di Luisa Lambri si realizzano, spesso, all’interno di edifici progettati da architetti di grande fama – da Le Corbusier a Carlo Scarpa – di sesso maschile: attraverso una visione dell’ambiente soggettiva, Lambri rivendica la presenza del femminile e il cambiamento di prospettiva che lo sguardo e la progettualità delle donne può portare all’architettura.
La reazione agli spazi è un aspetto fondamentale anche nella pratica di Jain che, per la mostra, realizza delle sculture totemiche in bambù e foglia d’oro. Liberamente ispirata a delle sculture utilizzate nelle processioni religiose in India, la struttura – verticale, preziosa e leggera – è visibile da tutti i lati e la sua percezione cambia a seconda dei raggi di luce che la colpiscono nei diversi momenti della giornata. Il totem, contraddistinto da una tessitura e intreccio dei fili di bambù a motivo geometrico, è frutto di un lavoro collettivo, momento di scambio di saperi e relazioni: il totem viene intrecciato e costruito da maestranze indiane e, successivamente, rivestito in foglia d’oro da artigiani veneziani. L’Oriente indiano e l’Occidente veneziano – frutto di una storia secolare di commerci e relazioni interculturali – convivono e si incontrano, rendendo l’esperienza artistica e dello spazio un momento di superamento dei limiti linguistici, geografici e culturali.
“Bisogna essere attenti all’ambiente, ai materiali e ai suoi abitanti. L’uomo nella natura, la natura nell’uomo”.
Luisa Lambri e Bijoy Jain / Studio Mumbai
ALMA ZEVI Venezia
Salizzada San Samuele, San Marco 3357, 30124 Venezia
Fino al 31 luglio 2021
Oltre alla bipersonale, fino al 31 luglio 2021 è allestita, in Salizzada Malipiero (San Marco 3208), la personale di Sofia Stevi, The Somnambulist.