Nel 2000 il chimico e studioso olandese dell’atmosfera Paul J. Crutzen e il biologo statunitense Eugene Stoermer introducono il termine “Antropocene” (dal greco anthropos, uomo) per definire la nuova epoca geologica in cui ci troviamo, caratterizzata dallo sfruttamento e dall’inquinamento delle risorse naturali. Il termine è stato contestato da alcuni a favore della denominazione “Capitalocene”, per sottolineare come la trasformazione della terra sia una conseguenza del capitalismo e non imputabile agli esseri umani in generale. Entrambi gli atteggiamenti suggeriscono un’allontanamento dell’uomo dalla natura, come fossero due cose distinte. A tal proposito molti studiosi negli ultimi decenni hanno rigettato queste definizioni per armonizzare la scissione tra natura e cultura attraverso teorie che vedono e sottolineano le continue simbiosi e relazioni tra tutti gli esseri viventi: “Siamo compost” scrive Donna Haraway “Gli esseri – umani o no – si formano l’un l’altro, componendosi e decomponendosi a vicenda”.
In La vita delle piante, Emanuele Coccia si interroga sulle forme di vita vegetali e le relazioni che intessono con la terra e i suoi viventi. Il filosofo vede nella mescolanza il principio cardine attraverso il quale ripensare l’intera esistenza cosmica poiché “tutto è in tutto” e ogni cosa sente, desidera e si trasforma in altro. Secondo Coccia infatti noi viviamo in una condizione globale di migrazione, in un continuo moto perpetuo: siamo esseri planetari e costantemente alla deriva, non solo a livello geologico e geografico, ma anche fisiologico. Siamo un supercontinente vivente in cui tutte le parti si incontrano e scontrano in continuazione.
Nature is our gardener – prima personale dell’artista Luca Petti (Benevento, 1990) a cura di Letizia Mari, fino al 1 dicembre 2019 a Palazzo Venezia – prende spunto dalle parole di Coccia, che sottolinea il rovesciamento della dialettica natura-cultura e il superamento di una visone antropocentrica. Quali relazioni intercorrono tra i viventi? In che modo si realizzano?
L’artista, dopo un’attento studio comparativo, ha individuato una serie di animali e vegetali che, anche se vissuti in tempi diversi, risultano avere delle particolarità in comune per configurazione o provenienza geografica. Questa associazione mutualistica ha dato vita a otto strutture minimaliste che riprendono la forma archetipa di ogni essere vivente scelto e presentano i tipici colori di avvertimento utilizzati in natura. Il Pachypodium, una pianta autoctona del Madagascar, è elemento cardine nella ricerca dell’artista che ne riprende la superficie spinosa e la struttura triangolare. Quest’ultima in particolare viene associata a un pitone malgascio che, posto in verticale, presenta una somiglianza nella texture con il vegetale. Le sottili forme in ferro ricoperte di tessuto si ispirano a diverse strutture di animali e vegetali tra cui il Mamba nero, rettile africano molto velenoso, ripreso per la sua caratteristica di annerire l’interno della bocca per spaventare il nemico o il Diavolo spinoso, una specie di lucertola estinta in epoca primitiva piena di aculei che si muove negli ambienti desertici. In alcune sculture c’è anche un’attenzione particolare alle proporzioni auree riprese da conchiglie e piante marine.
Le nuove forme ibride abitano lo spazio e se ne impadroniscono dando vita a relazioni estetiche e di coabitazione. Le sculture sembrano sospese in un momento di tensione, espressione della propria forza vitale, e colte nella loro essenzialità di movimento. L’apparente bidimensionalità e astrazione, data dalla quasi assenza di ombre, rende le sculture irreali ma al tempo stesso vivissime nel loro rivestimento in tessuto, riflesso dalla luce gialla e rossa che riprende la pavimentazione.
La mostra segna anche l’inizio dell’attività espositiva della Galleria Marrocco all’interno di Palazzo Venezia, costruzione del XV secolo e oggi sede di diverse attività culturali tra cui quelle dell’associazione A’Mbasciata.
Nature is our gardener
Luca Petti
A cura di Letizia Mari
Galleria Marrocco
Palazzo Venezia
Fino al 1 dicembre 2019