
Una mostra in due atti si apre nelle sale di Société Interludio, sono ambienti familiari quelli che accolgono le opere di Agathe Rosa (Annecy, 1987), Giovanna Repetto (Padova, 1990) e Marco Schiavone (Torino, 1990), spazi architettonici ridefiniti dalle opere in un continuo dialogo formato da dettagli silenti, volumi, riflessi e ombre opache. Tre artisti completamente differenti che ragionano in modo intimo ed essenziale sulla percezione e sulla rappresentazione dell’immagine contemporanea che acquisisce, in base alle singole espressività, momenti di astrazione, narrazione e decostruzione formale dell’opera.
Nell’intera operazione si evince un linguaggio sublimato di un mondo sensibile, ovvero quello del continuo divenire, del concetto immaginifico (dòxa), e uno dedicato alle idee, quelle ineccepibili che fanno riferimento alla conoscenza (epistème). All’ingresso della galleria le opere di Agathe Rosa come il brano fotografico intitolato Name, Simon e il mantello Être ciel risaltano un sentire quotidiano, lirismo visivo, materico e simbolico declinato tra passato e presente e tra forme e colori interiori. I lavori dell’artista francese raccontano a più livelli lo scorrere del tempo, il mutamento inteso anche come processo di riverbero e sospensione di un’immagine vivida, uno sguardo, il ricordo di un gesto, un crine d’argento, un volto disegnato e fermato nell’ombra.


Seguono gli specchi oscurati di Giovanna Repetto che ripresenta in tre momenti un’unica operazione attualmente work in progress, pensata sul rapporto tra dimensione spaziale e immagine.
Attraverso l’uso degli specchi, oggetti che continuano ad affascinare, l’artista ricopre di inchiostro indelebile le superfici, avviando un’azione che occlude all’altro mondo per ottenebrare, negare e frammentare l’immagine riflessa, una presa di coscienza nei confronti del presente e della realtà.
Nell’opera di Marco Schiavone emerge lo studio concreto e metodologico dello spazio, dei materiali e delle architetture effimere che si adattano alle specificità degli ambienti indagati. In Tutto quello che servele assenze si formalizzano in presenze, necessità e costruzioni che rivendicano e ridefiniscono i volumi e gli spazi della galleria.
In questa occasione Schiavone esegue, per la prima volta nella sua ricerca, un’installazione composita (multistrato di pino grezzo, rete plastica, travertino e fotografie) pensata come traccia progettuale di un mobile d’arredamento. Il display e l’opera fotografica sono elementi portanti di un’unica visione artistica, che allo stesso tempo rende il fruitore partecipe della rappresentazione e della presentazione dell’opera in sé. Il lavoro di Marco Schiavone divine archivio personale, esperienziale e condiviso di un’attitudine singolare che definisce e acquisisce un processo passato, dialoga con il presente e immagina un imprevedibile futuro.
L’ora innocente
Giovanna Repetto Agathe Rosa Marco Schiavone
Con un testo critico di Vincenzo Estremo
Fino al 26.06.2022
Société Interludio, Torino

