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#LiveArtsWeek 2019 | Intervista con Michele Rizzo

L’evento bolognese dedicato alle live arts si è aperto negli spazi bianchi della P420 con Michele Rizzo. Il coreografo di origini italiane e di base ad Amsterdam porta a Live Arts Week due progetti, Spacewalk e Prospect < E V A >, che esplorano la pratica artistica come strumento di attualizzazione dello spazio virtuale al […]

Foto Michele Rizzo Spacewalk
Foto Michele Rizzo Spacewalk

L’evento bolognese dedicato alle live arts si è aperto negli spazi bianchi della P420 con Michele Rizzo. Il coreografo di origini italiane e di base ad Amsterdam porta a Live Arts Week due progetti, Spacewalk e Prospect < E V A >, che esplorano la pratica artistica come strumento di attualizzazione dello spazio virtuale al quale il corpo accede grazie all’alienazione del movimento. Punto di riferimento nella pratica di Rizzo è il clubbing in quanto mezzo di affermazione della propria individualità proprio in un luogo in cui questa sembra mancare e dove i sensi si sovraccaricano. Attraverso l’ambiente, il corpo e la musica, i suoi progetti portano lo spettatore in un viaggio attraverso le dimensioni esplorando i concetti di spazio ed infinito.

Intervista con Michele Rizzo —

Guendalina Piselli: A Live Arts Week presentei due lavori: Space walk in prima italiana e il tuo nuovo progetto Prospect < E V A >. Entrambi esplorano lo spazio che ci circonda come incubatore di rappresentazioni e immagini prodotte dalla mente umana, uno spazio virtuale che si materializza…Possono essere viste entrambe come prosecuzione di HIGHER (2015)?

Michele Rizzo: Assolutamente si, infatti considero Spacewalk come il secondo episodio della trilogia che inizia con HIGHER e finisce con Deposition, il mio ultimo lavoro.
HIGHER rappresenta per me il punto di partenza di un viaggio attraverso modi di percepire la realtà e lo spazio. In quel lavoro utilizziamo il corpo e la danza come strumenti catalizzatori che ci mettono in contatto con una percezione del corpo al di là del mondo fisico. Attraverso la danza i performer costruiscono nuove identità che esistono in reami fantastici e virtuali.
Spacewalk non è altro che un’esplorazione diretta di questi spazi virtuali, in cui la qualità dominante è la potenzialità, il poter essere piuttosto che l’essere. Qui i performer sono calati in un ambiente di forme possibili, che si offrono come canvas tridimensionali su cui proiettare oggetti e soggetti.
Prospect < E V A > procede da entrambi HIGHER e Spacewalk, nel senso che utilizza una pratica di movimento per raggiungere uno spazio virtuale e mentale che a sua volta influenza il movimento stesso.

GP: Le performance da te ideate hanno un forte impatto visivo e integrano elementi di scultura, danza e teatro. In questa visione che si potrebbe descrivere come ‘arte totale’, che posto ha il ‘corpo’ del performer? Elemento scultoreo o soggetto che attiva situazioni?

MR: Per quanto mi riguarda, mi piace intendere il corpo come entità indefinita, più come materiale che come scultura. Allo stesso tempo ci tengo sempre a precisare che questa qualità amorfa e potenziale può essere riconosciuta come oggetto in sé, che ha il diritto di esistere, di essere rappresentata e apprezzata per quello che è.
Penso che sia importante rivendicare la possibilità di essere tutto e niente, di cambiare idee, stili di vita, corpo, genere, identità politica o religiosa.
Per questo tutto il mio lavoro tende a proporre visioni del corpo e dello spazio come potenziale.
Questa riflessione si basa certamente anche sulla mia personale esperienza di artista multidisciplinare, che fa difficoltà a riconoscersi in un contesto troppo definito, e che ha anche la necessità di cambiare forma per sopravvivere nella precarietà del mondo dell’arte.

GP: L’allestimento di Spacewalk è a cavallo tra sito archeologico e ambiente futuristico. Prospect < E V A > in quale universo porterà?

MR: Prospect < E V A > è prima di tutto un esperimento, nel senso che è un lavoro che costruirò nel corso di una giornata insieme a un gruppo di performer della zona di Bologna, con cui lavorerò a una pratica immaginativa e di movimento. In questo senso mi risulta difficile sapere già che tipo di ambiente produrremo, ma in generale mi piace pensare sia uno spazio intermedio, una sorta di balcone per affacciarsi sullo spazio cosmico. Non si tratta di uno spettacolo, ma di un’installazione e i visitatori sono invitati ad osservare i performer praticare questo volo dell’immaginazione, ma anche ad abitare questo spazio intermedio, nella maniera che riterranno appropriata.

Michele Rizzo, Spacewalk, courtesy of Michele Rizzo
Michele Rizzo, Spacewalk, courtesy of Michele Rizzo

GP: Nella tua ricerca il punto di riferimento è spesso il clubbing. Quali sono gli elementi di questa cultura che porti nelle tue coreografie? C’è una particolare situazione che cerchi di creare o, viceversa, che tendi a emulare?

MR: L’esperienza del club è per me un’espressione di libertà, che si manifesta nel poter essere qualsiasi cosa io voglia, attraverso un processo di auto-analisi che lascia poco spazio al giudizio. Fare serata e ballare tutta la notte mi da la possibilità di presentarmi a me stesso come un’entità sempre in movimento, che si auto impone di essere accettata per quello che è. Allo stesso tempo, dato che essa avviene in un contesto sociale, mi permette di relazionarmi agli altri nella stessa maniera. Cerco di portare questo nei miei lavori, applicando lo stesso principio non solo ai corpi, ma anche allo spazio e alle situazioni.

GP: Attraverso i corpi esplori i concetti di spazio e di infinito. Che ruolo ha la musica in questo viaggio tra le dimensioni?
In Prospect < E V A > collabori con Billy Bultheel. Avevi già collaborato con Lorenzo Senni per HIGHER, ma ho l’impressione che questa volta la musica crei un’esperienza immersiva non solo per i danzatori, ma anche per il pubblico…

MR: Normalmente considero la musica come uno spazio a sé, che si interseca nello spazio fisico attraverso la percezione uditiva. Mi affascina l’idea che esistano realtà parallele a quella che ci appare come dominante. Per questo mi piace sempre collaborare con musicisti il cui lavoro è tangibilmente evocativo. Ascoltare Lorenzo Senni è per me come camminare in uno spazio digitale, a due dimensioni, un deserto di pixel pieno di emozioni. La musica di Billy Bultheel invece mi catapulta in universi narrativi abitati da personaggi provenienti dal passato e dal futuro, ed avendo un’accezione quasi monumentale si addice particolarmente alla pratica di movimento di Prospect < E V A >, che difatti si propone come un tentativo di danzare in spazi vastissimi.

Michele Rizzo (I/NL)
Spacewalk
performance, prima italiana
venerdi 5 aprile – h 19.00
Galleria P420

Michele Rizzo/Billy Bultheel (I/NL) (B/D)
Prospect < E V A >
Performative environment, produzione Xing/Live Arts Week
sabato 6 aprile – h 19.00>21.00
Galleria P420

Michele Rizzo - Portrait
Michele Rizzo – Portrait
Michele Rizzo, Spacewalk, courtesy of Michele Rizzo
Michele Rizzo, Spacewalk, courtesy of Michele Rizzo