Limiti Inchiusi | Intervista con Paolo Borrelli e Fausto Colavecchia

"Nostra intenzione principale era quella di rendere possibile l’autodeterminazione delle politiche culturali sul territorio, opponendoci a una consuetudine di progettualità importate dall’esterno. In questo, credo, Limiti inchiusi ha raggiunto ampiamente il suo obiettivo."
6 Ottobre 2017

Attiva da oltre un ventennio e con base in Molise l’associazione Limiti Inchiusi ha sviluppato una serie di progetti d’interrelazione tra le particolarità locali e le tendenze complessive dell’arte, con l’obiettivo di vitalizzare le pratiche culturali del territorio – sia nel verso di un accoglimento all’interno che di una diffusione all’esterno. Abbiamo cercato di ripercorrere le tappe di questa densa storia con gli artisti Paolo Borrelli e Fausto Colavecchia, nucleo ideativo e operativo dell’associazione nella sua forma attuale.

Matteo Innocenti: Partiamo dall’inizio. Come e con quali intenzioni ha avuto avvio Limiti Inchiusi?  

Paolo Borrelli: Il nome prende spunto dall’accostamento di due contrade “Limiti” e “Inchiusi” collocate nell’immediata cintura della periferia di Campobasso, collegate al centro urbano da un bus che abbiamo scelto come simbolo dell’associazione. Limiti inchiusi nasce in Molise nel 1994 con l’esigenza di stringere relazioni con altre realtà dell’arte contemporanea nazionali e internazionali.
In quegli anni, parlo dei primi Novanta, alcuni di noi avevano costanti rapporti con ambienti dell’arte al di fuori del territorio regionale, il che ci ha consentito di portare sul territorio molisano le nuove esperienze che all’epoca si andavano affermando e, soprattutto, di partecipare al dibattito che si era creato intorno ai nuovi indirizzi dell’arte contemporanea.
Siamo dunque partiti da un ambiente, quello locale, alquanto ostile, attardato su dinamiche che facevano ristagnare qualsiasi stimolo alla sprovincializzazione culturale. Nostra intenzione principale era quella di rendere possibile l’autodeterminazione delle politiche culturali sul territorio, opponendoci a una consuetudine di progettualità importate dall’esterno. In questo, credo, Limiti inchiusi ha raggiunto ampiamente il suo obiettivo.

MI: Parliamo di Fuoriluogo. Sono trascorsi venti anni dalla prima edizione. Un periodo considerevole, che immagino permetta uno sguardo retrospettivo…

PB: L’esperienza di Fuoriluogo ha inizio nel 1996, con una breve incubazione nella mostra You Get What You See che realizzammo nell’anno precedente, un evento itinerante che coinvolse spazi come il Palazzo Ràcani Arroni di Spoleto, la Galleria dè Serpenti di Roma e il Palazzo Falcione di Campobasso. Con Fuoriluogo alcuni artisti decidono di denunciare l’assenza endemica di spazi espositivi dedicati all’arte contemporanea nel capoluogo regionale. Il progetto, dunque, diventa in quegli anni uno strumento importante di denuncia per puntare i riflettori su spazi dismessi da recuperare e utilizzare come contenitori di eventi d’arte. Le mostre, infatti, sono state realizzate in capannoni industriali, chiese sconsacrate e palazzi in rovina o inutilizzati. Si è creato nel tempo un evento dal carattere sempre più internazionale, che ha consentito di intercettare e ospitare i linguaggi dell’arte più attuali attraverso le nostre proposte al pubblico.

Fausto Colavecchia: Le mostre della seconda metà degli anni Novanta sono state sicuramente una scossa rigeneratrice e di crescita per il clima culturale della regione; nel corso del tempo abbiamo dedicato una particolare cura negli allestimenti e nella grafica delle pubblicazioni editate dalle Edizioni Limiti inchiusi.
Numerosi artisti sono stati presenti alle edizioni annuali, tra gli altri: Douglas Gordon nel 2010 con l’opera 24 Hours Psycho concessa per l’occasione dalle National Galleries of Scotland; Cesare Pietroiusti ed Emilio Fantin nel 2009 hanno partecipato a Fuoriluogo 14 – Interrelazionale conducendo in coppia un workshop aperto a tutti; sono state esposte opere di Jenny Watson, Heidi Mcfall, Gino Marotta, Titina Maselli, Mario Sasso, Bertina Lopes, Ascanio Renda, Stefano Cagol, Francesca Grilli, Pablo Echaurren, Federico Solmi, Floria Sigismondi e molti ancora, tra i quali noi stessi. In alcuni casi ci si è concentrati sull’arte di una particolare scena nazionale o sovranazionale, per esempio l’arte inglese in collaborazione con la British School di Roma, l’africana con la partecipazione del Centro Internazionale d’Arte Contemporanea Sala 1 di Roma, la scozzese insieme a Cultural Documents di Edimburgh. Inoltre ben due edizioni sono state rivolte alle proposte di giovani artisti molisani: nel 1998 Fuoriluogo 3 e nel 2008 Fuoriluogo 13.

Fuoriluogo 8, Afritalia / Chiesa San Bartolomeo, Campobasso, 2003 - © Limiti inchiusi

Fuoriluogo 8, Afritalia / Chiesa San Bartolomeo, Campobasso, 2003 – © Limiti inchiusi

MI: In che maniera avete strutturato le mostre di Fuoriluogo: ogni edizione ha avuto la sua diversità, in autonomia, o c’è stato il mantenimento di una costante?

PB: Essendo pensata e realizzata da artisti, Fuoriluogo ha conservato negli anni il carattere della sperimentazione continua, rinnovando a ogni edizione la sua formula, intercettando quelle che a nostro avviso erano al momento le esperienze più innovative del panorama dell’arte contemporanea. La mostra è stata anche un laboratorio permanente sulle politiche culturali, il termometro di una situazione in divenire che ha permesso a molti di noi di ampliare le proprie relazioni professionali e mettere in connessione la marginalità del centro sud con il resto del territorio nazionale. Abbiamo invitato diversi critici e curatori a collaborare alla progettazione di mostre, sempre e comunque individuando e discutendo insieme le tematiche da sviluppare.

MI: Riconosco che è un compito arduo, però vorrei che rendessimo un’idea concreta di Fuoriluogo. Mi piacerebbe che ognuno di voi scegliesse e raccontasse in sintesi un’edizione particolare.

FC: Compito difficile! Una delle mostre che mi piace raccontare perché credo che rappresenti molto bene il progetto di politica culturale sul territorio iniziato con Fuoriluogo, è Aperto Molise del 2008. Questa edizione nacque con l’intenzione di presentare giovani artisti la cui età fosse compresa tra i 18 e i 40 anni e che vivessero o lavorassero in Molise. Le due curatrici della mostra, Gaia Cianfanelli e Caterina Iaquinta, attraverso un bando indetto dalla nostra associazione, scelsero 16 artisti. La presentazione delle opere, in base alla diversità dei linguaggi impiegati, avvenne in due appuntamenti consequenziali. Un aspetto interessante è che avviammo, in occasione di entrambe le mostre, un tavolo di discussione sulle arti tra regioni limitrofe e, come primo step, fu presentato uno scambio tra il Molise e l’Abruzzo. Inoltre venne allestito un “tavolo virtuale” su cui figuravano vari tipi di contributi artistici di ben 17 soggetti culturali emergenti del centro sud (provenienti da un progetto più ampio su cui le due curatrici stavano lavorando). Credo che quella edizione sia stata caratterizzata anche da una nota politica e sociale, uno stimolo per una successiva e feconda riflessione da parte delle istituzioni pubbliche.

PB: Sono tante le mostre che potrei citare, una tra tutte il Fuoriluogo 15 dal titolo Una Regressione Motivata, curata dalla cara amica Deirdre Mackenna al tempo direttrice di Stills: Scotland’s Centre for Photography of Edimburgh. In quell’occasione la curatrice volle condividere con noi uno sguardo internazionale sul Molise, infatti la mostra fu dedicata all’arte contemporanea scozzese. I temi affrontati, il tempo e la lentezza, s’ispiravano agli scrittori Giose Rimanelli e Don De Lillo, entrambi di origine molisana ma ognuno con una propria e distinta esperienza di iniziazione alla vita e una diversa relazione con il ventesimo secolo. Ne risultò un progetto singolare che aveva nella diaspora regionale la sua base concettuale.

MI: Il progetto di residenza artistica: Vis à Vis, a cui ho avuto il piacere di collaborare. So che, in certo modo, si è trattato di un esperimento in “presa diretta”, da modulare in base alle difficoltà e alle possibilità di volta in volta incontrate. Vorrei che mi descriveste questa esperienza, nel suo complesso.

PB: Per parlare del progetto Vis à Vis Fuoriluogo, e far comprendere la scelta del nuovo indirizzo di Limiti inchiusi devo partire dalla lunga esperienza di mostre realizzate nella galleria omonima di via Muricchio nel capoluogo molisano.
Dall’esperienza di Fuoriluogo nasce dunque nel 2002, a Campobasso, la Galleria Limiti inchiusi arte contemporanea, uno spazio, anche questo, gestito da artisti, che ha creato fin dall’inizio collegamenti con altre realtà simili. Per dodici lunghi anni la galleria mise in scena una programmazione di eventi in sintonia con quello che succedeva a livello globale ma con un’attenzione costante agli artisti emergenti del territorio. Molti giovani artisti, infatti, trovarono nella galleria la possibilità di realizzare i primi progetti espositivi e di fare esperienze nazionali.
Da questa esperienza, giunta ormai all’esaurimento, nel 2012 nacque il progetto di residenza per artisti Vis à Vis Fuoriluogo. La proposta assunse concettualmente un modello esattamente rovesciato, non più, dunque, uno spazio da gestire, non più white cube, ma riportare gli artisti al contatto diretto, vis à vis appunto, con le persone delle comunità dei piccoli paesi decentrati e marginali del territorio regionale. Siamo stati forse i primi a immaginare una residenza d’artista senza una sede, senza un luogo fisso dove invitare gli artisti a stare, abbiamo scelto l’intero Molise come luogo fisico, spazio diffuso, come territorio da indagare.

FC: Fin dall’inizio, dalla prima edizione di residenze del 2012, collabora con noi Silvia Valente, una curatrice indipendente che vive in Molise. Insieme abbiamo fatto in modo che numerosi artisti italiani e internazionali lavorassero in luoghi sempre diversi e che venissero accolti dalle comunità locali (tra cui: Montemitro, Acquaviva Collecroce, Limosano, Castelbottaccio, San Giuliano del Sannio, Oratino, Mafalda e nella prima edizione anche i comuni abruzzesi di Guilmi e Carpineto Sinello). Abbiamo lavorato sodo con le amministrazioni comunali e con il supporto della Regione Molise. Oggi tutti questi centri hanno come proprietà permanente le opere degli artisti ospitati. Si è così concretizzata una vera e propria “mappa” dei paesi e delle opere d’arte in essi custodite, lavori che parlano delle persone e dei luoghi a loro cari, della storia e delle tradizioni.

PB: Vis à Vis Fuoriluogo per noi è un progetto politico, che ha unito insieme le istanze di denuncia di Fuoriluogo e la nuova proposta per un’autentica vicinanza dell’arte alle persone e ai territori. Un piano di lavoro lontano dagli interessi speculativi e dalle grandi manifestazioni del mondo dell’arte. Insomma un progetto che si riappropria di una sensibilità intima, autenticamente rivolta alle comunità e ai luoghi in cui esse vivono, i quali vengono raccontati con lo sguardo trasversale e mai scontato degli artisti selezionati.

Fuoriluogo 9, Una moderna babele / Pinacoteca Dinamica, Campobasso, 2004 - © Limiti inchiusi

Fuoriluogo 9, Una moderna babele / Pinacoteca Dinamica, Campobasso, 2004 – © Limiti inchiusi

MI: L’associazione è stata ed è tuttora formata da artisti, pur con dei cambiamenti poiché oggi siete in due, non avete più uno spazio espositivo e la vostra attività si svolge in maniera diffusa sul territorio. Pensate che questo abbia caratterizzato l’insieme di attività portate avanti nel tempo (anche in relazione alla vostra personale ricerca)?

FC: La scelta di formare un’associazione con la quale avviare processi collaborativi che mirassero al raggiungimento di obiettivi comuni ha stimolato profondamente in molti di noi il desiderio di mettersi in discussione, di scommettere su sé stessi e sulla propria ricerca e di gettare ponti verso l’esterno. Credo che tutto questo abbia sicuramente contribuito a caratterizzare le nostre attività che, a tutt’oggi, anche se le cose sono cambiate, continuano a essere prodotte con lo stesso spirito.

PB: È indubbio che il diverso approccio all’arte di ciascuno di noi abbia influenzato in qualche modo le scelte e le attività intraprese dall’associazione, in ogni caso, essendo quest’ultima composta di personalità molto diverse tra loro è anche vero che gli indirizzi per la programmazione sono stati il risultato di un continuo dibattito che ci ha consentito di avere una visione molto ampia dei linguaggi e delle ricerche da individuare. Per quanto riguarda invece la ricerca individuale credo che ciascuno abbia continuato la propria strada con la fortuna di arricchire il proprio lavoro di nuovi e continui stimoli.

MI: Quali sono le particolarità che possono distinguere Vis à Vis in una “cartografia” di residenze sparse su tutto il territorio nazionale?

PB: Come già accennato in precedenza, la disposizione verso un nuovo progetto di politiche culturali che partono dal basso ci ha consentito di accorciare notevolmente la distanza che l’arte, nel tempo, ha accresciuto intorno a sé. I lavori degli artisti non potrebbero esistere senza il contributo fondamentale delle comunità che li accolgono. Le persone coinvolte dal progetto partecipano attivamente al racconto e spesso ne indirizzano le scelte, l’artista diventa in questo modo il demiurgo che raccoglie e traduce in opera d’arte condivisa le urgenze delle persone. Moltiplicare questo per un territorio più vasto ci fa pensare a una comunità estesa che getta le basi di un nuovo modo di costruire relazioni tra gli individui. Ora, io non so se esistono altre esperienze che seguono esattamente questa strada, ma posso dire che dal 2012 questo è l’unico modo che ci permette di arrivare a dei risultati soddisfacenti – nonostante le difficoltà sempre presenti. Per noi, ad ogni modo, pur essendo importante l’obiettivo dell’opera realizzata e che resta di proprietà dei comuni ospitanti, è di fondamentale rilevanza il percorso effettuato per arrivare all’opera stessa, che è poi l’unico, tra gli elementi a disposizione, in grado di costruire condivisione.

FC: Vorrei aggiungere: una delle cose che ci fa alquanto piacere è che alcuni artisti, avendo stabilito un forte legame con il luogo di residenza e con noi, tornano a trovarci e in molti casi si è stabilito con loro un rapporto di collaborazione che ha originato ulteriori eventi e progetti comuni.

Fuoriluogo 9, Una moderna babele / Galleria Limiti inchiusi, Campobasso, 2004 - ©Limiti inchiusi

Fuoriluogo 9, Una moderna babele / Galleria Limiti inchiusi, Campobasso, 2004 – © Limiti inchiusi

MI: Abbiamo collaborato anche per un altro progetto di residenza, Flâneur, che pur mantenendo una simile impostazione ha alcuni elementi di differenza…

FC: Vis à Vis Flâneur è un progetto parallelo che si muove con le medesime intenzioni di Vis à Vis Fuoriluogo ma aggiunge un ulteriore elemento che ne modifica parzialmente il carattere e lo scopo. Essendo realizzato in condivisone con la Fondazione Molise Cultura, che ha sede nel centro di Campobasso, il progetto invita l’artista residente a considerare non un singolo centro ma l’intero territorio regionale.

PB: Questo fa si che i lavori realizzati siano il prodotto di una ricerca che contempla il Molise nel suo insieme, e che le opere restino allestite negli spazi della Fondazione per la costruzione di una collezione permanente. La prima edizione curata da te e da Silvia Valente ha visto la partecipazione dell’artista giapponese Satoshi Hirose, il quale ha messo in relazione il territorio, il paesaggio e i tanti piccoli, medi e grandi paesi del Molise con l’immagine affascinante di un arcipelago fatto di differenze ma anche di molte similitudini. La sua istallazione permanente in acciaio inox di grandi dimensioni è oggi visitabile all’interno della struttura della Fondazione Molise Cultura.

MI: Un’ultima domanda. Ci sono altri progetti in preparazione per l’immediato futuro?

FC: Ci fa molto piacere annunciare che sul finire del 2016 l’amministrazione comunale di Mafalda, un piccolo borgo in provincia di Campobasso che conta poco più di mille abitanti, ci ha chiesto di riflettere insieme su un progetto che avesse al centro l’arte. Noi, inizialmente sorpresi dalla richiesta proveniente da un piccolo comune, abbiamo proposto in collaborazione con l’artista Cosetta Mastragostino, originaria del paese e che oggi vive a Roma, l’istituzione di un Museo d’Arte Contemporanea. Nasce così agli inizi del 2017, con deliberazione ufficiale il MuMa contemporary, che ci auguriamo inizi la sua attività già nei prossimi mesi. Sarà un progetto in progress, che ospiterà residenze d’artista (quella di quest’anno effettuata da Simona Paladino è stata la prima edizione), nonché laboratori e altre attività: l’arte contemporanea da condividere con il territorio e con realtà nazionali e internazionali.

PB: Un piccolo segnale che ha come obiettivo il sogno dell’utopia che oggi, a nostro avviso, solo i territori e le comunità marginali possono far rivivere.

Satoshi Hirose, Untitled (13 anelli) / Vis à Vis Flâneur – Fondazione Molise Cultura, Campobasso - Photo: Tartaruga - © Satoshi Hirose

Satoshi Hirose, Untitled (13 anelli) / Vis à Vis Flâneur – Fondazione Molise Cultura, Campobasso – Photo: Tartaruga – © Satoshi Hirose

Douglas Gordon, 24 Hour Psyco / Fuoriluogo 15, Una Regressione Motivata / Galleria Limiti inchiusi, Campobasso, 2010 - ©Limiti inchiusi

Douglas Gordon, 24 Hour Psyco / Fuoriluogo 15, Una Regressione Motivata / Galleria Limiti inchiusi, Campobasso, 2010 – ©Limiti inchiusi

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