Certo della possibilità di identificare un alfabeto compositivo e dell’autonomia stessa del linguaggio pittorico, tra il 1926 e il 1929 Władysław Strzemiński realizza Composizioni Architettoniche. Una serie di opere di piccolo formato che ha permesso all’avanguardista polacco di elaborare il proprio metodo, risolvendo problemi di composizione e di ritmo, alla ricerca un ritmo uniforme di forme. È il primo passo verso la definizione dell’Unismo. Ne risultano diciassette composizioni costruite attraverso la ripetizione di quello che viene definito rapporto aureo, pari alla proporzione 8 a 5, nelle quali il colore steso in modo strutturale elimina la tridimensionalità facendo di figura e sfondo un unicum.
Sono proprio quattro delle diciassette tele ad aver dato vita alla serie di opere realizzate per la Collezione Maramotti da Svenja Deininger per la mostra Two Thoughts, in corso fino al 6 dicembre. A quasi cento anni di distanza, le teorie uniste del costruttivismo polacco diventano il punto di partenza per una riflessione sul linguaggio pittorico nella quale astratto e figurativo si incontrano e si mescolano. Condividendo con Strzemiński l’idea che la pittura sia capace di essere isolata da ciò che accade fuori attraverso le forme geometriche, la Deininger trasmuta sulla tela le forme reali privandole degli aspetti accessori e ricombinandole per aprire a nuove interpretazioni. Ancora una volta è dunque la forma geometrica a dettare le sorti della composizione.
I poligoni squadrati e proporzionati di Strzemiński lasciano però spazio a linee circolari, diagonali e forme concentriche, i cui colori filtrano dallo sfondo di livelli sovrapposti. Le tele appaiono come stanze del pensiero nelle quali ambienti, scale e antri si sovrappongono in un piano che abbandona la bidimensionalità in senso stresso creando spessori e superfici talvolta lucide talvolta ruvide.
Attraverso un gioco di ambiguità cromatica e materiale, le opere della Deininger rendono di difficile comprensione l’origine del colore e delle forme stesse. I colori ad olio sono mescolati a gesso, polvere di marmo o colla, tutti materiali che assorbono e restituiscono la luce in modo differente, il colore è dato sulla tele attraverso molteplici stesure e la tela stessa è talvolta frutto di una stratificazione di tessuto.
Il risultato, percepibile solo da vicino, è una serie di composizioni nelle quali è difficile identificare l’origine delle forme e dei colori.
Prive di titolo e realizzate tutte contemporaneamente, le opere in mostra non possono essere considerate come un’entità conclusa, ma parte di un discorso che assume forma e significato solo nel suo complesso. È alla luce di questo che la ripetizione di forme e di colori come rosso, blu e verde accostati alle tinte tenui, possono essere letti come indizi di continuità, come appigli per lo sguardo. Di fronte alle tele, tutte di dimensioni e cromie differenti, diventa necessario uno sforzo ininterrotto di sviluppo e chiarimento, un secondo pensiero che a partire dagli elementi singoli ne componga l’insieme.
Nelle composizioni il decorativismo e l’architettura si incontrano – proprio come nella quotidianità dell’artista che vive e lavora tra Milano e Vienna – mescolandosi ad una riproposizione della percezione del sé e del reale. Se nella ricerca di Strzemiński era la geometria a regolare e plasmare la realtà, nelle opere della Deininger il mondo circostante trova nella linearità delle forme nuova espressione. Il risultato è una sintesi visiva frutto di una pratica artistica rigorosa e allo stesso tempo capace di scardinare gli assunti della disciplina pittorica: distorcendo la percezione della bidimensionalità, superando i limiti imposti dal telaio, privando il dipinto di una propria autonomia. Mettendo in scena l’insieme sopra le parti.