Le fotografie delle riviste di paesaggio trovano nuova vita nelle opere di Sergia Avveduti in mostra alla Galleria AF Arte Contemporanea di Bologna.
Legata alla decontestualizzazione di linguaggi specifici quali il disegno, la scultura, il video e la fotografia, l’artista propone questa volta una nuova riflessione su una particolare pratica di college fotografico. I prelievi cartacei vengono ricomposti creando un nuovo paesaggio creato da immagini esistenti e da quelle immagazzinate nell’immaginario dello spettatore.
Il collage diventa allora “dispositivo ottico che potenzia la capacità della fotografia di rappresentare l’invisibile” le cui parti, i ritagli circolari, agiscono come un’ulteriore messa a fuoco sul paesaggio. Le quindici opere, alcune come “Al ciglio del foro” e “Indigeni” di grandi dimensioni, si inseriscono nello spazio espositivo come “oasi” appunto, luoghi sospesi nei quali si impongono nuove forme e nuovi paesaggi mai immaginati fino ad ora. L’oggettività dell’obiettivo fotografico si unisce all’immaginario e alla percezione soggettivi in un processo che è contemporaneamente di distruzione e costruzione di valori: le incisioni circolari modificano un’immagine materiale (la fotografia stampata) per generare orizzonti visivi inaspettati dall’aspetto onirico.
La fotografia diventa strumento di esplorazione di aspetti inediti di una città, di un paesaggio, di un’architettura. Ispirandosi alla potenza visiva e alla riflessione sull’architettura come strumento critico di lavori come “Monumento continuo” e “Le dodici città ideali” di Superstudio, i collage di Sergia Avveduti portano con loro un potere sovversivo delicato che, in modo inaspettato, rompe i canoni della visione e della tradizione paesaggistica pittorica, fotografica e architettonica. Edifici industriali, strade e ponti incontrano nelle costruzioni dell’Avveduti fiumi, cieli e montagne in una composizione che invita lo spettatore ad affrontare un viaggio allo scoperta della propria memoria visiva e delle sensazioni ed esperienze da questa evocate.
I limiti dei ritagli si fanno spesso confusi, grazie ad un intervento che ne rende i bordi frastagliati, e l’immagine fotografica coesiste con incursioni manuali a pastello, più o meno evidenti, che minano le certezze della percezione visiva. La fisicità cartacea dei frammenti utilizzati superano il senso di effimero prodotto oggi dalle immagini digitali dalle quali siamo ormai circondati, quasi sommersi, ma la cui breve esistenza ne cancella il potenziale visivo. Il ritorno ad un’immagine materiale, la scelta di una geometria primitiva (il cerchio come forma basilare) e l’assenza di un contesto di riferimento, di appigli reali, diventano allora strumenti di rianimazione di una capacità immaginativa quasi perduta.
A1, Sergia Avveduti
Fino al 30 novembre 2018
Curata da Marinella Paderni e Marco Neri
Galleria A.F.C., Bologna