The Measuring of Time è la retrospettiva che Muzeum Susch dedica a Laura Grisi (1939-2017). La lettura di quest’artista proposta da Marco Scotini – che in questa occasione ha collaborato con Krzystof Kosciuczuk, l’Archivio Laura Grisi di Roma e la Galleria P420 – è, afferma il curatore, “non soltanto la riesposizione di un’artista donna rimossa dalla scena nazionale e internazionale, ma la presentazione di una figura totalmente nuova”. La mostra è frutto di una ricerca di prima mano su molti documenti non classificati ed è in linea con una critica all’ideologia della storiografia modernista. Sebbene l’opera di Laura sfugga alle classificabilità in un’unica tendenza artistica degli anni Sessanta e Settanta, è stata definita pop-artist all’inizio della sua carriera, offmedia artist da Germano Celant, e infine artista concettuale e minimale.
Oggi il contributo di Laura Grisi appare per l’originalità delle sue riflessioni in cui la materia si sottrae alla padronanza, all’idealismo. Isolata e tangente ai movimenti maggioritari, ma mai integrata al loro interno, Laura è un caso unico nella storia italiana per il modo in cui ha legato il pensiero teorico e scientifico alla propria storia espressiva.
Nasce a Rodi, studia a Parigi e vive tra Roma e New York. Dal 1958 compie numerosi viaggi insieme al compagno Folco Quilici in luoghi in cui le componenti etnografiche sono molto forti. Il viaggio, dai luoghi remoti alla varietà di media utilizzati, è la metafora principale di tutta l’esposizione, ma è anche la condizione fondamentale di una molteplicità operativa che rompe l’univocità di rappresentazione e direzione del tempo.
Al di là delle matrici storiografiche – che hanno una radice maschilista e patriarcale – Laura non ha mai aderito ai movimenti femministi coevi, pur rispettandoli. Nel suo lavoro sviluppa però una serie di nuclei essenziali del pensiero femminista, attraverso la messa in crisi delle categorie cognitive e dei modi di apprendimento occidentali. Il movimento di strutturazione storica regolato da sostituzioni derivate dalla metafora paterna (l’ordine fallocentrico, logocentrico e teologico) è portato nei suoi lavori sempre più alla deriva, e con esso i mezzi che anche visivamente continuano – ancora oggi – a riprodurre la logica dell’”equivalente generale” (Jean-Joseph Goux, 1973).
In The Measuring of Time sono ricostruiti ambienti che l’artista aveva realizzato verso la fine degli anni Sessanta, opere come Wind Speed 40 knots (Wind Room) (1968) o Antinebbia (1968), in cui c’è un’assonanza con L’oblio dell’aria di Luce Irigaray, ma anche con fumi e vapori delle opere di Judy Chicago, Fire Performances: City of the Clouds (1967) di Maria Nordman e Estructuras de aire (1970) di Teresa Burga.
Lo specifico fotografico è presente in un nucleo di immagini di viaggio tratte dall’archivio personale di Laura, il cui display richiama The Family of Man (1955) la mostra itinerante di Edward Steichen, che è uno dei primi simboli della Guerra Fredda. È una sorta di soglia che la posiziona, ma che esplode con tutt’altre tecniche dento la sua attività. La problematicità dello sguardo etnografico di donna bianca, ma anche l’ideologia stessa del mezzo fotografico (Sarah Kofman, 1998), fa sì che la specificità di questo mezzo esploda in altre direzioni operative.
Alcune opere realizzate in acrilico su carta tra il 1964 e il 1966, pur non essendo fotografie, hanno titoli tratti dal lessico di questa tecnica. Nelle Pitture Variabili (1966), in cui è ancora presente un lavoro sull’ombra, l’uso del plexiglass apre alla luce come sfocatura della memoria, e singolarità combinabile. Negli ambienti fenomeni naturali vengono riprodotti artificialmente, e questo continuum la porterà al suono, alla scrittura e alla logica matematica.
In Hypothesis about Time, presentata da Leo Castelli nel 1976, è evidente come la fotografia sia confine del pensabile piuttosto che deriva. A proposito della serie Laura Grisi afferma di aver introdotto “un sistema matematico di permutazioni applicato ai secondi, cioè all’unità di misura dell’intervallo di tempo, per dimostrare che la distinzione che noi percepiamo tra passato presente e futuro, legata alla nozione classica del tempo come ordine seriale e omogeneo, può essere sostituita da un’ipotesi di serie temporali diverse, in cui il passato il presente e il futuro possono succedersi secondo un altro ordine”. La permutazione matematica è la logica alla base di Pebbles (1972), un processo dal potenziale espansivo di una relazione in cui l’ordine della mente non prevale sull’ordine delle cose.
La videoproiezione Whirpool Room (1969) di un film 16 mm, era stato assunto da Laura come chiave di volta di un passaggio di consegne, perché, afferma Scotini, “in questa proiezione a pavimento il permanente movimento di un vortice sostituisce il piano stabile su cui l’occidente ha fondato il suo sapere”. In qualche modo le trasformazioni di Laura Grisi sono l’indice dell’incongruenza di una delimitazione, ma anche di una crisi dei modelli modernisti che l’hanno preceduta. Come ha scritto Luce Irigary: “L’uomo volendo riappropriarsi in quanto colui che costituisce e raccoglie il tutto, non afferma che il niente: bolla d’aria fabbricata, correlato vuoto del tutto”. E questa crisi non può che investire la soggettività classica, la sua fissità e presunta universalità.
Laura Grisi è questa tensione verso una nebulosità dell’immagine, verso un grado zero in cui le coordinate culturali sono sospese per accogliere un’impensabile, un possibile di cui limiti linguistici e semiotici non esauriscono tutte le risorse. Respinge un’assimilazione e ricorda tutto ciò che è assente, in un qui in cui lei è ora un’altra.
Laura Grisi. The Measuring of Time
A cura di Marco Scotini
Muzeum Susch
5 Giugno- Dicembre 2021
Intervista con il curatore Marco Scotini – Di Elena Bordignon