Dopo l’esperienza espositiva dell’Inarchiviabile, mostra ospitata da FM Centro per l’Arte Contemporanea nel 2016, è la casa editrice Meltemi a pubblicare “L’Inarchiviabile. L’archivio contro la storia”, l’ultimo libro di Marco Scotini per la collana Geoarchivi recentemente presentato nella sede FM di via Piranesi a Milano.
Se la ricerca curatoriale di Marco Scotini affronta da anni il tema dell’archivio, quello dell’Inarchiviabile è un saggio chiarificatore sul perché si manifesti questa sua rilevanza crescente all’interno delle pratiche artistiche contemporanee. “Laddove il luogo della narrazione è in declino, il ruolo dell’archivio, in una varietà di forme, è in crescita”, direbbe Ernst van Alphen: verificando questa parabola ascendente, il libro si presenta di fatto come una dichiarazione costitutiva di una pratica ben precisa, dove l’archivio stesso si trasforma da banale criterio ordinatore a principio trasformativo della percezione del tempo. La maggiore proliferazione di archivi risale agli anni Settanta ed è proprio la conseguente riscoperta di differenti genealogie della storia che celebra la sostanziale conclusione del tempo lineare, vale a dire, afferma il curatore, la crisi del fordismo. Emerge una nuova idea di società che ha bisogno di un’altra temporalità: urgono differenti approcci e differenti dimensioni lungi da ogni principio modernista, ovvero di categorizzazione temporale del prima e del dopo. Emerge pertanto una nuova figura dell’artista che non è più un avanguardista, ovvero che non nutre più interesse nell’immaginazione del futuribile, paradossalmente obsoleta, ma piuttosto sul passato, maturando uno sguardo archeologico e retrospettivo. “L’idea del passato come uno spazio del possibile”, per citare lo stesso Scotini in riferimento a Paolo Virno, si fa principio cardine di una certa ricerca artistica evidentemente innestata nella strategia dell’archivio.
Si genera così un paradosso apparente: se l’archivio nasce in epoca ottocentesca come strumento positivistico di classificazione e di controllo tanto delle informazioni, quanto della società – come ricorda Michel Foucault, oggi è quello stesso archivio che diviene un vero e proprio strumento profanatorio e liberatorio di nuove realtà, un dispositivo di eversione di differenti soggettività e differenti assetti temporali. Si pensi, ad esempio, alla riscoperta degli archivi del femminismo, in riferimento alle diecimila “finzioni” di Marcella Campagnano, o ai tentativi più disparati che Laura Grisi tenta per misurare l’imponderabile, o al mondo degli anarchitetti come Ugo La Pietra e Gianni Pettena, distanti ma vicini per questa comune prospettiva di rifiuto della costruzione, o ancora alla lucida consapevolezza che Piero Gilardi dimostra nel ritenere l’arte entro un preciso processo produttivo egemone. In tutti questi casi, è proprio l’archivio che “si fa grimaldello principale”, riporta Scotini, “per tutte queste rivendicazioni di messa in crisi dell’idea stessa del monoteismo della storia”. Una posizione profondamente antimodernista, vale a dire ben distante dall’idea di storia lineare: non una narrazione causale di prima e di dopo, non una struttura ad elenco ma piuttosto un corpus di dati, di fonti, di informazioni tra loro accumulate orizzontalmente, senza un ordine teleologico e come “una collezione di elementi piuttosto che un concatenamento di cause ed effetti”. Risulta quindi evidente quanto l’idea contemporanea dell’archivio non discorsivo e non narrativo implichi il suo processo di disarchiviazione, vale a dire di esplorazione e di riscoperta di verità altre, per comporre una storia altra generata non da un principio ordinatore: questo fa un archivio dinamico, performativo che, pur accumulando grandi quantità di informazioni e di documenti, permette di stabilire nuove associazioni inedite e soprattutto non oggettive. Quelle che Scotini nomina politiche della memoria, vale a dire quella volontà dell’Inarchiviabile di fare i conti con la storia.
La prossima presentazione del libro è prevista martedì 16 maggio alle ore 18.00 alla presenza dell’autore, di Luca Cerizza e Luca Vitone. L’evento si sviluppa nel corso di “Voicing the Archive”, la mostra curata dal Biennio specialistico in Arti visive e Studi curatoriali di NABA che inaugurerà il 9 maggio presso la Triennale di Milano, all’interno del programma di celebrazione dei suoi cent’anni.