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L’Inarchiviabile. L’archivio contro la storia di Marco Scotini

Dopo l’esperienza espositiva dell’Inarchiviabile, mostra ospitata da FM Centro per l’Arte Contemporanea nel 2016, è la casa editrice Meltemi a pubblicare “L’Inarchiviabile. L’archivio contro la storia”, l’ultimo libro di Marco Scotini per la collana Geoarchivi recentemente presentato nella sede FM di via Piranesi a Milano. Se la ricerca curatoriale di Marco Scotini affronta da anni […]

Atelier Kozaric, MSU Museum of Contemporary Art, Zagabria, 2013, photo Boris Cvjetanović
Atelier Kozaric, MSU Museum of Contemporary Art, Zagabria, 2014, photo Anabel Zanze

Dopo l’esperienza espositiva dell’Inarchiviabile, mostra ospitata da FM Centro per l’Arte Contemporanea nel 2016, è la casa editrice Meltemi a pubblicare “L’Inarchiviabile. L’archivio contro la storia”, l’ultimo libro di Marco Scotini per la collana Geoarchivi recentemente presentato nella sede FM di via Piranesi a Milano.

Se la ricerca curatoriale di Marco Scotini affronta da anni il tema dell’archivio, quello dell’Inarchiviabile è un saggio chiarificatore sul perché si manifesti questa sua rilevanza crescente all’interno delle pratiche artistiche contemporanee. “Laddove il luogo della narrazione è in declino, il ruolo dell’archivio, in una varietà di forme, è in crescita”, direbbe Ernst van Alphen: verificando questa parabola ascendente, il libro si presenta di fatto come una dichiarazione costitutiva di una pratica ben precisa, dove l’archivio stesso si trasforma da banale criterio ordinatore a principio trasformativo della percezione del tempo. La maggiore proliferazione di archivi risale agli anni Settanta ed è proprio la conseguente riscoperta di differenti genealogie della storia che celebra la sostanziale conclusione del tempo lineare, vale a dire, afferma il curatore, la crisi del fordismo. Emerge una nuova idea di società che ha bisogno di un’altra temporalità: urgono differenti approcci e differenti dimensioni lungi da ogni principio modernista, ovvero di categorizzazione temporale del prima e del dopo. Emerge pertanto una nuova figura dell’artista che non è più un avanguardista, ovvero che non nutre più interesse nell’immaginazione del futuribile, paradossalmente obsoleta, ma piuttosto sul passato, maturando uno sguardo archeologico e retrospettivo. “L’idea del passato come uno spazio del possibile”, per citare lo stesso Scotini in riferimento a Paolo Virno, si fa principio cardine di una certa ricerca artistica evidentemente innestata nella strategia dell’archivio.

Mao Tongqiang, Tools, installation view, 2008, courtesy artist and Prometeogallery by Ida Pisani
Mao Tongqiang, Bibles, installation, 2011, courtesy of the artist

Si genera così un paradosso apparente: se l’archivio nasce in epoca ottocentesca come strumento positivistico di classificazione e di controllo tanto delle informazioni, quanto della società – come ricorda Michel Foucault, oggi è quello stesso archivio che diviene un vero e proprio strumento profanatorio e liberatorio di nuove realtà, un dispositivo di eversione di differenti soggettività e differenti assetti temporali. Si pensi, ad esempio, alla riscoperta degli archivi del femminismo, in riferimento alle diecimila “finzioni” di Marcella Campagnano, o ai tentativi più disparati che Laura Grisi tenta per misurare l’imponderabile, o al mondo degli anarchitetti come Ugo La Pietra e Gianni Pettena, distanti ma vicini per questa comune prospettiva di rifiuto della costruzione, o ancora alla lucida consapevolezza che Piero Gilardi dimostra nel ritenere l’arte entro un preciso processo produttivo egemone. In tutti questi casi, è proprio l’archivio che “si fa grimaldello principale”, riporta Scotini, “per tutte queste rivendicazioni di messa in crisi dell’idea stessa del monoteismo della storia”. Una posizione profondamente antimodernista, vale a dire ben distante dall’idea di storia lineare: non una narrazione causale di prima e di dopo, non una struttura ad elenco ma piuttosto un corpus di dati, di fonti, di informazioni tra loro accumulate orizzontalmente, senza un ordine teleologico e come “una collezione di elementi piuttosto che un concatenamento di cause ed effetti”. Risulta quindi evidente quanto l’idea contemporanea dell’archivio non discorsivo e non narrativo implichi il suo processo di disarchiviazione, vale a dire di esplorazione e di riscoperta di verità altre, per comporre una storia altra generata non da un principio ordinatore: questo fa un archivio dinamico, performativo che, pur accumulando grandi quantità di informazioni e di documenti, permette di stabilire nuove associazioni inedite e soprattutto non oggettive. Quelle che Scotini nomina politiche della memoria, vale a dire quella volontà dell’Inarchiviabile di fare i conti con la storia.

La prossima presentazione del libro è prevista martedì 16 maggio alle ore 18.00 alla presenza dell’autore, di Luca Cerizza e Luca Vitone. L’evento si sviluppa nel corso di “Voicing the Archive”, la mostra curata dal Biennio specialistico in Arti visive e Studi curatoriali di NABA che inaugurerà il 9 maggio presso la Triennale di Milano, all’interno del programma di celebrazione dei suoi cent’anni.

Mao Tongqiang, Archive, installation, courtesy of the artist
Marcella Campagnano, serie fotografica pubblicata in Donne. Immagini, Moizzi Editore, 1976. Courtesy Archivio Marcella Campagnano.