Era il 2018 e gli spazi di Palazzo da Mosto a Reggio Emilia ospitavano il lavoro di otto artiste, tutte donne, accumunate da una pratica artistica che prevede l’utilizzo di materiali spesso umili e tradizionalmente associati all’artigianato, il contatto con la materia e la presenza del corpo. La mostra La vita materiale, curata da Marina Dacci, partendo da una suggestione suscitata dalla antologica allora in corso a Palazzo Magnani su Jean Dubuffet, esplorava la dimensione del fare attraverso le opere di Chiara Camoni, Alice Cattaneo, Elena El Asmar, Serena Fineschi, Ludovica Gioscia, Loredana Longo, Claudia Losi e Sabrina Mezzaqui. A loro, a distanza di tre anni, in uno degli spazi espositivi più importanti di Bruxelles come la Centrale for contemporary art si sono unite altre quattro artiste Léa Beloussovitch, Gwendoline Robin, Lieve Van Stappen e Arlette Vermeiren.
Nella sua versione belga, curata dalla Dacci insieme alla collega Carine Fol, il progetto è stato ripreso e integrato dalla partecipazione delle quattro artiste belghe assumendo il titolo La vie matérielle (9 dicembre – 13 marzo 2022). Una mostra nata dalla collaborazione tra Fondazione Fondazione Palazzo Magnani e la Centrale, iniziata con l’esposizione del lavoro di Sophie Whettnall ai Chiostri di San Pietro in occasione dell’ultima edizione di Fotografia Europea.
Il risultato del lavoro delle dodici artiste coinvolte è un dialogo costante e articolato tra la quotidianità ordinaria, in cui il corpo è un elemento cruciale e ricorrente anche se in diverse forme, e la vita interiore, intima, divisa tra le sue aspirazioni più profonde e la realtà.
La rigenerazione di oggetti e materiali, cari alle loro pratiche, diventa per le artiste coinvolte lo strumento per cercare e creare un “rifugio” per il ”sé” nel mondo. In mostra opere molto diverse tra loro per linguaggio – si va dall’assemblaggio al video passando per disegni, sculture e installazioni – danno vita a narrazioni provocatorie o interrogative, messe in scena fragili o energiche, mescolando i concetti di finito e di incompiuto, il sapere e il sentire. L’intento è quello di accompagnare lo spettatore in un viaggio sensoriale, soprattutto visivo e tattile, ed emotivo per conquistare nuove prospettive sul comune mondo materiale. Nuovi approcci che nella dimensione del fare, del costruire artigiano, fanno dell’arte mezzo e strumento per creare legame tra il corpo e il mondo interiore proprio a partire da quello esterno.