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Jess T. Dugan | Look at me like you love me – Guardami come se mi amassi

Look at me like you love me è una sequenza di immagini che non alzano mai la voce. Ogni fotografia è come una canzone silenziosa: guardami come se mi amassi.

Le cicatrici. Sono forse la prima cosa che si incontra entrando nella mostra Look at me like you love me alle Gallerie d’Italia di Milano. O almeno, la prima che ho visto io. Una linea bianca attraversa il torace di Jess in un autoritratto realizzato a New Orleans. Una ferita discreta compare mentre Jamie galleggia nell’acqua lattiginosa di una vasca. La cicatrice di Naomi affiora sulla pelle mentre posa in piscina con gli occhi chiusi. C’è quella di Enrique, visibile sia mentre osserva il tramonto sia nel ritratto accanto a Mary-Evelyn. E ancora quella di Cai, segno di un corpo che cambia. Anche i tatuaggi, come i corpi stessi, diventano cicatrici: una lesione superficiale della pelle, un racconto. Su un braccio, Jess si è incisə una parola semplice e definitiva: Fighter.

Poi ho visto le coppie. Sasha e Amanda che aspettano un bambino, abbracciate in spiaggia. David e John ritratti al tramonto. Kelli e Jen strette in un campo di fiori gialli. In questi incontri sospesi, ogni gesto e ogni sguardo restituiscono dignità alla tenerezza, come se l’amore fosse finalmente accolto in uno spazio di ascolto e rispetto.

Molti dei ritratti vivono in interni raccolti – una camera da letto, un bagno, un angolo di luce. Sono luoghi protetti in cui chi posa si concede alla fotocamera con un’intimità che è insieme fragile e radicale. Qui ogni corpo si rivela nella propria vulnerabilità, in un atto di fiducia reciproca che sfida lo sguardo esterno.

Look at me like you love me è una sequenza di immagini che non alzano mai la voce. Ogni fotografia è come una canzone silenziosa: guardami come se mi amassi. Tra questi trenta grandi ritratti, lə spettatorə è invitato a soffermarsi, a restare abbastanza a lungo da permettere che il tempo diventi complicità. E che i gesti più semplici – un abbraccio, un respiro, uno sguardo – si trasformino in racconto.

Lo sguardo di Jess T. Dugan è sempre presente, come un filo sottile che tiene insieme le storie e i volti. È come se i soggetti usassero Jess come intermediariə per dire chi sono, sapendo che i loro occhi incontreranno quelli di chi guarda. Si avverte la complicità necessaria a mostrarsi senza difese e a chiedere agli altri di fare lo stesso. In certi scatti, qualcunə chiude gli occhi: forse per sottrarsi, forse per abbandonarsi del tutto. La fotografia qui diventa una meditazione su come ci rappresentiamo e su quanto la nostra identità vacilli, a seconda di chi ci osserva.

Austin sdraiato sull’erba Austin lying in the grass 2023 76 x 101 cm
Dario 2022 76 x 101 cm

Nel corso degli anni, Dugan ha utilizzato la fotografia come strumento per comprendere se stessə e per connettersi con gli altri su un piano più profondo. Per chi non conoscesse la sua storia, Jess è cresciutə a Little Rock, in Arkansas, in un contesto dove la mascolinità e la non conformità erano punite con l’isolamento. Da adolescente ha fatto coming out come gay, e poco dopo ha iniziato a interrogarsi sul proprio genere. A sedici anni, la visione di un video sulla chirurgia toracica ha aperto un orizzonte nuovo: la possibilità di scegliere quali parti di sé trasformare e quali conservare. A diciotto, accompagnatə dalla madre – presenza costante di sostegno – ha affrontato l’intervento. È stato allora che la fotografia è diventata una pratica di riconoscimento, uno spazio per affermarsi e, insieme, per raccontare un’esperienza collettiva.

Dugan ha sempre rifiutato l’idea di ridurre le persone ritratte a un’unica etichetta. Nei suoi lavori, la definizione di gender variant è solo un possibile punto di partenza, mai una conclusione. La sua ricerca non riguarda solo il corpo, ma il paesaggio psicologico di ciascunə: quel territorio fragile, potente e in continuo mutamento dove l’identità si intreccia con il desiderio, la solitudine e la relazione.

La mostra, curata con sensibilità da Renata Ferri, è stata definita “un’ode all’amore, una pastorale queer”. È anche un progetto coraggioso: in un presente in cui troppe mostre vengono ancora censurate, cancellate o ignorate per la loro capacità di mettere in discussione lo sguardo dominante, Dugan rivendica uno spazio di visibilità e ascolto. Chi lavora in questo campo lo sa bene: dietro una facciata progressista si nascondono resistenze profonde e la stanchezza di chi dichiara di “non voler vedere più identità non binarie”.

In un mondo che fatica a essere gentile, le immagini di Jess T. Dugan continuano a reclamare spazio. Per esserci. Per mostrarsi. Per dire: Guardami come se mi amassi. Non so se sia coraggio o necessità. Forse entrambe le cose. Forse nessuna delle due.

In questi ritratti, non c’è nulla che voglia impressionare. Solo una presenza piena e silenziosa, come se ogni frammento di vita fosse lì ad attendere di essere riconosciutə.

In mostra sono proiettati anche due video – Letter to My Father (2017) e Letter to My Daughter (2023) – dove la voce dell’artista accompagna il visitatore in un viaggio intimo. Memorie personali, sentimenti complessi e le cicatrici che portiamo dentro e fuori di noi diventano materia di racconto.

Di fronte a Look at me like you love me, non possiamo fare a meno di chiederci quante volte abbiamo guardato gli altri con gli occhi dell’amore e non per ciò che davvero sono. E quante volte lo stesso è stato fatto a noi. Chi siamo, allora, davvero? Quanto può vacillare la nostra identità?

Guardare le fotografie di Jess T. Dugan e ascoltarne la voce è un modo per accettare l’incertezza come una forma di rispetto. E imparare a restituire agli altri la stessa domanda silenziosa che i loro occhi ci rivolgono: Guardami come se mi amassi.

Jess T. Dugan | Look at me like you love me – Guardami come se mi amassi
A cura di Renata Ferri
Gallerie d’Italia – Milano
Fino al 19 ottobre 2025

Cover: Zach e Oskar al tramonto Zach and Oskar at sunset 2020 76 x 101 cm