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Il poeta svizzero della fotografia industriale al MAST: Jakob Tuggener

[nemus_slider id=”52751″] Seta e macchine, questi gli ingredienti principali della sua personalità e del suo lavoro. Ma, si direbbe, oltre alle tematiche a lui care, cioè industria, lavoro, mondanità e vita agreste, anche l’amore per i dettagli, la sensibilità emotiva ed estetica, il gusto per il contrasto, la teatralità, la banalità del quotidiano e la […]

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Seta e macchine, questi gli ingredienti principali della sua personalità e del suo lavoro. Ma, si direbbe, oltre alle tematiche a lui care, cioè industria, lavoro, mondanità e vita agreste, anche l’amore per i dettagli, la sensibilità emotiva ed estetica, il gusto per il contrasto, la teatralità, la banalità del quotidiano e la singolarità dell’evento salottiero, la fatica, il sudore, il lusso, la civetteria. E, soprattutto, la forza delle immagini dall’espressionistico impatto formale e sociale.

Di chi si parla? Del grande poeta svizzero della fotografia industriale (e non solo, visto che era era anche pittore e regista) Jakob Tuggener (1904-1988), cui il MAST di Bologna dedica oggi due belle mostre che, nel complesso, costruiscono un unico progetto. Ospitate al piano terra e al primo piano dell’edificio in vetro si trovano infatti le due esposizioni gemelle di, rispettivamente, fotografie e proiezioni, Fabrik 1933-1953 – Poetica e impronta espressionistica nelle immagini industriali e Nuits de bal 1934-1950 – I balli nell’alta società elvetica e il lavoro invisibile. Per la prima volta presentata in una mostra antologica in Italia, la produzione di Jakob Tuggener viene presentata in modo completo dai curatori Urs Stahel, direttore della PhotoGallery del MAST, e Martin Gasser, della Fondazione Svizzera per la fotografia di Winterthur. Nonostante Tuggener sia infatti considerato come uno dei più importanti fotografi industriali nella storia della disciplina, rimane abbastanza defilato nel panorama noto al grande pubblico, seppur abbia partecipato a mostre storiche come Postwar European Photography del 1953 e The Family of Man del 1955 al Moma di New York e alla Prima mostra internazionale biennale di fotografia di Venezia del 1957 e sia stato d’ispirazione per molti giovani artisti del Dopoguerra.

Pietra miliare della sua attività e dell’editoria fotografica, nonché cuore della mostra, è il suo libro FABRIK, edito nel 1943, quasi un film muto su carta, paragonabile a “Paris de Nuit” di Brassaï e “The English at Home “di Bill Brandt. La preziosa sequenza è ricostruita nella mostra attraverso l’esposizione delle fotografie originali e la ricostruzione dell’impaginazione di queste, spesso “tagliate in due” proprio per la loro destinazione editoriale. 150 immagini dal forte impatto visivo, allestite in diverse sale, che ritraggono macchinari, esterni e interni di fabbriche tessili, meccaniche, fonderie, dighe, e i loro protagonisti, gli operai e gli impiegati, colti in momenti di lavoro, sottolineando storie, suoni, odori e dettagli delle giornate lavorative e dei loro luoghi, che sfuggirebbero all’occhio superficiale del pubblico, se non fossero così potenti per inquadrature, chiaroscuri, forza espressiva.

Jakob Tuggener,   FABRIK - Veduta dal Felsenegg sulla tessitoria Hennenberg,   Adliswil,   1951 © Jakob Tuggener Foundation,   Uster copia
Jakob Tuggener, FABRIK – Veduta dal Felsenegg sulla tessitoria Hennenberg, Adliswil, 1951 © Jakob Tuggener Foundation, Uster copia

Un esercizio visivo in stile espressionistico appunto, forte di luci e ombre decise e composizioni ardite, del tutto distante dalla poetica della Neue Sachlichkeit che dai primi anni Venti aveva preso piede nei paesi del Nord Europa e non solo; quasi un pamphlet visuale sul rapporto tra uomo e macchina, non esente da una critica pungente sulle condizioni dei lavoratori, sulla pericolosità di una crescita indiscriminata della tecnologia e sull’ipocrisia dell’industria svizzera, che lavorava a pieno regime per produrre quegli armamenti che, durante la guerra in corso, non sarebbero stati usati su quello stesso territorio. Così vediamo sfilare i volti e le espressioni degli operai, degli impiegati, e una “storia per immagini” della giovane fattorina Berti, seguita nella sua giornata di lavoro, le bombe pronte per essere spedite all’estero, gli ingranaggi delle macchine e le ciminiere delle fabbriche, il sudore, la fatica, gli utensili, i catenacci di un cancello di una fabbrica chiusa per sciopero, i graffiti nei bagni. Non mancano poi alcune sperimentazioni di fotomontaggi surreali, figlie dei molteplici interessi tecnici e tematici dell’artista.

Altro nucleo della mostra sono le proiezioni delle fotografie dei balli dell’alta società svizzera; in netto contrasto con la prima serie di immagini presentate, dove il lavoro, il sudore, la banalità dei soggetti diventa sorprendente ed elegante, sono per natura eleganti, attraenti e seducenti le belle signore in abiti di seta, schiene scoperte e complicate acconciature ornate di gioielli, i volteggi sulla pista da ballo, le scintillanti argenterie di cene lussuose. Da Zurigo a St. Moritz, Tuggener presenziava a questi eventi e, nascosto tra la folla, coglieva momenti divertenti o di indolenza degli invitati, ma anche il lavoro invisibile di quei cuochi, camerieri, musicisti, valletti e guardarobieri che rendevano leggere e spensierate le serate dei nobili e incuranti partecipanti. Più prosaicamente, questi eventi mondani sono fatti però anche di bottiglie di vino, salsicce arrostite, banconote su piatti d’argento, conti da pagare, il disordine dopo la festa. Una forte attrazione per due estremi, quella del fotografo; le fabbriche e le sale da ballo, le occasioni mondane e il lavoro pesante. Non ci sono pretese critiche, qui; come Tuggener stesso affermava di amare entrambi i poli allo stesso modo, ritenendoli artisticamente validi, senza distinzione, senza tralasciare poi le sfumature percepibili tra di essi.

Oltre alle due serie fotografiche, in mostra sono presenti menabò dei libri fotografici che Tuggener impaginava personalmente e che, per diverse ragioni (tra cui la caparbietà dell’artista stesso nel non sottomettersi a compromessi editoriali ed espositivi, controversie legali seguite alla sua morte, la sua origine “periferica” e l’opposizione di alcuni soggetti ritratti), non furono mai pubblicati, e quattro brevi film muti, firmati dall’artista e dall’amico regista Max Wydler, che molto devono al montaggio ejzenštejniano, onirici e realistici al tempo stesso.

La mostra, che apre la stagione fotografica dello spazio espositivo, è organizzata da MAST in collaborazione con la Fondazione Jakob Tuggener di Uster e la Fondazione Svizzera per la fotografia di Winterthur.

L’esposizione, a ingresso gratuito, resterà aperta fino al 17 aprile 2016.

Jakob Tuggener,   FABRIK - Laboratorio di ricerca,   fabbrica di costruzioni meccaniche Oerlikon,   1941 © Jakob Tuggener Foundation,   Uster
Jakob Tuggener, FABRIK – Laboratorio di ricerca, fabbrica di costruzioni meccaniche Oerlikon, 1941 © Jakob Tuggener Foundation, Uster
Jakob Tuggener,   FABRIK - Nell’ufficio della fonderia,   fabbrica di costruzioni meccaniche Oerlikon,   1937 © Jakob Tuggener Foundation,   Uster
Jakob Tuggener, FABRIK – Nell’ufficio della fonderia, fabbrica di costruzioni meccaniche Oerlikon, 1937 © Jakob Tuggener Foundation, Uster
 Nuits de Bal - Ballo ACS,   Grand Hotel Dolder,   Zurigo,   1948 © Jakob Tuggener Foundation,   Uster
Nuits de Bal – Ballo ACS, Grand Hotel Dolder, Zurigo, 1948 © Jakob Tuggener Foundation, Uster