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Intervista con Jessica Stockholder | What is normal

English version below — Tutto ha avuto inizio nella quotidianità dell’appartamento di Jessica Stockholder (Seattle, 1959), quando eravamo confinati entro i limiti dello spazio privato. La serie Corona Virus homeworks del 2020 nasce da una necessità, da una manualità operaia...

Jessica Stockholder – Studio Chicago 2021

English version below —

Tutto ha avuto inizio nella quotidianità dell’appartamento di Jessica Stockholder (Seattle, 1959), quando eravamo confinati entro i limiti dello spazio privato. La serie Corona Virus homeworks del 2020 nasce da una necessità, da una manualità operaia fatta di più gesti e azioni che superano i confini bidimensionali del foglio di carta e approdano su materiali di varia natura. Tessuto, pennarelli, matite, fili, tulle, lacci per scarpe e altri ancora costituiscono la struttura portante di opere che conquistano porzioni di spazio in modo composto e metodico, fino a quando la pittura diviene elemento fondamentale della componente tridimensionale, la scultura. Scopriamo assemblage materici che alterano la misura e il dinamismo disarmonico dei singoli gruppi, le opere della celebre artista americana/canadese sono corpi danzanti, colorati e vivi come quelli che si ammirano all’interno dei dipinti astratti di Vasilij Kandinskij. Forme e colori si trasformano in architettura come nel caso di Holding hardware (2021), un’articolata composizione installata a muro con uno scheletro in acciaio, corredato da morbide corde blu e arancioni che spaziano dal soffitto al pavimento esplorando anche la sala accanto. Come ci ricorda Germano Celant, le opere di Jessica Stockholder “possono anche essere interpretate come una griglia strutturale che rifiuta i confini – fra materico e cromatico, rigido e morbido, artigianale e industriale –, nutrendosi invece della loro libera geografia basata sul passaggio dall’una all’altra”. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista sulle ultime mostre, sul ruolo del curatore oggi e sull’attualità e l’importanza della sua ricerca. 

Durante la mostra collettiva “Cut a rug a round square” alle OGR di Torino, eri la curatrice di questo specifico progetto. Pensi che il ruolo curatoriale sia in contraddizione con la pratica artistica, oppure, che la condizione dell’artista permetta di andare oltre le definizioni del caso?

Sono interessata a come le percezioni e i pensieri siano determinati dal modo in cui stabiliamo bordi e confini: è una questione che esploro in tutto il mio lavoro. Una singola opera d’arte è contenuta dalla sua cornice, dal suo piedistallo, dalla stanza in cui si trova, e da qualsiasi altra opera la circondi. Una singola opera d’arte è anche in conversazione con diverse convenzioni condivise e con la storia dell’arte, così come è incarnata dal lavoro di altri. Mi sono avvicinata a questa esperienza di curatela rimanendo all’interno della traiettoria del mio lavoro che può, a volte, essere inteso come un’impresa curatoriale in sé, poiché unisce diversi tipi di oggetti e materiali progettati da altri. Estendere questo progetto, includendo il lavoro di altri artisti ed entrando nell’ambito del curatore, è stato un movimento fluido che ha spostato i confini del mio stesso lavoro.

Nelle tue opere troviamo oggetti quotidiani, tessuti, scatole di plastica e utensili vari, che dialogano con forme e colori rendendo la pittura sempre più viva, al di là della dimensione spaziale. Cosa è per te la pittura? Per te, costituisce un fine o un mezzo? Si può ancora parlare di pittura espansa o c’è dell’altro? 

Mi concentro su ciò che sta in mezzo, sulle aree interstiziali. Questi spazi indefiniti non esistono indipendentemente da quelli definiti e dagli oggetti che li circondano. Per me, la pittura è uno spazio definito – una convenzione/abilità/idea, molto utile a dare ordine ai pensieri. La pittura è anche un materiale bello, fluido, plastico e infinitamente evocativo! Alla fine, non mi interessa se il mio lavoro sia inteso come pittura, scultura oppure effimera installazione; in ogni caso, faccio un grande uso della pittura, in tutte le sue iterazioni!

La serie Corona Virus homeworks, presentata in via Stradella 1 e prodotta nel 2020, affronta i cambiamenti nei tempi e negli spazi della produzione artistica. Disegno, scultura e pittura sono elementi concepiti e formalizzati democraticamente oppure esiste una gerarchia legata alla forma e al contenuto?

Io non percepisco nessuna gerarchia tra le forme artistiche; tutte offrono possibilità di agire ed esperire, sono trasformative. Da sempre, forma e contenuto sono inestricabilmente intrecciate. Gestire la vita durante il Corona Virus ha comportato un cambiamento in molte delle forme della quotidianità, tale situazione ha creato nuove sfide e opportunità. Nel mio lavoro ho abbracciato questo terreno di cambiamento.

In un passaggio del libro di Rosalind Krauss Reinventare il medium, l’autrice riporta in una nota:”That is, as soon as Greenberg felt that he had isolated the essence of painting in two-dimensionality, he swung the axis of the field 90 degrees to the actual pictorial surface to place all the import of painting on the vector that connects the viewer to the object ”. Oggi, questa concezione è ancora attuale? 

Si, le superfici hanno ovunque, su di esse, un significato inscritto e generano finzione in diversi modi o, per dirlo diversamente, raccontano storie. Poiché ci siamo interessanti dello spazio al di fuori della cornice, i nostri corpi sono diventati parte dell’equazione e rimasti tali. La cura delle relazioni, di ogni tipo, sta prendendo piede. Ricordo di aver parlato con Peter Halley una volta, il quale, domandandosi perché la pittura rimane così irresistibile, suggerì che è grazie alle sue qualità tattili. Penso che la fusione della materialità della pittura con la sua capacità di creare superficie e illusione rispecchi il nostro senso di noi stessi come corpo e anima, o mente.

Jessica-Stockholder, What is Normal, 2021 – Installation view , Via Stradella 1 – Milan – Ph Lorenzo Palmieri

Interview with Jessica Stockholder | What is normal

During the group exhibition ”Cut a rug a round square” at the Ogr in Turin, you were the curator of this specific project. Do you think that this role is in contradiction with the artistic practice or that the condition of the artist allows to go beyond the definitions of the case?

I’m interested in how perceptions and thoughts are determined by how we establish edge and boundary; I explore this question in all of the work I do. A single art work is contained by its frame, its pedestal, the room it’s in, and by any works alongside it. A single art work is also in conversation with many different shared conventions, and history, as embodied by the work of others. I approached this curatorial venture from inside the trajectory of my own work which can, at moments, be understood to be a curatorial venture of its own, bringing together different kinds of objects and materials the design of which have been authored by others. Extending this project to include the works of other fine artists is a fluid stretch pushing at the boundary of my own work as I enter the realm of curator.

In your works we find everyday objects, fabrics, plastic boxes and various utensils, which dialogue with shapes and colors making the painting more and more alive, beyond the spatial dimension. What is painting for you? For you, is it an end or a means? Can we still talk about expanded painting or do we have something else?

I focus on the in-between, on interstitial spaces. These undefined spaces don’t exist independently of the defined spaces and objects that bracket them. I understand Painting to be one of those: a defined space – a very useful convention/skill/idea that helps to order thinking. Paint is also a lovely fluid, plastic material that is endlessly evocative! In the end, I don’t care if my work is understood to be painting, sculpture, or ephemeral installation; however, I make great use of Painting, in all of its iterations!

The Corona Virus homeworks series, presented at 1 Via Stradella and produced in 2020, addresses changes in the times and spaces of artistic production. Are drawing, sculpture, and painting democratically conceived and formalized elements, or is there a hierarchy related to form and content?

I don’t experience hierarchy between artistic forms; they all offer up the possibility to make things, and have experiences, that are transformative. Always, form and content are inextricably woven together. Managing life with the Corona Virus involved changing many of the forms of day to day living; this created challenge and opportunity. In my work I embraced the shifting ground.

In a passage from Rosalind Krauss’s book Reinventare il medium, the author reports in a footnote: ”That is, as soon as Greenberg felt that he had isolated the essence of painting in two-dimensionality, he swung the axis of the field 90 degrees to the actual pictorial surface to place all the import of painting on the vector that connects the viewer to the object ”. Oggi, questa concezione è ancora attuale? 

Yes; surfaces everywhere have meaning inscribed upon them, and in so many ways generate fiction, or put another way, tell stories. As we’ve attended to the space outside of the frame, our bodies have become part of the equation, and remain so. Tending to relationships of all kinds is gathering steam. I remember speaking with Peter Halley once who, while wondering why painting remains compelling, suggested that it’s because of their haptic qualities. I think that the fusion of paint’s materiality with its capacity to create surface and illusion mirrors our sense of ourselves as body and soul, or mind. 

Jessica-Stockholder, What is Normal, 2021 – Installation view , Via Stradella 1 – Milan – Ph Lorenzo Palmieri