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Intervista a Matteo Binci e Giacomo Pigliapoco | Crepuscolo

A breve si concluderà Crepuscolo la collettiva curata da Matteo Binci e Giacomo Pigliapoco allestita nel bastione cinquecentesco fortificato progettato da Antonio da Sangallo (1484-1546) e da poco restaurato. «Il progetto curatoriale attraversa la leggenda della traslazione della Santa Casa...

Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni

A breve si concluderà Crepuscolo la collettiva curata da Matteo Binci e Giacomo Pigliapoco allestita nel bastione cinquecentesco fortificato progettato da Antonio da Sangallo (1484-1546) e da poco restaurato.
«Il progetto curatoriale attraversa la leggenda della traslazione della Santa Casa di Loreto – portata in volo dagli angeli da Nazareth nella cittadina lauretana – impiegandola come bacino di storie e immagini al fine di indagare il dominio tecnologico delle visioni aeree in una società capitalisticamente orientata e contro-generare nuove pratiche magiche e rituali. La visione incorporea e sopraelevata si capovolge in un mondo notturno fatto di carne e riti. […] Crepuscolo si svolge nella luminosità incerta della luce che svanisce nel buio della notte: attimi che presuppongono una mutazione del cielo e dei corpi. Crepuscolo è un’adunanza delle braci incandescenti dei fuochi delle feste lauretane, della caduta libera delle immagini aeree, delle credenze e dei gesti popolari, incarnate nelle pratiche degli artisti.» ( Estratto dal comunicato stampa)
Artisti: Enrico Boccioletti, Anna Bunting-Branch, Giulia Crispiani, Harun Farocki, Raffaela Naldi Rossano, Athena Papadopoulos, Raphaela Voge

Simona Squadrito: Crepuscolo è la mostra che avete curato nel Bastione Sangallo di Loreto, prendendo ispirazione dalla leggenda della traslazione della Santa Casa. Questa mostra, oltre ad essere stata pensata ad hoc per questo luogo specifico, nasce da vostri interessi pregressi? Perché avete deciso di rivisitare e riportare a galla la storia della Madonna di Loreto?

Giacomo Pigliapoco / Matte Binci: La leggenda della traslazione della Santa Casa di Loreto – portata in volo dagli angeli da Nazareth nella cittadina lauretana al fine del XIII secolo – ci è servita come bacino di storie e immagini e strumento per indagare il dominio tecnologico delle visioni aeree in una società capitalisticamente orientata e per contro-generare nuove pratiche magiche e rituali.
Siamo cresciuti entrambi nel territorio delle Marche, che sentiamo parte integrante di noi. Avevamo perciò l’esigenza di situarci con un’operazione specifica e localizzata. Il progetto nasce più di un anno fa con una prima fase di ricerca e analisi delle narrazioni che si sono stratificate attorno alla leggenda della traslazione che rappresenta anche il mito fondativo della cittadina lauretana: fede religiosa, credenze popolari, rituali pagani, lavoro femminile a cottimo, sviluppo tecnologico e apparato militare. Abbiamo poi lavorato intensamente negli archivi locali e radunato materiali storici che ci sono serviti a impostare il dialogo iniziale con gli artisti invitati. Se si osservano ad esempio le opere prodotte di Enrico Boccioletti, Giulia Crispiani e Raffaela Naldi Rossano si può comprendere la sintesi di quanto detto.

Simona Squadrito: Il display espositivo dei materiali d’archivio realizzato per la mostra dal collettivo di architetti (ab)Normal, si posiziona nello spazio con la sua forte presenza, non si tratta di un oggetto neutro, ma di una sorta di display-opera.  Quale è la razio con cui stato pensato e progettato?
G.P. / M.B. : Da un punto di vista architettonico abbiamo assecondato lo spazio del bastione progettato nel ‘500 da Antonio da Sangallo. Il display è posizionato al centro dell’architettura militare semicircolare – dalla quale si diramano le otto cannoniere –  consentendo così di non alterare strutturalmente la pianta, ma allo stesso tempo di disporre le trame tra le differenti storie legate alla cittadina lauretana. Il display è stato infatti pensato come una piattaforma in grado di esporre i materiali d’archivio e rappresentare il fulcro narrativo attorno al quale l’operazione espositiva si muove. La struttura non vuole servire soltanto a ricostruire e restituire le fonti storiche impiegate, bensì essa è un dispositivo di senso pensato per decostruire e interpretare differenze, storie e tradizioni. Non volevamo che il display fungesse da fondale scenico, ma che si componesse di più corpi, intenti in una simbolica adunanza rituale con le opere in mostra. La necessità era quella di impostare percorsi narrativi, al fine di creare movimenti di senso continui tra gli artisti e le fonti d’archivio. È questa dinamica che ribalta il senso compiuto e costruisce nuovi significati.

Athena Papadopoulos – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Raphaela Voge – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Raffaela Naldi Rossano – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni

Simona Squadrito: In mostra sono presenti dei materiali e documenti storici dal XVIII al XXI secolo, oltre a diversi contributi testuali. Cosa avete selezionato e perché?

G.P. / M.B. : I materiali presenti si concentrano principalmente attorno alla Festa della Venuta e alla relazione che intercorre tra la Vergine lauretana e l’Aeronautica Militare. Nella notte tra il 9 e 10 dicembre vengono accesi – in tutta la campagna circostante – i fogarò (fuochi) per festeggiare l’arrivo della Santa Casa. Fino a pochi anni fa le braci venivano raccolte e conservate nelle case o nei vestiti come potenti talismani per scacciare i malocchi o tenere lontane le streghe. Nel XVIII secolo – con l’impiego diffuso delle macchine sceniche barocche – vengono realizzate invece imponenti “Macchine de fuochi” per celebrare la venuta. Si conservano descrizioni testuali della loro imponenza e del loro carattere artistico che ci hanno aiutato nella considerazione della duplice sedimentazione religiosa e pagana che caratterizza questa festa. Il secondo nucleo parte invece dalla nomina nel 1920 della beata vergine lauretana quale “Aeronautarum Patrona”. L’assunzione dell’immagine della Madonna di Loreto a protezione dell’Aeronautica militare italiana avvia un intenso rapporto tra stato pontificio e stato italiano che si intensifica durante il periodo fascista. L’immagine della vergine viene infatti dipinta nelle carlinghe dei primi aerei da guerra o nelle aeropitture futuriste e trasportata nelle basi militari italiane, nella Stazione Spaziale Internazionale o nella missione Apollo III. Accanto a questi due nuclei, abbiamo affrontato anche antiche tradizioni locali: quella del tatuaggio lauretano – eseguiti per secoli a mano dai marcatori sulle pelli dei pellegrini – e quella della produzione dei rosari, realizzati a cottimo in casa dalle donne che incatenavano i singoli grani per poi venderli ai pellegrini di passaggio.

Simona Squadrito: Il tema di Crepuscolo, legato all’antico mito della Madonna di Loreto si contamina con le moderne tecnologie come nel caso dei droni e dei sistemi di sorveglianza, potete raccontarci di più?

G.P. / M.B. : L’assunzione della Madonna di Loreto quale patrona dei cieli ha scaturito operazioni iconografiche da parte di artisti, illustratori e incisori che l’hanno frequentemente rappresentata in compagnia di aerei, macchine alate e dispositivi militari. Le raffigurazioni di Bruno da Osimo (Osimo 1888 – Ancona 1962) e di Valeriano Trubbiani (Macerata 1937 – Ancona 2020) attingono senza dubbio sia dal Futurismo che da tendenze costruttiviste e neoplastiche d’avanguardia e legano la virgo lauretana all’innovazione industriale e al progresso tecnologico del primo Novecento. La prima guerra mondiale sostenne lo sviluppo di tecniche di ricognizione aerea: l’oculare della macchina da presa posta a bordo degli aeroplani aprì al combattimento ottico tra immagine e oggetto osservato che si consolida – dal secondo conflitto globale in poi – sviluppando i dispositivi-spia, i satelliti, i droni e i missili teleguidati. Le nuove immagini operazionali della fine del XX secolo – non riproduttive ma legate a strumenti d’azione, alle misurazioni e ai sistemi di controllo – hanno portato alla distruzione della visione incarnata e alla completa rottura della “linea di fede” già ampiamente messa in crisi dal dispositivo a lenti galileiano: il cannocchiale. In quest’ottica storica, Crepuscolo affronta la visione tecno-patriarcale della macchina, portandola a un confronto rovesciato con i corpi notturni e ribelli che volano al calar del sole.

Simona Squadrito: Con questa mostra viene portato in auge una forma di pensiero che predilige l’aspetto magico della visione del mondo: il pensiero magico, che come voi puntualmente dichiarate nel comunicato stampa, viene ostacolato da una forma di pensiero razionale, capitalista e utilitarista. Mi sembra ci sia da parte vostra un suggerimento a rivalutare la positività di questa prospettiva incantata del mondo. E’ così? Quali cambiamenti può provocare l’inserimento del paradigma “magico” nella nostra società?

G.P. / M.B. : Il mondo magico è costituto da credenze, gesti rituali e immagini torbide. L’incapacità di decifrarlo e governarlo lo hanno definito come fonte di pericolo. La magia popolare crede nell’essere animato del mondo: ogni essere vivente o non vivente custodisce una forza che lo anima. Questa visione fu identificata storicamente come un ostacolo per lo sviluppo della ragione. I processi di geometrizzazione e razionalizzazione necessitavano del chiarimento di tutti quei fenomeni liminali e incerti. Il calcolo esigeva dati certi per poter essere applicato. Il mondo doveva dunque essere “disincantato” per poter essere dominato. Il corpo fu infatti privato di quelle forze occulte che non lo rendevano governabile. Il “corpo-macchina” fu innestato perseguendo efficienza e produttività. Tutti i fenomeni dovevano essere separabili e governabili. Contrastando questi processi e prendendo spunto dalla leggenda della traslazione della Santa Casa di Loreto, la mostra vuole affrontare nuove pratiche rituali e magiche, al fine di ribaltare l’apparato della visione e del linguaggio tecnologico, propri del sistema economico capitalistico. Per questo Crepuscolo si svolge nella luminosità incerta della luce che svanisce nel buio della notte, attimi che presuppongono una mutazione del cielo e dei corpi.La visione incorporea e sopraelevata si capovolge in un mondo notturno fatto di carne e riti. Pensiamo infatti che le ritualità magiche siano alla base del processo fondativo delle comunità e siano in grado di sospendere il senso comune del mondo che vede i corpi affrontare la crisi della loro presenza per riaffermarsi nelle gestualità e nelle pratiche quotidiane.

Enrico Boccioletti – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Anna Bunting-Branch – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni
Giulia Crispiani – Crepuscolo – Installation view – Foto Michele Alb erto Sereni