Lo stesso mondo ma in modo diverso. Intervista ai Parasite 2.0

"Comrade Animal può essere considerato il primo step di questo processo di osservazione e studio sull'habitat non umano. Con “non umano” intendiamo non solo gli animali o in generale gli esseri viventi, ma anche attori privi di vita biologica, come ad esempio le macchine."
25 Ottobre 2018
Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - Installation view

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – Installation view

Si è conclusa da pochi giorni Comrade Animal l’ ultima mostra curata dai Parasite 2.0 in cui vengono riprese e elaborate alcune considerazioni già emerse nel 2014 nelle pubblicazione Primitive Future Office. Il collettivo di architetti, insieme a artisti, progettisti e professionisti delle scienze sociali riflettono sui possibili processi di emancipazione dell’habitat umano dalle consuete strutture gerarchiche, con l’intento di avviare un dibattito interdisciplinare sulle implicazioni dell’antropocentrismo, sul nostro rapporto con gli altri esseri viventi e sul modo in cui diamo forma allo spazio che abitiamo.

I contenuti di tale ricerca sono raccolti in un nuovo sito web creato per l’occasione (comradeanimal.com), inoltre è stato pubblicato un volume che raccoglie tutti testi e le immagini fornite dai partecipanti al progetto: Sofia Belenky, Hunter Doyle, Leonardo Caffo, Leonardo Dellanoce, Gluqbar, Olivier Goethals, Palazzi.club e Angelo Renna.

Simona Squadrito: Il progetto “Comrade Animal”, esposto in Villa Vertua Masolo, si inserisce all’interno di una serie di manifestazioni, mostre e eventi organizzate in occasione del 59° Premio Internazionale Bugatti-Segantini. Quest’anno il tema approfondito nei diversi progetti della manifestazione è stato il rapporto tra arte e politica.
Che significato assume per voi il binomio arte/politica? L’arte può o deve interessarsi alla politica? Se si, in che modo può farlo? Ci sono degli esempi concreti che ritenete positivi in relazione a questo rapporto? Quali sono secondo voi quelli negativi?

Parasite 2.0: E’ una domanda molto complessa. Esiste un dibattito eterno all’interno del mondo della produzione artistica o, più in generale, culturale. Per noi il binomio arte/politica è molto importante, il nostro lavoro parte sempre da fondamenta molto salde legate al nostro modo di guardare al mondo e alla vita collettiva. Crediamo che la produzione culturale sia sempre politica, anche se non si considera tale. Il rifiutare un possibile valore politico è anch’esso un atto politico, ma va fatta una distinzione rispetto all’arte che si definisce socialmente impegnata. L’arte rimane un fenomeno elitario, accessibile ad una piccola percentuale della società, parla a pochissimi. Quindi se vuole guardare alla società e alle sue criticità, dovrebbe prima di tutto allargare i suoi confini. Il che vorrebbe anche dire semplificare il suo linguaggio.
Parlando di esempi, senza entrare troppo nel merito degli stessi, ci sono alcuni casi secondo noi emblematici rispetto al binomio arte/politica. Si è liberi di leggere tra le righe ciò che si vuole all’interno di ogni operazione, ma alcune di queste, necessitano di maggiore attenzione.
Ti citiamo quindi l’interesse rivolto dall’artista cinese Ai Wei Wei verso il tema dei migranti (vedi la mostra a Palazzo Strozzi o alla Konzerthaus di Berlino), o la 15^ Biennale d’Architettura di Venezia curata da Alejandro Aravena, “Reporting from the front”. Bisogna sicuramente capire e imparare a non appropriarsi indebitamente delle disgrazie altrui, senza speculare. Come si può parlare di determinate questioni quando tutte queste operazioni sono mosse dietro le quinte da ingenti quantità di denaro di dubbia provenienza? Dubbia ovviamente non in merito alla loro liceità, ma proprio per il tipo di attività che svolgono, e a scapito di chi, coloro che elargiscono i finanziamenti. Un’attenta analisi è stata fatta dal collettivo di ricerca Adjustment Agency (USA) nei confronti della Biennale di Architettura di Chicago, il collettivo ha condannato duramente la compagnia petrolifera British Petroleum, uno dei principali sponsor. Anche lo studio d’architettura Rotor si è recentemente allontanato dall’invito di partecipazione ricevuto dalla Biennale, proprio per il legame della manifestazione con la multinazionale, definendola “un’organizzazione criminale”. Agli occhi di molti queste manovre possono sembrare “buone occasioni per farsi pubblicità”, ma crediamo invece che questi siano dei segnali, seppur piccoli, da prendere maggiormente in considerazione.

Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - Installation view (detail)

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – Installation view (detail)

Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL_Olivier Goethals “ELSEWHERE”

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL_Olivier Goethals “ELSEWHERE”

S.S: Nel chiudere l’introduzione del catalogo che ha accompagnato la mostra ponete l’attenzione su una serie di domande fondamentali. Cito testualmente: « Possiamo oggi, riguardando proprio allo spirito che guidò i grandi cambiamenti del ’68, immaginare un futuro in cui si possa contrastare una determinata forma di cultura che attraverso politiche sociali, economiche e coloniali, oramai egemoni, si presenta come dominante? Se attraverso il design il ’68 guardava ad una società in cui il progettista si trasformava in un fornitore di strumenti e non di progetti finiti, combattendo le consuete strutture di potere, è forse oggi possibile opporsi a un’autoproclamata supremazia della specie umana su altre considerate minori? ». Vi siete dati delle risposte a queste domande? Se si, quali?

P.2.0: Si, ci siamo dati delle risposte e crediamo che oggi non solo si possa immaginare un nuovo stato dell’umano, ma che sia necessario farlo rispetto alla sopravvivenza della specie.
E’ ormai chiara l’urgenza di una completa inversione di tendenza nel nostro modo di rapportarci al pianeta e a tutti gli esseri viventi.
L’umorismo che alcune frange della cultura hanno fatto nei confronti di temi come l’antropocene è stato chiaramente un atteggiamento antiproducente. Sicuramente c’è stato un abuso del tema che è stato, soprattutto dal mondo dell’arte, poco approfondito. Gli ultimi allarmi sull’accelerazione del surriscaldamento globale e sul cambiamento climatico, con tutto ciò che questi fenomeni comportano, ribadiscono la necessità di un forte cambiamento nel modo di sviluppare ogni aspetto della nostra vita.

S.S: Attraverso l’osservazione e le possibili implicazione del rapporto uomo/animale/architettura avete indagato e proposto un’ipotetico ripensamento del fare dell’uomo e vi siete spinti fino alla “ricerca di modalità non antropocentriche di dare forma all’habitat”. Quali soluzioni teoriche e pratiche ha portato questa vostra lunga ricerca?

P.2.0: Comrade Animal può essere considerato il primo step di questo processo di osservazione e studio sull’habitat non umano. Con “non umano” intendiamo non solo gli animali o in generale gli esseri viventi, ma anche attori privi di vita biologica, come ad esempio le macchine. Ovviamente si tratta di un percorso molto lungo e complesso, che non pretende di poter arrivare a soluzioni pratiche, ma che cerca di favorire lo sviluppo di un dibattito all’interno delle discipline progettuali. Va aggiunto che la nostra ricerca si concentra ormai da anni su una revisione critica dei processi di antropizzazione del pianeta. Ovviamente l’architettura ha e ha avuto un ruolo centrale in tale processo. Da questo punto di vista crediamo che scollegare la formazione dell’ambiente dal semplice seguire i bisogni dell’umano, aprendosi agli altri animali e alle specie vegetali, possa portare a una progressiva modifica e alterazione dell’ambiente costruito che già abitiamo. Dove è già scomparsa la presenza dell’uomo questo processo è attivo. Basti pensare agli spazi dell’abbandono, o al Terzo Paesaggio definito da Gilles Clement “una vera e propria riserva della diversità”.

Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - Angelo Renna “Lesser Houses”

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – Angelo Renna “Lesser Houses”

12_Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - Hunter Doyle and Sofia Belenky “FLIGHT MODE“

12_Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – Hunter Doyle and Sofia Belenky “FLIGHT MODE“

S.S: Oggi in più aree di ricerca vi è una forte attenzione ai temi dell’ecologia, al rapporto tra l’uomo e il suo habitat. Questa attenzione spesso prende forma attraverso la ricerca di nuovi materiali ecosostenibili o anche attraverso il riutilizzo di antiche tecniche di costruzione. Anche la vostra ricerca è orientata su queste tematiche necessariamente attuali. Vi è da parte vostra il tentativo di suggerire un ripensamento di certi comportamenti umani, di proporre delle pratiche alternative che possano ristabilire in parte la relazione tra l’uomo e la natura. Eppure nella vostra pratica permane l’utilizzo di materiali altamente inquinanti, come ad esempio la plastica. Non pensate sia una contraddizione rispetto alla vostra ricerca teorica? Perché non avete pensato a un ripensamento più radicale nella scelta dei materiali utilizzati?

P.2.0: Crediamo vada fatta una distinzione. A differenza di altri progettisti, fino a oggi, noi non abbiamo mai prodotto oggetti di consumo, che si inseriscono in un mercato, con l’ovvio impatto ambientale di cui parli. Come detto precedentemente, la nostra ricerca non pretende di dare soluzioni. Sarebbe esagerato oltre che presuntuoso. E’ quello che il mondo delle discipline progettuali hanno sempre fatto, con effetti spesso devastanti. Basti pensare al lascito del Movimento Moderno o all’impatto di figure come quella di Le Corbusier. Proprio ragionando su questo aspetto si può comprendere di più il nostro modo di operare. Ad esempio il lavoro di revisione critica degli standard e delle norme ereditate dal Movimento Moderno, non mira direttamente a crearne dei nuovi, ma a dissacrare questi capisaldi. Questa dissacrazione è il processo applicato nei confronti dei materiali altamente inquinanti che citi. Sono sempre accostati ad elementi naturali, per contrapposizione. Oppure sono materie plastiche che imitano materiali naturali. La volontà è quella di forzare il limite tra natura e artificio, di andare oltre i confini di queste categorie, oggi già distrutti dall’era del definitivo impatto del fare umano sul pianeta. Non esiste più il concetto di natura in sè, un concetto di matrice umana creato per differenziare l’artificio umano da tutto il resto.

Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - Hunter Doyle and Sofia Belenky “FLIGHT MODE“

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – Hunter Doyle and Sofia Belenky “FLIGHT MODE“

Parasite 2.0 - COMRADE ANIMAL - LucaMassaro & Palazzi

Parasite 2.0 – COMRADE ANIMAL – LucaMassaro & Palazzi

Parasite2.0 - COMRADE ANIMAL - LucaMassaro & Palazzi

Parasite2.0 – COMRADE ANIMAL – LucaMassaro & Palazzi

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