Tra le leggende che gravitano intorno all’enigmatica figura dell’artista, la più mitologica è quella dell’intuizione nata dal caso, dall’errore, da una svista. Così nascono molte ricette: intenti nell’eseguire alla perfezione le indicazioni della pasticceria, che richiede precisione e destrezza, si rovescia qualcosa in più, si sbaglia la cottura o impazziscono le uova. Ad Alessandro Calabrese (Trento, 1983) succede qualcosa di simile, ma con la stampa fotografica che, come la pasticceria, richiede una tecnica lunga e complessa. Per la seconda personale presso VIASATERNA a Milano, presenta una serie di opere fotografiche, provenienti da scatti dell’artista e immagini generate con AI, a cui si aggiungono sessantotto selfies proiettati nel piano inferiore della galleria. I soggetti rientrano nelle categorie dei generi della tradizione della pittura, lo indicano i titoli stessi: Genre Painting, Still Life, Landscape Painting, Animal Painting, Portrait Painting e Self Portrait. In questo modo Calabrese studia e approfondisce le gerarchie dei generi, tra le basi solide del lavoro di un artista (inteso in senso classico), ma allo stesso tempo ne devia i principi. A volte il soggetto passa in secondo piano rispetto al genere in cui cade, perché risulta quasi impossibile identificare un’identità specifica, soprattutto se quello che vediamo proviene da fonti online o è generato con l’intelligenza artificiale. Le immagini che propone Calabrese sembrano arrivare da un ricordo annebbiato, hanno perso la fonte e il riferimento, ma rimangono riconoscibili e in qualche modo familiari. Il processo di realizzazione delle opere dell’artista inizia con una stampa su carta fotografica lucida, dal lato sbagliato: in questo modo l’inchiostro non penetra nella fibra della carta e l’immagine rimane sospesa e instabile sulla superficie. A questo punto il soggetto viene nuovamente fotografato, per essere “fissato”, quindi ri-stampato.
Nel testo critico, scritto a quattro mani da Milovan Farronato e Chiara Spagnol, leggiamo: «Amiamo talmente tanto questa presunta capacità di restituire il reale attribuita alla fotografia da sopravvalutarne il valore e feticizzarne la veridicità». Parliamo allora di un tipo di immagine “inaffidabile”, molto diversa dall’idea di George Didi-Huberman, in cui essa brucia della verità che vuole testimoniare, brucia per un desiderio che porta con sé. Nella mostra Perseo, ciò che la fotografia ha catturato non è detto che sia reale e nella posizione da cui osserviamo possiamo persino dubitare della veridicità della fonte.
È considerato delirio di onnipotenza pensare che ormai con le immagini possiamo fare quello che vogliamo? O forse è il risultato contrario di un’evoluzione della tecnica? Stanchi di vedere sempre le stesse cose, così come sono, abbiamo bisogno di creare delle alternative.
Non è per forza un mondo immaginario che serve a Calabrese, ma la possibilità di usare le immagini e plasmarle, tradirle con la loro stessa tecnica, un po’ come distruggere il sistema dal suo interno.
PERSEO – Alessandro Calabrese
1 ottobre – 29 novembre 2024
VIASATERNA
Cover; Installation view Perseo, solo show by Alessandro Calabrese. Ph. Tiziano Ercoli, courtesy Viasaterna