
Il campo espanso. Arte e agricoltura in Italia dagli anni Sessanta a oggi è il titolo di un volume pubblicato da CREA nel 2015, a cura di Simone Ciglia. In quella occasione, il testo si proponeva di indagare alcuni momenti nodali nello sviluppo del rapporto – per alcuni versi, intrinsecamente politico – tra arte contemporanea e agricoltura. A partire dall’Arte Povera, passando attraverso le esperienze centrali di Gianfranco Baruchello e Joseph Beuys, fino alla parziale eclissi nel postmoderno, per arrivare al panorama degli ultimi quindici anni, caratterizzati da un rinnovato interesse verso la ruralità, il volume indaga alcuni degli aspetti che entrano in campo nell’analisi di questa interazione: ecologia, attivismo, sostenibilità, pratiche relazionali.
D’altronde, l’agricoltura è stata una delle tappe più significative nella storia dell’uomo, determinando l’abbandono del nomadismo, la nascita di gruppi stanziali e un nuovo modo di organizzare l’economia, i rapporti sociali, le strutture politiche e di potere. Il mondo rurale ha, al contempo, incarnato miti e simbologie che sembrano essere fluiti in modo discontinuo e non omogeneo all’interno del pensiero e della storia collettivi. L’ecologia e una nuova prospettiva sui sistemi di sfruttamento intensivi delle terre e delle risorse umane e non umane a esse legate hanno trovato, in tempi più recenti, ampio spazio in ambiti disciplinari diversificati. “Bleibt der Erde treu” (“Restate fedeli alla terra”) è la preghiera che Zarathustra rivolge al popolo nel prologo del libro di Nietzsche “Così parlò Zarathustra” (1883-1885): una invocazione alla reinvenzione di un’etica terrena che abbracci natura e corpo. Per Pier Paolo Pasolini il mondo contadino ha incarnato valori intrinsecamente opposti al mondo borghese: l’irriducibile alterità di questo mondo ha rappresentato, per Pasolini, una sfida alla contemporaneità, quando non apertamente una resistenza, attraverso quel sublime sposalizio con le contraddizioni che l’intellettuale, poeta e regista ha sempre celebrato.
Il campo espanso. Arte e agricoltura in Italia dagli anni Sessanta a oggi è il titolo della mostra curata da Simone Ciglia al piano terra di Palazzo Collicola, a Spoleto (fino all’8 giugno). Il progetto espositivo vede la partecipazione di oltre trenta artisti che hanno esplorato le intersezioni tra arte contemporanea e ruralità in Italia. Piuttosto che procedere esclusivamente per temi, il progetto prende le mosse sia da un dialogo con le collezioni della sede espositiva – nello specifico, inserendo nel display alcune opere appartenenti alla Galleria d’Arte Moderna G. Carandente – sia convogliando, all’interno dello spazio espositivo, oggetti, testimonianze e protagonisti (insieme agli artisti, Fondazioni, aziende agricole, residenze artistiche, parchi) del legame ad ampio spettro tra arte e agricoltura.




La pittura di paesaggio – da intendersi come pittura di genere – viene così presentata come campione preliminare ad un interesse non casuale che, nel corso dei secoli, sembra essersi sempre più rafforzato. Se nel caso della pittura di genere, il paesaggio talvolta è chiamato a fotografare i ricchi possedimenti di famiglie latifondiste, o a raccontare della potenza disincarnata della Natura, kantianamente intesa, è anche vero che in queste immagini dipinte è già evidente il rapporto ambivalente dell’artista con il soggetto – si pensi, per esempio, agli studi di nuvole di John Constable. Il confronto transgenerazionale è finalizzato, in mostra, a stabilire una linea anti-cronologica in cui ricercare vicinanze e posizionamenti: il campo espanso, il paesaggio coltivato, la terra animata sono alcuni dei capitoli che accompagnano questo incedere sistematico e a-sistematico. D’altronde, già a partire dal titolo, mutuazione dall’expanded field di R. Krauss, la cui definizione ha trovato spazio sulle pagine del numero 8 di October (1979), è chiaro l’interesse per l’inquadratura di un terreno mobile che superi le rigidità dei codici formali, aprendosi a nuovi sentieri di senso.
La corposità del materiale a disposizione è sottoposta a dei criteri analitici di studio e approfondimento, organizzati in modo da ricreare un piccolo archivio della storia dell’agricoltura e del suo spectrum nell’arte. La sala dedicata a Baruchello e alla sua Agricola Cornelia, così come quella dedicata all’artista-sciamano Joseph Beuys – e al suo legame profondo col territorio abruzzese – sono interpolate da una selezione estremamente interessante di opere e interventi di alcuni degli artisti più rappresentativi della scena italiana. Gli artisti coinvolti, anche grazie a prestiti e collaborazioni con istituzioni quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, sono: Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Riccardo Baruzzi, Elisabetta Benassi, Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Claudio Costa, Enzo Cucchi, Mario Giacomelli, Luca Francesconi, Leoncillo, Marzia Migliora, Elisa Montessori, Luigi Ontani, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Diego Perrone, Armando Pizzinato, Moira Ricci, Lorenzo Scotto di Luzio, Bruno Toscano. La mostra vede inoltre la partecipazione delle residenze Interferenze / Liminaria; Pollinaria con Futurefarmers e Daniela d’Arielli; RAVE con Adrian Paci, Regina José Galindo; e dell’azienda Agricola Due Leoni con Carlo Angelini, Marina Apollonio, Dennis Balk, Alan Belcher, Guillaume Bijl, Nicolas Boulard, Francesco Ciavaglioli, Jeremy Deller, Mark Dion, Ryan Gander, KAWS, Peter Kogler, Joseph Kosuth, Richard Merkle, Jonathan Monk, Emilio Prini, Vladimir Radunsky, Steve Reinke, David Shrigley, Diana Thater, Cosima von Bonin, Heimo Zobernig, e delle Fondazioni: Fondazione La Raia con Teresa Giannico; Parco Arte Vivente (PAV) con Regina José Galindo, Fernando García-Dory, Piero Gilardi, Ugo La Pietra, Petr Štembera, Wurmkos; No Man’s Land con Jean-Baptiste Decavèle e Yona Friedman.
Cover: Massimo Bartolini, Senza titolo (angolo), 1995. Stampa fotografica, llfochrome su Durabond, 105 x 55 cm. Veduta della mostra Il campo espanso, Palazzo Collicola, Spoleto, 2025. Foto: Giuliano Vaccai.





