LISTE è sempre stata esagerata: irriverente, caotica, affollata, divertente, disorientante.
Anche sotto la nuova direzione di Joanna Kamm si confermano molte delle sue peculiarità (il wurstel + brezel -anche versione veggie- rimane un must del soggiorno a Basel) ma, in linea di massima, l’abbiamo trovata un’edizione più ordinatamente-disordinata.
Uno dei migliori momenti per visitare la fiera “leader per le nuove scoperte dell’arte contemporanea” è il lunedì nel tardo pomeriggio, quando si è concluso l’opening ed inaugura Unlimited e tutta la ressa dotata di inviti e VIPcard si riversa in Messeplatz.
Cosa accada dopo giovedì non lo sappiamo perché come la stragrande maggioranza degli addetti del settore frequentiamo la fiera soltanto i primi giorni, che si possa dire oppure no. Se sia ancora vero che con la partecipazione a LISTE si gettino le basi per il futuro successo delle gallerie non lo sappiamo ma ci sbilanceremmo sul no, ma è un fatto che rimanga un’ottima passerella, se non altro finché non ci sono altri opening in corso.
Arbitrariamente, come specifichiamo sempre, abbiamo selezionato alcune gallerie che, a nostro gusto, presentavano una buona selezione di opere (a volte una soltanto) e/o convincenti scelte espositive.
Con un paio di eccezioni, va specificato che non conoscevamo nessun artista tra quelli selezionati (e in questo senso va dato adito a LISTE di confermarsi talent scout), ma ad ogni modo le tempistiche e le necessità della nostra contemporaneità pare impongano non poter approfondire nulla, vedere tantissimo e conoscere seriamente poco, se non superficialmente, vuoi anche la miriade di artisti che esistono.
Tra gli indimenticabili (e a LISTE perdersi e dimenticare resta facile) c’è Night Vision, 2019 di Dylan Mira (PARK VIEW / PAUL SOTO), un’installazione video dispersa nel vapore (queste soluzioni forse meno vendibili ma più impattanti sono tra quelle che preferiamo); special guest è HeK (House of Electronic Arts) che presenta un bel (e molto vendibile) lavoro di Dries Depoorter basato sulle immagini tratte dalle videocamere di sorveglianza collocate in concomitanza di passaggi pedonali; equilibrato lo spazio di Galeria PM8 con una serie di lavori di Gabriel Pericàs tra cui il magnetico To Work or Horse Describing a Circle, 2009 efficacemente installato in alto; irriverente e contestualmente armonica la proposta di Seventeen Gallery con Patrick Goddard, che spopola con la sua installazione Bin Juice, 2019 composta da 200 sculture-pesce dispersi sul pavimento; fra i lavori di SANDWICH risaltano le assurde e ironiche creature scultoree di Cristian Raduta; 80M2 Livia Benavides gioca facile, ma vince, con i lavori del rodato e sempre convincente Oscar Santillan, tra i quali il recente How Rivers Think, 2019, associato alle opere di Adan Vallecillo; fatta eccezione per lo stendino con gli abiti appesi, che in ogni caso è trend assoluto, ottimo il corner di Ketherine Kastner con le opere di Klára Hosnedlová, di cui apprezziamo soprattutto le cornici ricercate; femminile ed ricercato anche lo stand di Lambda Lambda Lambda, dedicato al lavoro di Hana Miletić; intime ed eleganti le immagini-radiografie di Heji Shin proposte da Galerie Bernhard; altra proposta non audace ma efficace è quella di Arcadia Missa che dedica il suo spazio a Penny Goring con una serie di acrilici e sculture dal sapore feticistico; stravaganti a dir poco le opere di Hun Kyu Kim nell’eccentrico stand di High Art, ma la nostra preferita in assoluto è Nona Inescu presentata da SABOT, una paradossale ortopedia tribale.