Zouwu è il nome di una creatura mitologica appartenente alla tradizione cinese, “grossa come una tigre – si legge in A Chinese Bestiary (2018), curato da Richard E. Strassberg – di cinque colori, e con una coda lunga più del suo corpo”. Sebbene la sua origine letteraria sia ancora poco chiara, il suo nome compare in racconti mitici, poesie e canti popolari già a partire dal IV secolo a. C.: lo si può trovare, ad esempio, nell’antico Libro dei mari e dei monti, lo Shanhaijing, risalente, per l’appunto, al IV-I secolo a. C. Una sua versione in ‘carne e ossa’ è offerta, invece, più recentemente dal film Animali fantastici – I crimini di Grindelwald (2018) del regista David Yates.
Zouwu, però, è anche il nome della protagonista di una delle storie inventate da Helena Hladilová per far addormentare i propri figli, la stessa che sottintende la personale allestita allo SpazioA di Pistoia – e chissà che non siano state anche le informazioni descritte poco sopra ad alimentare la sua immaginazione. Per una sorta di effetto sineddotico e di personificazione, il nome di una fanciulla immaginaria diviene, così, il titolo di una mostra reale, tangibile, e gli elementi di cui questa è costituita non sono altro che le testimonianze del mondo da cui la fanciulla stessa proviene.
Insetti, molluschi, volatili, rettili e mammiferi: sono queste le creature che popolano l’ecosistema di Zouwu, non dissimile da quello in cui siamo immersi quotidianamente. L’artista le imprime su lastre di ardesia, insieme alla flora nella quale si muovono, oppure in bassorilievi di marmo o, ancora, nel bronzo di alcune sculture. In certi lavori è possibile distinguere pure delle figure di bambini, e non sarebbe sbagliato supporre che si tratti proprio dei figli di Hladilová, risucchiati dai racconti della buonanotte come i fratellini Shepherd del film Jumanji (1995), anche loro assorbiti magicamente dall’omonimo gioco da tavolo – comparso, in origine, nel libro del 1981 di Chris Van Allsburg.
Sono lavori che inaugurano un nuovo ciclo nell’ambito del percorso dell’artista, poiché incentrati non solo sui frutti della maternità, ma anche sulla buona dose di fantasia che, per forza di cose, ne deriva, e perché mettono in risalto un aspetto che prima era presente soltanto in maniera intermittente nel fare di Hladilová, ossia quello della manualità – anche questo emerso necessariamente dal legame instaurato con i piccoli.
Tale aspetto, però, non occupa la totalità del suo operare: come a non voler tradire completamente la sua prassi originaria, l’artista interviene, infatti, sui marmi soltanto in un secondo momento, dopo che una prima abbozzatura del lavoro è stata ottenuta grazie all’impiego di sofisticati bracci robotizzati. Il motivo di tale scelta coincide con l’intenzione di preservare l’intimità della dimensione da cui discendono le opere, traduzione materica del rapporto che unisce Hladilová ai propri figli, insieme alla volontà di proseguire il confronto con il mondo reale, declinato, in questo caso, nei termini del digitale e del progresso tecnologico. Il risultato è rappresentato da una serie di reperti che alludono alla loro provenienza altra, straordinaria, racchiusa nell’epidermide rugosa e frastagliata che ne identifica i diversi elementi – come se ogni lavoro fosse stato ottenuto dal calco o dalla cristallizzazione di ogni organismo.
In effetti, si rimane stupiti dal sapere che ogni manufatto di Zouwu è stato idealmente realizzato dai personaggi che ne compongono la storia, quasi a voler suggerire la possibilità di lasciarsi trasportare dalle proprie fantasie e di vederle concretamente realizzate. Non solo: come nel caso della fanciulla che dà il titolo alla mostra, la quale apre finalmente gli occhi dopo l’iniziale decisione di “non riaprirli finché tutto il male del mondo non fosse scomparso”, le opere di Hladilová ci invitano a non accontentarci della realtà che osserviamo, e a credere, soprattutto, nella possibilità di affrontare e sconfiggere le nostre più grandi paure.
Helena Hladilová – Zouwu
Dal 29 gennaio 2022 al 12 marzo 2022
SpazioA, Pistoia, via Amati 13