![Annegret SOLTAU Körper-Eingriffe (schwanger) [bodily attack (pregnant)] , 1977/78 Set of 3 gelatin silver prints 250 x 115 cm (each) Copyright The Artist Courtesy of Richard Saltoun Gallery](http://atpdiary.com/wp-content/uploads/2018/10/ANS_Annegret-Soltau_1977-1978_Korper-E-ingriffe-schwanger_ANS045-Copia.jpg)
L’agenda del mondo dell’arte lascia, paradossalmente, poco spazio alla contemplazione. Le fiere si susseguono così con le mostre e le varie kermesse, e non c’è modo di essere davvero updated: l’era dell’iperinformazione, disinforma. Molte recensioni sono costrette ad essere sommarie perché non c’è effettivo tempo per scriverle con dedizione, studiando prima l’artista, e sovente si ha l’impressione che piuttosto che frequentare il contemporaneo, sarebbe meglio indagare lo storicizzato.
E’ quello che è accaduto con i notevoli stand che Richard Soulton Gallery ha dedicato durante Frieze ad Annegret Soltau e Helen Chadwick, artiste complesse e cariche, che meritano un’immersione, non superficiale brevità. Nel frattempo a Frieze è però succeduta FIAC, e qui si ritorna all’impellenza della notizia, che scade se non comunicata tempestivamente. Fortunatamente l’arte quando è incisiva è avulsa dal deperimento, le fiere passano, ma la possibilità di incontrare i lavori ed appassionarsene, no.
Annagret Soltau ha fatto della propria persona l’elemento d’indagine, la base su cui intervenire, il corpo da mostrare, estendendo se stessa a riflessione sulla condizione femminile ma marcando la condizione generale della donna con la propria intimità. Le fotografie cucite e il filo nero, elemento ricorrente e distintivo, rimandano visivamente al rito vodoo (termine che deriva dall’africano vodu che significa “segno nel profondo”), quasi a rendere il corpo della donna un feticcio.
Il trittico “Bodily Attak (pregnant)” è stato realizzato durante i primi mesi di gravidanza dell’artista, sprofondata nella riflessione sulla metamorfosi del proprio corpo e su quanto la maternità avrebbe inciso sulla perdita dell’identità artistica.

Ad Helen Chadwick viene dedicato un “solo stand” a Frieze, mentre Soltau si impone a Frieze Master. Chadwick, le cui opere ambigue, alcune dai colori pastello, appaiono rassicuranti se osservate a distanza, è autrice dell’inquietante “Loop my Loop” (1991), una ciocca di capelli annodata all’intestino di una scrofa. L’artista associa l’inaccostabile, viscere ed esteriorità, animale e umano, qualcosa cui ci dedichiamo come espressione di bellezza e cura estetica e qualcosa che nascondiamo. La seduzione e la repellenza si avviluppano tra loro.
Tra i primi lavori di Helen Chadwick la performance “In the Kitchen”, rappresentata per la prima volta al Chelsea College of Art di Londra e divenuta serie fotografica. L’artista e altre tre performers donne indossarono costumi che Chadwick aveva realizzato rivestendo strutture metalliche in PVC, donne all’interno di elettrodomestici che assurgono a oggetti di routine e contestualmente strumenti di stravolgimento della stessa.
Entrambe le artiste sono investigatrici dell’identità femminile e del sé; ambedue si sono imposte in una fase storica in cui la scena artistica era calcata principalmente dagli uomini. I loro lavori si condensano meravigliosamente nella formula “gorgeously repulsive, exquisitely fun, dangerously beautiful”.

