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Grand Tour d’Italie | La scena italiana all’estero

È 1698 e l’espressione “Grand Tour” appare per la prima volta nella storia tra le pagine dell’opera di Richard Lassels An Italian Voyage. Un viaggio di pochi mesi fino ad otto anni che diffondono tra i viaggiatori un concetto fino...

È 1698 e l’espressione “Grand Tour” appare per la prima volta nella storia tra le pagine dell’opera di Richard Lassels An Italian Voyage. Un viaggio di pochi mesi fino ad otto anni che diffondono tra i viaggiatori un concetto fino ad allora sconosciuto: viaggiare per diletto e non per dovere. Luogo di riferimento per la religione cristiana, ma anche per intellettuali e studiosi, l’Italia è stata fin dal Medioevo tappa pressoché necessaria negli itinerari di pellegrini e facoltosi intellettuali. Cinquecento anni dopo, si diffonde l’idea di viaggio di istruzione come tappa fondamentale nella formazione dei giovani facoltosi che ambivano ad un ruolo dominante nella propria società. Nobili e grandi proprietari terrieri fanno del viaggio uno strumento di apprendimento del gusto aristocratico e delle norme di condotta politico-diplomatiche. Roma diventa tappa d’eccellenza in quanto luogo di accesso privilegiato al patrimonio storico dei secoli precedenti e contemporaneamente alle meraviglie dell’epoca Barocca contemporanea; Napoli un rifugio invernale per viaggiatori; Pompei ed Ercolano aggiungevano la sensazione di un viaggio alla ricerca delle rovine che legano l’epoca moderna e le antiche radici. Una pratica, quella del Grand Tour, che si diffuse a tal punto tra i ceti abbienti da portare alla creazione di vere e proprie guide e a diventare non solo oggetto di diari, ma anche parte della trama di romanzi di formazione come Il Vampiro di Polidori.

Con la nascita di una élite borghese-industriale a seguito della prima Rivoluzione Industriale il concetto di viaggio si trasforma abbandonando l’ambiente aristocratico, segnato dal lusso e volto alla formazione, per diventare mezzo di ostentazione del prestigio economico, di trasgressione e in parte di riposto. Per gli intellettuali l’Italia diventa il luogo naturale nel quale rifugiarsi allontanandosi dalla frenesia cittadina per immergersi in paesaggi nuovi e incontaminati ai loro occhi. Un atteggiamento romantico che trova ancora nel Novecento una sorta di prosecuzione naturale per la quale il viaggio in Italia assume i caratteri della ricerca di inesplorate sorgenti del mito.

Quattrocento anni dopo la sua diffusione il Grand Tour riprende la sua funzione originaria di incontro, confronto e formazione, con Grand Tour d’Italie il progetto organizzato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea e Rigenerazione Urbana del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Un’iniziativa nata per promuovere il lavoro degli artisti italiani all’estero attraverso il confronto con i curatori delle più prestigiose istituzioni internazionali dislocate nei centri culturali meno mainstream e che si occupano di scambi culturali e residenza d’artista, e che per questa sua terza edizione (dal 12 al 16 novembre) ha scelto Bologna e L’Aquila come mete. Dopo il coinvolgimento di Viafarini e Qwatz  per le prime due edizioni, a curare la selezione di quest’anno è stato NOS Visual Arts Production, direttivo curatoriale dell’associazione culturale Nosadella.due formato da Elisa Del Prete e Silvia Litardi. Quattro giornate di incontri e studio visit a porte chiuse, negli spazi del MAMbo e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, che hanno permesso a 30 artisti di presentare il proprio lavoro ai rappresentati di dieci istituzioni internazionali.
A fare da fil rouge tra i diversi linguaggi, le differenti ricerche artistiche presentate e tra le generazioni, è il comune confronto con il presente sviluppato attraverso l’indagine dell’artificio che origina l’immagine, delle sue possibilità, delle potenzialità della forma, della materia, della tecnologia e delle relazioni.

Ad aprire la sessione pomeridiana del primo giorno di incontri (martedì 12 novembre) è Canecapovolto che introduce la propria pratica artistica con una performance sonora necessaria a trasportare i presenti dal piano dell’immagine fissa a quella in movimento. Organizzando il disordine, il caos, ma senza alcuna ricerca ossessiva dell’ordine, il collettivo siciliano nato nel 1992 si insinua nei gap tra immagine e parola per creare un nuovo spazio per la percezione del fruitore. Alla creazione di ambienti, tutti in realtà virtuale, è dedicato il lavoro di Carola Bonfili che presenta al pubblico istituzionale il proprio portfolio raccogliendo così i suoi primi lavori, nati dal mescolamento e sovrapposizione di elementi naturali e artificiali, e quelli più recenti ispirati dalla letteratura di Kafka e che trovano nella nuova tecnologia la propria forma.
Rimanda ad un concetto più astratto come quello del linguaggio il lavoro di Jacopo Miliani. Artista capace di innescare riflessioni linguistiche a partire dalla metodologia della performance sviluppata attraverso opere video e performance. Un campo di indagine che trova terreno fertile nella tavola rotonda dei presenti. Il risultato è una conversazione che a tratti supera l’interesse per il lavoro in sé per muoversi su un piano socio-culturale più ampio e comune dimostrando come la costruzione dell’atto performativo sia nel lavoro di Milani lo strumento con il quale indagare il linguaggio non solo a livello comunicativo, ma anche sociale e culturale.

Gli artisti coinvolti

Alterazioni Video, Andreco, Sara Basta, Riccardo Benassi, Carola Bonfili, Simone Cametti, Chiara Camoni, Canecapovolto, David Casini, Federico Cavallini, Giulia Cenci, Luca Coclite, Davide D’Elia, Maria Adele Del Vecchio, Roberto Fassone, Giovanni Giaretta, GrossiMaglioni, Valentina Medda, Jacopo Miliani, Giovanni Ozzola, Mattia Paje, Luana Perilli, Mariagrazia Pontorno, Anna Raimondo, Ivana Spinelli, Sasha Vinci, Giacomo Zaganelli, Virginia Zanetti. A questi si aggiungono Flavio Favelli e Angelo Bellobono (invitati come Padrini nelle rispettive città di Bologna e L’Aquila per il lavoro che hanno realizzato nei due contesti).

Le istituzioni coinvolte

CAPC Musée d’art contemporain de Bordeaux (Bordeaux – Francia), Frame (Helsinki-Finlandia), Istanbul Modern (Istanbul – Turchia), Maumaus (Lisbona – Portogallo), Museo de Artes Plasticas Eduardo Sìvori (Buenos Aires – Argentina), Nirox Foundation (Johannesburg – Sudafrica), NTU Center for Contemporary Art Singapore (Singapore), Rotor (Graz – Austria), RUPERT (Vilnius – Lituania), Sazmanab, (Tehran – Iran).