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Gli Strumenti del Cielo | Francesco Pedrini alla Galleria Milano

Ascoltare il cielo significa rendersi osservatori dell’immateriale: come dice l’artista, “ascoltare è un atto immaginifico in quanto crea immagini”, mettendo in campo quindi un processo creativo assolutamente personale. Sono testimonianza di questi tentativi nel corso della storia gli Strumenti, oggetti utilizzati...

Gli Strumenti del Cielo - Francesco Pedrini,  Galleria Milano - Photo @ Pier Parimbelli
Gli Strumenti del Cielo – Francesco Pedrini, Galleria Milano – Photo @ Pier Parimbelli

Ascoltare il cielo significa rendersi osservatori dell’immateriale: come dice l’artista, “ascoltare è un atto immaginifico in quanto crea immagini”, mettendo in campo quindi un processo creativo assolutamente personale.
Sono testimonianza di questi tentativi nel corso della storia gli Strumenti, oggetti utilizzati durante la Prima Guerra mondiale dagli “ascoltatori del cielo”, ovvero soldati con il compito di intercettare attraverso questi apparecchi l’arrivo degli aerei nemici. L’artista, partendo da alcune immagini fotografiche, ha preso spunto da questi oggetti per le sue sculture di legno, ottone e rame, al fine di costruire una ipotetica “orchestra dell’ascolto” che sfrutti il silenzio per trovare in esso tracce di infinito.
Momenti sono opere quasi impercettibili, fatte di ossidi in polvere in minima quantità. L’idea parte dall’etimologia della parola, da ricollegarsi al latino momentum (da muovere), ovvero il piccolo peso usato per muovere e inclinare la bilancia. L’artista soffia sulle polveri e ne misura il tempo necessario alla loro dispersione, riportato accuratamente nel titolo delle opere. (da CS)

Taken#1, 2018, pastello e pigmento su carta - Courtesy l'artista e Galleria Milano
Taken#1, 2018, pastello e pigmento su carta – Courtesy l’artista e Galleria Milano

Claudia Santeroni – La prima cosa che ho pensato guardando “Strumenti del Cielo” è che è una mostra che parla di ascolto, ma è muta: un guardare l’ascolto. Gli strumenti preposti ad emettere suoni diventano invece tramiti per sentire dei suoni in via d’estinzione.

Francesco Pedrini – Mi piace questo “suoni in via d’estinzione”, credo che l’ascolto in generale sia in via d’estinzione. Siamo in un’epoca assertiva, tutti hanno capito qualcosa e hanno qualcosa da dire. Mi piace collocare la mia ricerca in una zona silenziosa o comunque ricettiva, sono strumenti muti che hanno imparato ad ascoltare e ci invitano a farlo, a divenire protesi. Mi è piaciuto costruire opere visive che negano la visione, ma indicano l’ascolto. Sono oggetti di scena di un’orchestra del silenzio che a breve userò in un nuovo lavoro video.

CS – Mi ha colpita il piccolo lavoro “Taken#1”, il bacio di una coppia dentro al telaio di un aquilone, così figurativo rispetto ai disegni di cui ti occupi solitamente.

FP – Cercavo cieli e ho trovato un bacio. Negli archivi fotografici di Graham Bell sugli aquiloni tetraedrici ci sono fotografie stupende, si vedono prove di volo in cui spesso appare una donna che aiuta la costruzione di questi oggetti volanti insieme ai collaboratori di Graham Bell. Una delle ultime immagini raffigura l’inventore che bacia questa donna, che poi ho scoperto essere sua moglie Mabel, con l’appunto a mano Take off(decollato). Mabel era sorda come la madre di Graham Bell e mi piace pensare che le ricerche sull’acustica, sul linguaggio e anche sul volo fossero mosse dalla passione per Mabel.

Strumento#3, 2017, ottone e rame - Courtesy l'artista e Galleria Milano
Strumento#3, 2017, ottone e rame – Courtesy l’artista e Galleria Milano

CS – Le materie costitutive dei “Tornadi” così come dei “Momento” sono polveri e sostanze inerti che sembrano reclamare una propria collocazione. Sono dei tentativi di dar “forma del vento”?

FP – Sono dei tentativi di dare forma alla leggerezza, al minimo che in un momento diventa universo. Come artista suggerisco collocazioni della materia, ma lo spettatore deve farla sua. Il vento per esempio non ha forma, ma muove le cose, le agita, da possibilità al caos e questo mi attira moltissimo. Nella serie “Tornadi”, per esempio, specialmente nei primi che ho fatto, il processo e la materia usata per disegnarli è la stessa che li forma nella realtà; usavo la microsabbiatrice (aria compressa) e i pigmenti in polvere per disegnare un tornado, il quale è fatto di polvere e vento.

CS – L’attenzione che dai nel tuo lavoro al camminare nel paesaggio, a luce, vento, nuvole, stelle e ai fenomeni sublimi in generale, sono riconducibili ad una innata sensibilità per l’ecosistema?

FP – Una notte ho deciso di fare del cielo il mio focus artistico, ero sulla Puna argentina in altura e mi sembrava assurdo credere di avere un senso o una minima rilevanza in mezzo a quella concentrazione di galassie sulla mia testa. Ho pensato che l’uomo solo non ha senso, ma ha senso l’umanità, ha senso cercare di influenzare anche di un “quasi nulla” il percorso dell’umanità e oggi dobbiamo fare una grande virata e guardare, ascoltare la natura. Attraversare, camminare, fare profonda esperienza del paesaggio non è una passatempo da flaneur ma oggi è una via di salvezza per l’umanità. Camminare per me è un medium come disegnare, è un guardare le cose per capirne la natura, una pratica lenta osservativa ed esperienziale.

Fino a giovedì 6 dicembre 2018
Galleria Milano

Gli Strumenti del Cielo - Francesco Pedrini,  Galleria Milano - Photo @ Pier Parimbelli
Gli Strumenti del Cielo – Francesco Pedrini, Galleria Milano – Photo @ Pier Parimbelli
Tornado#7, 2017_grafite, carboncino, pigmenti su carta Kozo, cm 100x140 - Courtesy l'artista e Galleria Milano
Tornado#7, 2017_grafite, carboncino, pigmenti su carta Kozo, cm 100×140 – Courtesy l’artista e Galleria Milano