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Giovanni Anselmo. Oltre l’orizzonte | MAXXI, Roma

In mostra al MAXXI venticinque opere di Giovanni Anselmo, da quelle più emblematiche ad alcune delle più recenti - tra cui l’ultima opera concepita per la mostra retrospettiva del Guggenheim di Bilbao.

Organizzata dal MAXXI, in collaborazione con il Guggenheim Museum Bilbao, la mostra Giovanni Anselmo. Oltre l’orizzonte prosegue la ricerca avviata dalla curatrice Gloria Moure evidenziando la radicalità e il carattere di assoluta innovazione propri della sperimentazione di una delle figure chiave dell’arte italiana. Beyond the Horizon è infatti il titolo della mostra retrospettiva – alla realizzazione della quale hanno partecipato sia l’Archivio Giovanni Anselmo che l’artista, venuto a mancare a pochi giorni dall’inaugurazione – che il Guggenheim di Bilbao ha dedicato lo scorso febbraio a uno degli esponenti di un movimento, quello dell’Arte Povera, che ha descritto le tensioni rivoluzionarie di una generazione artistica tra gli anni Sessanta e Settanta. Entrambe le mostre rivelano il carattere di assoluta peculiarità della ricerca di Anselmo, che intreccia azzeramento, pensiero, linguaggio e azione.

In mostra al MAXXI, venticinque opere, da quelle più emblematiche [Senza Titolo (Struttura che mangia), 1968; Torsione, 1968; Lato destro, 1970; Particolare di infinito, 1969-1978; Entrare nell’opera, 1971] ad alcune delle più recenti – tra cui l’ultima, concepita per l’esposizione di Bilbao – si relazionano tra di loro nella suggestiva galleria 5. Interamente ripensato, il progetto espositivo prende forma all’interno di un’arena aperta in cui le architetture, ma soprattutto, lo spazio e le sue facoltà, entrano in campo per costruire una prospettiva di scambi, aperture, reti di forze contrarie e centrifughe. È in questo sistema di relazioni spaziali, quindi, che si costruisce, in prima battuta, il percorso espositivo, ideato per seguire un asse cronologico in cui la temporalità viene ripensata per sfuggire al concetto di tempo e storia progressivi, adottando una visione in cui la causalità appartiene alla materia; ad essa e alle sue proprietà come intrinsecamente legate all’esserci, allo stare situato nel mondo e a ciò che consente di percepire noi stessi, e l’opera, come parte di un tutto guarda, dunque, Anselmo: finito e infinito si intrecciano per confondersi.

Giovanni Anselmo durante l’allestimento della mostra “Identitè Italienne. L’art en Italie depuis 1959”, 1981, Parigi, Centre Pompidou. foto © Nanda Lanfranco Centro Archivi MAXXI Arte, Fondo Incontri Internazionali d’Arte Courtesy Fondazione MAXXI

La serie Particolare  (composta da dispositivi che proiettano una diapositiva con la scritta PARTICOLARE in un punto specifico dello spazio, realizzata a partire dal 1972 e concepita da Anselmo in occasione della sua personale alla Galleria Sperone di Torino) costituisce una traccia indiziale – per impiegare un termine caro agli artisti degli anni Settanta – che punteggia tutto il Museo, dal guardaroba ai corridoi che introducono alla galleria 5; “particolare” diventa una didascalia per descrivere il processo innescato dall’opera, stabilendo una dimensione spaziale non gerarchica, in grado di ribadire il legame della parte con il tutto. Su Data, nel 1972, Anselmo racconta alcuni aspetti riguardanti la sua produzione tra il 1966 e il 1971, passandone in rassegna, con un carattere tipicamente descrittivo, alcune proprietà, con l’intento evidente di risignificare il gesto e la semantica di ciascun “oggetto” d’arte: “[…] L’oggetto tradizionale è ridotto al minimo, e comunque esiste solo in funzione della tensione, dell’energia. L’opera è energia ed è in funzione del mio vivere”. L’opera è energia: ciò che lo interessa, già a questa altezza cronologica, è la possibilità di risignificare il proprio rapporto – e quello dello spettatore – con l’opera d’arte a partire da alcuni assunti che rimarranno dei punti fermi lungo tutta la sua carriera: totalità, energia, visibile e invisibile, finito e infinito, fisicità, spazio e tempo fanno parte di una ricerca protesa alla definizione di una grammatica pienamente cosciente della potenzialità di ri-significazione dell’universo simbolico, e sensibile, dell’artista, dell’arte e del suo pubblico. 
Arte povera, azioni povere: “Uso qui la pietra perché l’universo non è solo massa ma anche peso, e la pietra m’interessa appunto per il suo peso. […] E’ nel 1968 che costruisco la Struttura che beve, Struttura che mangia e le Torsioni, in cui vari materiali sono utilizzati per altre proprietà che non siano solo il loro peso. Nella Struttura che beve, infatti, il cotone, per le sue proprietà, porta fuori l’acqua dal contenitore di acciaio in cui si trova, e ciò perché voglio fare un lavoro che appena c’è si spieghi da solo, facendo venir fuori quello che ha dentro.

Giovanni Anselmo Dissolvenza, 1970 Ferro, proiettore, diapositiva con la scritta “dissolvenza” – Iron, projector, slide with the word ‘dissolvenza’ Collezione dell’artista Collection of the Artist / Archivio Giovanni Anselmo ETS foto © Giorgio Benni Courtesy Fondazione MAXXI
Giovanni Anselmo, Nicola De Maria, Giuseppe Penone, “Identitè Italienne. L’art en Italie depuis 1959”, 1981, Parigi, Centre Pompidou foto © Nanda Lanfranco Centro Archivi MAXXI Arte, Fondo Incontri Internazionali d’Arte Courtesy Fondazione MAXXI

Nelle Torsioni (ne ho fatte due: una in cemento-pelle-legno e l’altra in fustagno-ferro) l’energia che io trasmetto all’opera compiendo un movimento di torsione – e che accumulo sull’opera grazie al peso del cemento o della barra di ferro infilata nel fustagno esercitano una spinta reale (di ritorno).  
Nella Struttura che mangia c’è un blocco di granito piccolo legato a un blocco grande (ho fatto levigare entrambi perché non offrissero appigli); il blocco piccolo non cade al suolo finché i vegetali che si trovano pressati tra i due blocchi non diminuiscono di volume disidratandosi” (Giovanni Anselmo in “Data”, n. 2, Milano, febbraio 1972, pp. 55-61).
È un episodio, i cui confini ormai sfociano nella mitologia personale, che racconta della vocazione di Anselmo: il 16 agosto del 1965 l’artista assiste al sorgere del sole dalla cima del vulcano Stromboli; in quella circostanza, data la sua posizione e la rifrazione della luce, Anselmo ha la sensazione di un’esperienza epifanica, con la proiezione verso l’alto della sua ombra: “La mia persona, mediante l’ombra invisibile, ha avuto un contatto con la luce, con l’infinito”. A tal proposito, in Entrare nell’opera, la stampa fotografica su tela, lunga quasi quattro metri, realizzata da Anselmo nel 1971 ed esposta in mostra, è altrettanto epifanica ed emblematica la comparsa dell’artista. L’opera si presenta come un vero e proprio statement: dall’alto, la sagoma di spalle di Anselmo viene colta in una corsa, con la gamba sinistra leggermente sollevata, mentre si allontana fotografata all’interno di un paesaggio senza orizzonte. Anselmo – forse facendo il verso alla grande pittura di storia con i suoi protagonisti ritratti in pose eroiche all’interno di paesaggi più o meno idealizzati – si è qui ritratto posizionando la macchina fotografica su un cavalletto e mettendo a fuoco un punto nel paesaggio: immagine-tempo e immagine-azione corrispondono. Se lo scarto tra le due, l’immagine e l’azione, è azzerato, significa che è l’artista a catturare e congelare l’istante nel giro di uno scatto. In Lato destro (1970) – un autoritratto tra i più celebri di Anselmo – la tautologia che compare sulla fotografia non è altro che un’inversione di prospettiva, dall’artista allo spettatore, nel tentativo, ancora una volta, di rendere immediata la corrispondenza immagine-azione, di intessere un dialogo sottile e impalpabile con la possibilità di immaginarci nello spazio e, al contempo, al di fuori di esso, ancora una volta mutando la percezione e ribaltandola attraverso un nuovo linguaggio senza tempo. 

Giovanni Anselmo, Senza titolo (Specchio), 1968 Vetro specchiante capovolto, cotone – Mirror glass backside, cotton Collezione dell’artista Collection of the Artist / Archivio Giovanni Anselmo ETS foto © Giorgio Benni Courtesy Fondazione MAXXI
Giovanni Anselmo Senza titolo, 1988-1990 Pietra, tela, cavo d’acciaio e nodo scorsoio – Stone, canvas, stee cable and slipknot Collezione dell’artista Collection of the Artist / Archivio Giovanni Anselmo ETS & Bernier/Eliades Gallery, Atene Athens foto © Giorgio Benni Courtesy Fondazione MAXXI
Giovanni Anselmo Linea terra, 1970 foto © Paolo Mussat Sartor Centro Archivi MAXXI Arte, Fondo Incontri Internazionali d’Arte Courtesy Fondazione MAXXI