Per analogiam è una mostra silente e siderale, termine quest’ultimo utilizzato più volte nel testo critico scritto da Elena Volpato per l’antologica di Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, Chieti, 1968), in mostra alla GAM di Torino. L’esposizione, visibile fino al 17 marzo 2024, raccoglie un’ampia selezione di ventisette opere realizzate dal 1995 fino ai giorni nostri, cinque delle quali prodotte per l’occasione, mentre nel giardino del museo è stata allestita l’opera dal titolo Quando nessuno mi vede.
L’aggettivo silente rimarca l’assenza di una determinata tipologia di allestimento, in questo modo la spigolosa struttura del museo si palesa in tutta la sua spazialità architettonica. In un dialogo continuo e reciproco le opere dell’artista esaltano i pieni e i vuoti del corpo di fabbrica, le luci e le ombre, le profondità, le pause, i silenzi e il fascino dell’archetipo, visibile in ogni singola scultura che si appropria concettualmente e fisicamente del suo spazio, del suo microcosmo.
L’intera operazione accoglie un lavoro materico e simbolico dove i volumi, le forme naturali e quelle sintetiche sono parte integrante di un immaginario cosmogonico, all’interno del quale ogni opera conduce a una processualità che va ben al di là della costruzione figurativa nella quale è racchiusa. L’atto di contemplare l’opera suggerisce al fruitore un’azione filosofica volta ad errare dall’elemento stesso, inteso sia come rappresentazione che come presentazione del gesto artistico.
Il solido marmoreo, le piante, i semi e la polvere di zucchero sono elementi narrativi e formali che acquisiscono all’interno della personale e sentimentale ricerca di Caravaggio, una nuova linfa e un significato riflessivo inedito.
Ne consegue che entrare nello spazio espositivo concepito da Gianni Caravaggio ci permette di comprendere, come affermava Heidegger in “Essere e tempo”, che l’uomo è nel segno del tempo e quindi appartiene a una realtà temporale, carica di semplici presenze che l’artista trasforma in strumenti di comprensione della propria realtà. Attraverso un linguaggio ibrido dove il pensiero astratto e quello tangibile si incontrano sotto vari punti di formalizzazione e osservazione, Gianni Caravaggio ci introduce in un percorso di carattere evocativo dove è possibile percepire un sentire spirituale e magico.
Mentre per quanto riguarda l’idea di siderale, altro aggettivo, l’espressione concerne a un’attenzione immersiva e luministica dell’intera mostra e che restituisce al pubblico un’ambientazione di carattere sacro e contemplativo. Da qui si costruisce, tra materiale e immateriale, un rapporto esclusivo che collega l’opera e il visitatore, in una relazione che esalta il pensiero e un percorso interiore che supera l’umano e il conosciuto, esaspera le limitazioni fisiche del vuoto interstellare e raggiunge vette inesplorate dove il tempo, lo spazio e la ragione raggiungono un equilibrio universale.