Venerdì 26 maggio alle ore 17.00 è in programma la conferenza inaugurale di The Blank ArtDate 2017 – Sacro / Sagra “EX VOTO: DEVOZIONE O INSORGENZA?“, realizzata in collaborazione con il Museo Adriano Bernareggi, che ospita l’evento nella Sala Ipogea.
Il relatore Gian Antonio Gilli proporrà un viaggio attraverso le tavolette votive che, tradizionalmente considerate semplice espressione di devozione, si rivelano episodi della dialettica tra individuo e comunità.
Gian Antonio Gilli è sociologo e professore presso l’Università del Piemonte Orientale. Da decenni studia l’esperienza religiosa nelle sue manifestazioni più materiali, fra cui le offerte votive degli ex voto ed è interessato a indagare la trasformazione delle strutture organizzative e l’adattamento dei singoli a tali strutture. Nel 2011 ha collaborato con Roberto Cuoghi con cui ha strutturato il progetto “Solid Void” e pubblicato “Arcaici Specialisti”.
Ha collaborato inoltre con altri diversi artisti contemporanei, tra i quali ricordiamo Manuele Cerruti, Gabriele De Santis, Cleo Fariselli, Francesca Ferreri, Laura Pugno.
ATPdiary gli ha posto alcune domande.
ATP: Partendo dal titolo dell’intervento, come mai si chiede se gli ex voto rimandino ad un aspetto di “devozione” e/o di “insorgenza”? Cosa possono comunicarci questi oggetti?
Gian Antonio Grilli: C’è un grosso equivoco sugli ex voto. Tutta la letteratura in materia parla dell’ex voto come di una espressione di devozione e guarda al donatore come ad un membro perfettamente rappresentativo di una comunità devota. A me sembra un quadro falso, e nel mio libro ho cercato di criticarlo e di sostituirlo con un altro. Sono partito dalla nozione di devozione, e dai sospetti sulla devozione, che si ricavano dalle parole di Gesù: “Quando pregate, non siate come gli hypokritai, che amano pregare stando ritti in piedi nelle sinagoghe o agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini: Tu, quando preghi, vai nella tua stanza eccetera” (Matteo 6.5). Per il Vangelo, insomma, devozione è il rapporto interiore e segreto col Padre, – il resto è fatto per ‘essere visti dagli uomini’. Per chi pensa di avere ricevuto una grazia, allora, l’unica risposta davvero ‘devota’ – secondo il Vangelo – sarebbe un ringraziamento profondo, interiore, al Padre. Accendere un cero, far dire delle Messe, parlarne nella comunità sono comportamenti sempre più vistosi, sempre più fatti “per gli uomini”, ma il più vistoso di tutti è senz’altro l’offerta di un ex voto: un oggetto che dichiara pubblicamente e per sempre che un Entità soprannaturale è entrata in benefico contatto col soggetto; un oggetto, si noti, che raffigura questo rapporto.
Ho cercato allora di analizzare nell’ex voto questa intenzione di ‘essere visti dagli uomini’. L’ho letto come una comunicazione rivolta alla propria comunità di appartenenza, in cui si afferma che il soggetto, la sua famiglia, è stato visitato da un’Entità soprannaturale, e dispensato di una Grazia. In sostanza, una dichiarazione di ascesa individuale. Ebbene, nell’equilibrio chiuso di una comunità, nella quale il sistema degli status è rigido, e ogni mobilità è impedita, una dichiarazione di questo tipo appare quasi ‘eversiva’, e non è un caso che la comunità non gradisca gli ex voto dei suoi componenti. Il donatore di un ex voto, insomma, non è affatto rappresentativo di una ‘comune devozione’, – è rappresentativo solo di se stesso. In breve, l’ex voto è sempre una manifestazione di individualismo, e ogni espressione di individualismo è invisa alla comunità.
In questo senso ho parlato di insorgenza. Una insorgenza che, naturalmente, non può essere spinta molto oltre, e di fatto l’ex voto deve, nel contempo, mostrare di adeguarsi ad alcuni principi vigenti nella comunità. E’ alla luce di questi principi (che ho analizzato nel mio libro come altrettanti “requisiti dell’ex voto”) che va letta la narrazione iconografica dell’ex voto.
ATP: L’ex voto viene sempre e ragionevolmente posto in una dimensione sacra e passata. Ma oggi ne esistono ancora? L’individuo di oggi rende ancora grazie a qualcosa o qualcuno di più grande di lui con qualcosa di concreto e quotidiano?
GAG: Una volta le donazioni di ex voto erano un fiume impetuoso, ora c’è solo più qualche rivoletto, e si ha l’impressione che chi lo fa voglia più che altro partecipare a una tradizione. Le ragioni di questa scomparsa non dipendono, io credo, dalla diminuzione del sentimento religioso, ma dalla radicale trasformazione delle comunità di riferimento, nei confronti delle quali, e quasi contro le quali, l’ex voto veniva presentato. L’ex voto era un modo per affermare il proprio sé individuale nei confronti di una comunità: se queste comunità non esistono più, non ha più senso presentare un ex voto.
Certamente, la sfera della religiosità ha conosciuto grossi cambiamenti, e questi sono rilevanti anche in materia di “grazia ricevuta”. Ho tuttavia l’impressione che queste conseguenze non riguardino tanto l’ex voto in sé, quanto piuttosto l’esperienza immediatamente a monte, ossia, appunto, la percezione di avere ricevuto una ‘grazia’. Pensiamo per esempio alle malattie o agli interventi chirurgici, che sono un buon 40% degli ex voto: l’enorme sviluppo della farmacologia e della strumentazione diagnostica e di intervento hanno reso la guarigione quasi interamente un fatto ‘umano’, lasciando poco spazio al soprannaturale. Detto diversamente, la percezione delle diverse (oscure) causalità che legano salute, malattia e guarigione è cambiata. Questo, di per sé, non significa necessariamente diminuzione della religiosità, ma significa, più probabilmente, una contrazione del do ut des, ossia dei rapporti di scambio tra il devoto e l’Entità soprannaturale.
ATP: In che misura queste tavolette votive sono interessanti da un punto di vista sociologico?
GAG: Dal punto di vista sociologico, una delle ragioni di interesse dell’ex voto, come ho detto, è il fatto che sono l’unica fonte, o quasi, che consente di scorgere e ricostruire le pulsioni individualistiche della gente comune. Senza gli ex voto, conosceremmo solo quelle dei grandi soggetti intellettuali che sapevano scrivere e potevano pubblicare. Altre ragioni di interesse sono legate ad aspetti particolari della raffigurazione: per esempio, il tema della spazialità, che deve fare conto della duplicità degli spazi evocati nella tavoletta – spazio umano e spazio soprannaturale – presenta problemi e suggerisce soluzioni che mi sembrano sostanzialmente diverse (una diversità ancora tutta da analizzare) rispetto a quelle presenti nello spazio pittorico comunemente noto.
Naturalmente, l’ex voto interessa poi la storia sociale, per la ricostruzione della cultura materiale di società ormai lontane. Anche se questa indagine va condotta con qualche cautela: gli appassionati di ex voto sanno che i graziati amano venire raffigurati con l’abito della festa, e persino con abiti che non possiederanno mai. Lo stesso per l’arredo domestico, e così via.
ATP: Ci descrive il suo rapporto con il mondo dell’arte? Ha collaborato con molti artisti tra cui Roberto Cuoghi, Manuele Cerrutti, Laura Pugno e molti altri. Come è nato il suo rapporto con The Blank?
GAG: In effetti, ho collaborato e collaboro tuttora con diversi artisti. Il mio contributo, se così posso chiamarlo, non consiste certo nel parlare delle opere dell’artista: mi sembra che non sia quella la mia utilità, e certamente non è la mia competenza. Sono tutti, ovviamente, artisti che apprezzo, ma non nomino nemmeno l’artista o il suo lavoro, cerco invece di parlare di miei temi di ricerca che mi sembra abbiano assonanza con le tematiche dell’artista. E poiché le mie tematiche sono prevalentemente ‘narrative’ e solo secondariamente ‘formali’, sono in grado di collaborare solo con artisti in cui intravedo analoghe preferenze.
Il mio rapporto con The Blank è sorto sullo sfondo di rapporti con artisti di Bergamo (Saverio Tonoli, Oscar Giaconia) ed è consistito nella partecipazione ad alcune iniziative di ArtDate 2017. Quel che soprattutto mi interessa, nell’azione di un’associazione come questa, è la sua valenza ‘pedagogica’ sull’arte contemporanea. Ho una piccolissima esperienza in materia, curo micro-esposizioni e presentazioni di artisti in un contesto montano estremamente marginale, certamente uno tra i più implausibili per iniziative di questo tipo. Ho osservato che le conferenze sull’arte tradizionale sono gradite perché (mi sembra) svolgono funzioni di rassicurazione; invece le esposizioni di arte contemporanea suscitano a dir poco inquietudine. Il mio obiettivo sarebbe che questa inquietudine, anziché essere esorcizzata, venisse accettata, nel senso che la persona intravedesse un rapporto tra questa inquietudine che sembra arrivare ‘da fuori’, e i propri oggetti interni, e ne ricavasse utilità. (II nome del mio progetto è, ottimisticamente, Bisogno di ispirazione).