Vincitrici della prima parte del progetto HIGHLIGHTS, il programma di residenza realizzato da The Blank in collaborazione con FARE con il sostegno di MiBACT e SIAE, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”, le due artiste soggiornano a Bergamo, nella Residenza di The Blank, dal 15 settembre al 15 ottobre 2018.
Interviene anche Cristina Rota, Project Manager The Blank Residency
Claudia Santeroni – Valentina, ho visto finalmente la mostra THAT’S IT al Mambo, e ho particolarmente apprezzato il tuo lavoro “Presente”.
Mi pare che l’assunto del tuo statement confluisca perfettamente in questo video: “Deformando entità preesistenti reinventa la realtà creando situazioni immersive utilizzando principalmente l’immagine in movimento”.
Valentina Furian – Sono molto legata al video come pratica artistica. È uno strumento che crea una sorta di legame con una realtà esterna a me; è un modo per creare una connessione, per avvicinare un qualcosa e mutarlo. In Presente, il video che mostra un’asina bianca camminare nelle sale museali in trasformazione che ospiteranno in seguito la mostra That’s it, espando lo spazio in una duplice temporalità, il video mi permette di narrare una presenza che diviene assenza. Si tratta di un artificio percepibile in questi termini solo attraverso la reale esperienza fisica dello spettatore al Museo.
CS – Il tuo progetto sviluppato a Bergamo è incentrato sull’indagine dell’architettura e al tema degli homeless. Mi interessa approfondire come un lavoro così visivamente poetico/onirico come il tuo dipani spesso da dati di realtà concreti.
VF – Sono interessata a quell’intersezione che esiste tra realtà e fantasia. La linea orientata verso la realtà incrocia la linea diretta verso la fantasia proprio in quel momento che ha a che fare con l’onirico, utilizzo il tuo termine che credo si addica molto bene al concetto di cui stiamo parlando. Un po’ come quando appena prima di cadere nel sonno i pensieri si fanno concreti e la mente in quella fase crea un inganno a sé stessa, percependo reali degli elementi frutto della fantasia. Nella produzione dei miei lavori il percorso è esattamente l’inverso: attingo dalla realtà per creare un immaginario; l’artificio è il momento onirico che viene trascinato all’interno del lavoro e si manifesta nella relazione con nuove nature.
A Bergamo il progetto che sto sviluppando si intitola Almeno guarderemo alle stelle e pensa in maniera amorosa alla possibilità di vedere la volta celeste come il proprio riparo notturno. La parte progettuale ha previsto una collaborazione diretta con delle realtà del luogo. L’aspetto onirico si rivela nella volontà espressa nel titolo. Mentre il progetto riflette sulla condizione di abitare\dormire lo spazio urbano.
CS – Letizia, durante la nostra chiacchierata mi hai raccontato che provieni da una famiglia di tappezzieri e hai studiato scenografia. Mi sembra evidente come questo trascorso si sia immesso nella tua ricerca attuale, così tattile (tra l’altro la tua installazione Troppo Umano a Macao mi rimanda curiosamente alla scena della stanza giochi di The Wolf of Wall Street, ambiente rosa, morbido e interamente “rivestito”).
Letizia Scarpello – Hai ragione, non ci avevo mai pensato prima! In quel caso Martin Scorsese crea un gioco di opposti per cui infanzia e pastello fanno da sfondo a violenza e pornografia (lasciami passare i termini). Allo stesso modo io che purtroppo non sono Scorsese per la mostra a Macao ho deciso di lavorare sul contrasto inserendo un ambiente fin troppo morbido e ovattato all’interno di uno degli spazi underground più in voga della città, nonché ex borsa del macello di Milano. L’opera è la stanza, non attraversabile dal pubblico, una scatola ricoperta di moquette e tessuti da tappezzeria che si, provengono dai fornitori di famiglia come spesso accade nel mio lavoro. La tappezzeria nel suo approccio fisico e preziosamente manuale all’ambiente influenza insieme allo studio del teatro e della danza, che ho praticato per oltre dieci anni quotidianamente il modo in cui indago le idee di movimento e relazione, i soggetti principali della mia ricerca artistica.
CS – A Bergamo perseguirai l’indagine materiale – cromatica, con un’attenzione anche ai negozi di via Quarenghi, la via della sede della Residenza di The Blank, famosa per essere la strada più multiculturale di Bergamo.
LS – Si, diciamo che ho approfittato di questo mese di residenza per poter scavare nel mio subconscio. The Blank costituisce una specie di ritiro spirituale per me. Nel senso che a Bergamo ho deciso di approfondire i riflessi incondizionati da cui il mio lavoro solitamente si concretizza, il colore, espanso sotto forme e supporti diversi. Il team dell’organizzazione mi ha accolta calorosamente insieme alla strepitosa multietnica popolazione locale e insieme mi hanno ispirata a produrre una serie di interventi per l’open studio che come accennavi non prescinderanno dal contesto della via in cui lavoriamo. Ad un certo punto la mia pratica espressiva si piega alle condizioni dello spazio fisico in cui mi trovo a produrre, sempre e comunque.
CS – Cristina, da anni coordini la Residenza d’artista di The Blank. Vorrei avere il tuo punto di vista sul ruolo e l’importanza che possiedono progetti come questi, evidenziando criticamente anche gli aspetti di complessità organizzativa, rapportati soprattutto ad una città come Bergamo.
Cristina Rota – La residenza d’artista rappresenta un’occasione di crescita e sviluppo sia per gli artisti che per The Blank, perché grazie alle ricerche e alle ricerche degli artisti ospiti offre la possibilità di penetrare le varie realtà legate al territorio e non solo quelle riferite all’ambito artistico. La dimensione della città di Bergamo favorisce l’accesso quasi diretto e immediato con persone e realtà e questo è sicuramente un fattore di ricchezza. Difficoltà organizzative si presentano di volta in volta anche in base alle esigenze degli artisti, a partire dalle limitazioni degli spazi che grazie alla disponibilità e alla collaborazione delle realtà locali, come l’Accademia di belle arti G. Carrara, sono via via superate.La sfida alla base del programma di residenza è di far sì che l’esperienza degli artisti e della staff non sia solo un’esperienza professionale ma ricrei un contesto anche familiare.