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Franco Vaccari | Migrazioni del reale | P420, Bologna

CHIAMARE IN GALLERIA PRIMA DELLA VISITA — La tematica del sogno ha affascinato intellettuali e artisti di ogni tempo. L’alone di mistero che avvolge le manifestazioni oniriche è il tratto che più li ha incuriositi, convinti che la realtà non potesse raggiungere il medesimo grado di imprevedibilità. I due territori, quello del sogno e del […]

Franco Vaccari, Migrazione del reale, 2020, installation view, Courtesy P420, Bologna (photo Carlo Favero)

CHIAMARE IN GALLERIA PRIMA DELLA VISITA —

La tematica del sogno ha affascinato intellettuali e artisti di ogni tempo. L’alone di mistero che avvolge le manifestazioni oniriche è il tratto che più li ha incuriositi, convinti che la realtà non potesse raggiungere il medesimo grado di imprevedibilità. I due territori, quello del sogno e del reale, risultano tuttavia strettamente correlati, e in Franco Vaccari giungono in qualche modo a coesistere in maniera ambivalente: in certi casi, la dimensione onirica coinfluisce in quella reale, in altri la prima può addirittura prepararci ad affrontare la seconda.

Migrazioni del reale, prima personale dedicata all’artista dalla Galleria P420 di Bologna, prende spunto proprio da queste premesse, concentrandosi in particolare sugli aspetti che legano la realtà al sogno (e non viceversa). La mostra, aperta fino al 21 marzo 2020, si compone di undici opere – compresa una video-installazione inedita – le quali affondano le proprie radici nelle ricerche che Vaccari intraprese intorno alla metà degli anni Settanta, quando la tematica del sogno cominciò a guadagnare terreno nelle sue sperimentazioni. Dapprima lo fece invadendo scenari già conosciuti, quelli delle Esposizioni in tempo reale – la prima a sfondo onirico è la numero 9 del 1975 – mentre in seguito assunse una propria identità con le opere derivate dai taccuini sui quali Vaccari appuntava di volta in volta le visioni che aveva durante i sogni. Proprio a queste ultime fanno riferimento le dieci stampe su tela presenti nella prima sala della galleria, realizzate a partire dagli anni Ottanta, che anticipano la grande proiezione video della sala successiva: il percorso costituisce una sorta di processo onirico inverso in quanto lo spettatore, inizialmente proiettato in un mondo (apparentemente) lontano dalla realtà, si ritrova poi immerso in una dimensione ancestrale, ma realmente accaduta – il video ripropone infatti l’andamento dell’asteroide interstellare Oumuamua che nel 2017 raggiunse la distanza di soli 24 milioni di km dalla Terra.

Franco Vaccari, Sogno del 4_11_1985, 2017, tecnica mista e stampa fotografica su tela, Courtesy the artist & P420, Bologna (photo Carlo Favero)
Franco Vaccari, Migrazione del reale, 2020, installation view, Courtesy P420, Bologna (photo Carlo Favero)
Franco Vaccari, Sogno 3-4-82, 2017, tecnica mista e stampa fotografica su tela, Courtesy the artist & P420, Bologna (photo Carlo Favero)

Il principio che governa l’esposizione si ricollega così alla stessa idea di sogno elaborata da Vaccari, ossia quella di un “attivatore di realtà”, di un “pretesto per dirottare una situazione apparentemente definita verso esiti imprevisti, verso il reale inaspettato”. Dietro queste parole si nascondono, a ben dire, molte delle intuizioni che l’artista raccolse nel saggio Fotografia e inconscio tecnologico pubblicato nel 1979: così come non è in grado di prevedere gli esiti dell’utilizzo di un apparecchio fotografico, perché autonomo e indipendente rispetto allo sguardo e ai propositi dell’uomo, quest’ultimo non può nemmeno predire ciò che gli succederà in futuro. La fotografia ha il potere di innescare comportamenti totalmente inattesi e slegati dal volere del fotografo – le Esposizioni in tempo reale ne danno una prova – e lo stesso si può dire per il sogno e la realtà: entrambi possono produrre situazioni tanto surreali quanto potenzialmente possibili. Il video in mostra risulta indicativo in tal senso: una condizione fino a quel momento improbabile, come si potrebbe ipotizzare nel caso di un sogno, si realizza effettivamente – il nome “Oumuamua”, che in hawaiano vuol dire “messaggero che arriva per primo da lontano”, rivela non solo l’origine misteriosa dell’oggetto, ma anche il fascino che ha suscitato in coloro che per primi si sono imbattuti in qualcosa di mai visto prima.

Quanto la vita può essere imprevedibile al pari del sogni e quanto i sogni sono intrisi delle visioni che abbiamo del reale? Sembra ruotare attorno a queste domande la ricerca di Franco Vaccari. “Non mi interessa la dimensione surreale o straniante – afferma – È la dimensione “reale” del sogno ad attirarmi. Il mondo reale si è svuotato di realtà mentre questa, contemporaneamente, è migrata verso il territorio del sogno”. Dopo i diari trasformati in opere, i quali razionalmente ci portano a concludere che si tratta di qualcosa di “non vero”, il confine si fa più labile davanti all’affascinante proiezione video: senza una didascalia che ne spieghi l’origine, si potrebbe tranquillamente arrivare ad affermare che si tratti di una suggestiva costruzione onirica, “irreale”, fatta ad hoc per l’occasione. Invece, la ricostruzione che ci troviamo di fronte è quella di un evento realmente accaduto. Ad occhi aperti, e in maniera razionale, tutti siamo in grado di discernere i sogni dalla realtà. Ma ad occhi chiusi?

Franco Vaccari – Migrazioni dal reale
P420, Bologna
Dal 25 gennaio 2020 al 21 marzo 2020

Franco Vaccari, Oumuamua (messaggero che arriva per primo da lontano), 2020, video installazione, Courtesy the artist & P420, Bologna (courtesy credit ESOM. Kornmesser, USA)
Franco Vaccari, Migrazione del reale, 2020, installation view, Courtesy P420, Bologna (photo Carlo Favero)