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Paesaggio / Francis Offman | QUOTIDIANA al Museo di Roma – Palazzo Braschi

Paesaggio è uno dei due cicli espositivi del programma Quotidiana in corso al Museo di Roma – Palazzo Braschi, ideato e prodotto dalla Quadriennale, in collaborazione con Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, per approfondire criticamente alcuni orientamenti significativi dell’arte italiana del XXI secolo. Ogni due mesi sei curatori [tre italiani e tre stranieri] […]

Francis Offman | QUOTIDIANA al Museo di Roma – Palazzo Braschi -Installation View – Foto Carlo Romano

Paesaggio è uno dei due cicli espositivi del programma Quotidiana in corso al Museo di Roma – Palazzo Braschi, ideato e prodotto dalla Quadriennale, in collaborazione con Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, per approfondire criticamente alcuni orientamenti significativi dell’arte italiana del XXI secolo. Ogni due mesi sei curatori [tre italiani e tre stranieri] riflettono su traiettorie artistiche e ricerche di particolare interesse, attraverso un testo critico e una mostra composta da poche opere essenziali, con l’obiettivo di approfondire alcuni orientamenti significativi dell’arte italiana del XXI secolo.

La prima mostra, aperta al pubblico lo scorso 16 settembre, è dedicata a Francis Offman ed è stata introdotta da un’approfondita conversazione tra l’artista e Hans Ulrich Obrist.
Offman, che all’Accademia di Belle Arti di Bologna ha studiato con Luca Bertolo, è particolarmente legato a una pratica in cui l’etica dei materiali entra visceralmente a far parte della prassi artistica. In occasione del proprio intervento a Palazzo Braschi ha esposto due significativi nuclei di opere: un’installazione in cui alcuni libri [la Bibbia tradotta in lingua kinyarwanda, un testo di grammatica francese del 1900, una serie di racconti brevi provenienti da tutto il mondo, ma le cui copertine sono velate da uno strato di caffè che rende impossibile determinarne il contenuto]; un grande monocromo di oltre due metri – che l’artista costruisce e articola come se fosse un planisfero in cui è impossibile determinare frontiere – posto in relazione con l’installazione dei libri.

Rifuggire dalla teatralizzazione dei contenuti e allontanare l’eco fantasmatica della spettacolarità è una costante nel lavoro di Offman, come in questo caso in cui ad essere affrontate sono questioni nodali, politiche e storiche, transgenerazionali e transnazionali. Come afferma l’artista “il lavoro che esponiamo a Roma – e che parla di un genocidio – ti dimostra che c’è modo e modo per affrontare dei problemi, per dare un pugno nello stomaco senza necessariamente inseguire effetti di spettacolarità e, magari, aprendo a visioni più complesse che si prestino a diverse interpretazioni.[..] Ho messo al centro la Bibbia che mia madre leggeva durante il genocidio pensando che anche lei, come tanti altri della sua generazione, abbia lasciato indietro tutto il sapere che il mio popolo si era tramandato per millenni nel momento in cui qualcos’altro è subentrato. […] E vedere mia madre in, quegli anni, stringersi a questa Bibbia, mi ha fatto venire voglia di fermarla con un calibro, per misurarne il valore. Però, appunto, anche il calibro dimostra tutta la sua inaffidabilità, non solo perché non è in grado di compiere la misurazione che gli è richiesta, ma anche perché è proprio lo strumento che venne utilizzato per determinare la differenza etnica tra tutsi e hutu nel mio Paese, o anche lo strumento usato da Cesare Lombroso.”

Francis Offman | QUOTIDIANA al Museo di Roma – Palazzo Braschi -Installation View – Foto Carlo Romano

Personale e collettivo perdono qualunque idiosincrasia per riavvicinarsi sotto l’egida di una pratica attenta alle questioni cruciali che riguardano la storia dell’Uomo e della società tutta, ma anche nel tentativo di applicare all’arte, senza forzatura alcuna, un moto di spinta verso un effettivo coinvolgimento nel mondo, un essere-nel-mondo che contestualizza e apre alle varianti interpretative di chi si approccia al lavoro. Anche nel caso dei lavori più propriamente pittorici – se di questa distinzione manichea sia possibile parlare, soprattutto all’interno della pratica organica di un artista che declina i contenuti secondo i mezzi e gli strumenti che ha a disposizione – la preparazione del supporto spesso con un fondo ottenuto dalla lavorazione del caffè miscelato con gesso, colla e pigmento, rispecchia un interesse non episodico per la lavorazione dei materiali di scarto, o meglio, di reimpiego, come si direbbe per i cantieri delle antiche maestranze. Ho sempre considerato una sfida utilizzare il materiale che avevo a disposizione, perché è come se il mio gesto si connettesse con una storia precedente. […] In Ruanda realizziamo oggetti che non devono poi rivelarsi un peso per le generazioni future, oggetti destinati a morire con noi, con la nostra generazione, in modo che quella successiva sia libera di creare qualcosa di nuovo. Il caffè, gli incarti del pane, la carta da pacco, le vecchie lenzuola e i lacerti di carte, magari già dipinte e mai utilizzate da altri, si dispiegano attraverso una tecnica di reimpiego con cui Offman si prende cura degli scarti. I dipinti allora diventano dei palinsesti, acquistano un volume specifico pur orchestrandosi sulla parete, assumono su di loro una persistenza della materia. 

Nell’ambito di Quotidiana, il ciclo espositivo Portfolio, un’introduzione agli artisti italiani under 35 selezionati dalla Direzione artistica della Quadriennale in collaborazione con la curatrice in residenza Gaia Bobò, intende presentare attraverso una sola opera e un portfolio la ricerca di ciascun artista coinvolto: Alessio Barchitta [che ha presentato il proprio lavoro dal 16 settembre al 9 ottobre] e Daniele di Girolamo [che sarà coinvolto nel progetto espositivo dal 13 ottobre al 13 novembre] sono i nomi di due degli undici artisti chiamati a far parte del progetto. 

Francis Offman | QUOTIDIANA al Museo di Roma – Palazzo Braschi -Installation View – Foto Carlo Romano