Ha aperto il 21 giugno Fondante, mostra ospitata nelle sale del Museo della Frutta a Torino, un’esposizione diluita in otto episodi per altrettanti artisti che progressivamente si mescoleranno con le loro opere nelle suggestive sale del piccolo museo dedicato agli studi sulla frutta dello scienziato torinese Francesco Garnier Valletti.
Abbiamo rivolto alcune domande al suo organizzatore, il gallerista Giorgio Galotti, per farci spiegare meglio i motivi e le intenzioni dietro questa mostra.
Mattia Solari: Come nasce la collaborazione fra il Museo della Frutta e la mostra Fondante? Qual era il tuo intento nelle vesti di curatore e organizzatore?
Giorgio Galotti: La mostra è scaturita dalla necessità di avviare un’estensione del programma della galleria in altri luoghi, come preannunciato all’apertura del nuovo spazio espositivo di Via Beinasco. Per “altri luoghi” intendo spazi, istituzionali o non, che possano stimolare gli artisti con cui collaboro o che rappresento, e porli nella situazione di partecipare a un’ambientazione che non segua i consueti canoni espositivi contemporanei, ma che gli consenta in piena libertà di entrare in relazione con il passato, ponendo ognuno di loro in una situazione di consapevolezza del ruolo odierno dell’artista.
Il Museo della Frutta, nello specifico, è stato uno dei primi luoghi che ho visitato quando mi sono trasferito a Torino, e mi ha colpito molto per il suo carattere, unico ma anche un po’ assurdo. Così quando ho avviato il dialogo con la direttrice del Museo – a cui devo gran parte del merito per aver recepito da subito il potenziale di questo progetto – ho avuto la sensazione che anche loro stessero aspettando qualcuno che potesse enfatizzarne le caratteristiche, non solo a livello didattico, ma anche progettuale. Per questo motivo tutto si è svolto in maniera piuttosto naturale.
MS: A cosa si deve il titolo? Come hai selezionato gli artisti?
GG: Il titolo prende spunto da una specie di pera, esattamente la numero 639, che Francesco Garnier Valletti, ovvero l’artista-artigiano autore delle copie delle centinaia di frutti esposti, aveva individuato tra le varie specie riprodotte come una delle pere primarie da cui creare le altre specie. Una sorta di costola di Adamo. Ho preso in prestito questo termine perché era attinente al principio della mostra che parte da un intervento e si dirama poi nei successivi andando a comporla nel tempo.
Gli artisti sono stati invitati rispettando la tematica principale del Museo, quindi in base al tipo di ricerca che conducono, molti dei quali già nella sfera di osservazione della mia galleria. Ogni artista ha così creato, ricomposto o proposto l’opera che sembrava più adatta per l’occasione, tranne nel caso di Salvo, la cui opera è stata scelta insieme alla figlia Norma, che ha avviato da poco l’archivio del padre.
MS: L’idea di diluire la mostra in otto capitoli si relaziona in qualche modo allo spazio? Vuole essere la costruzione di una narrazione temporale oppure ricalca il ciclo di maturazione della frutta?
GG: E’ una scelta voluta per dare il giusto tempo ai visitatori per entrare in relazione con il luogo, conoscerlo, e in un secondo momento avere la possibilità di entrare in relazione con un artista dei nostri giorni, per raccontare ancora qualcosa di attinente a questa tematica che da sempre influenza la ricerca degli artisti e oggi continua a farlo in modo differente. Nel passato un cesto di frutta era l’oggetto da ritrarre come simbolo di vanitas, oggi ad esempio la decomposizione organica di un elemento naturale è parte della ricerca di molti artisti perché è il modo più emblematico per raccontare il ciclo vitale a cui noi tutti siamo legati. Il passare del tempo, spesso, lo capiamo osservando l’evoluzione organica di un elemento, a partire dal nostro corpo.
Inoltre la formazione della mostra in un arco temporale circoscritto è in piena antitesi con il principio di mostra oggi, dove tutto si consuma in una serata, tradizionalmente quella inaugurale, o in una visita.
Qui invece si ha la possibilità di tornare nel luogo e vedere come la mostra matura nel tempo, esattamente come dici tu, in piena assonanza con la maturazione di un frutto.
MS: Come si svilupperà la mostra con i prossimi interventi negli spazi del Museo?
GG.: Sono otto capitoli in tutto con cadenza bisettimanale. Ogni 15 giorni, secondo un calendario prefissato, un artista alla volta entrerà nelle sale con un’opera posizionata in dialogo con il display del Museo. A corredo di questo processo inoltre ogni artista ha avuto la possibilità di invitare un amico, curatore o scrittore, che potesse redarre un testo per completare l’opera esposta.
Di seguito l’intero calendario in modo che i vostri lettori possano sapere già da ora le date dei futuri interventi. Dall’11 ottobre poi, con l’ingresso dell’ultima opera, la mostra sarà completata e visitabile per intero. Come un frutto maturo da addentare.
ADAM CRUCES (testo di Jo-ey Tang) – 21 Giugno
ANDERS HOLEN (testo di Domenico De Chirico) – 5 Luglio
JALA WAHID – 19 Luglio
STEPHANIE HIER (testo di Kuba Pieczarski) – 2 Agosto
RENATA DE BONIS (testo di Germano Dushà) – 30 Agosto
LUPO BORGONOVO (testo di Marianna Vecellio) – 13 Settembre
AUGUSTUS RUTH (testo di Gianluigi Ricuperati) – 27 Settembre
SALVO – 11 Ottobre