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The object is not there è il nome della scultura realizzata da Serena Porrati, giovane artista italiana, vincitrice del concorso At the heArt of forging, rivolto ad artisti italiani e internazionali, indetto nell’estate del 2015 da FOMAS Group di Osnago e curato da Careof. L’occasione di celebrare in un modo speciale i 60 anni di attività è stata data dalla decisione dei dirigenti dell’azienda di forgiati e anelli laminati in acciaio. La spinta motivazionale che ha dato l’avvio al progetto non è solamente da ricondursi all’amore e alla passione per l’arte contemporanea dei dirigenti, quanto dalla lungimirante decisione di far incontrare nel concreto due realtà tra loro distanti: quella dell’industria e quella dell’arte, celebrando un felice concubinato tra i due “mondi”.
Le due prospettive tra loro divergenti, incontrandosi, hanno generato qualcosa di nuovo che si svincola dal valore dell’oggetto artistico.
Come evidenziato dal titolo di questo articolo l’opera in sé sottolinea non tanto il valore dell’oggetto artistico quanto il valore del lavoro collettivo, ponendo l’accento sull’importanza di un’esperienza condivisa tra settori e mondi tra loro diversi e lontani. La scultura progettata da Serena Porrati si configura, quindi, come il risultato del dialogo e dell’impegno di maestranze ed abilità tecniche esecutive diverse tra loro: qui il lavoro si fa scuola ed esperienza di vita, coinvolgendo in modo attivo un considerevole numero di attori. È possibile sostenere che The object is not there è un lavoro che parla di orizzonti, l’occasione sia per gli operai dell’azienda sia per l’artista d’imparare ad usare e far parlare le coincidenze, strumentalizzando i propri limiti per aprire dei varchi. La questione del limite è ciò che effettivamente viene sottolineata da Gianni Bolongaro, presidente de La Marrana arteambientale, che pone l’accento proprio sull’importanza del confronto che l’artista ha avuto con i vincoli della vita e del quotidiano, così come dell’importante confronto che gli operai dell’azienda hanno avuto con i limiti delle macchine e della routine del proprio lavoro. Relazionarsi con un atto di creazione “puro”, ha scardinato in loro, seppur nei limiti del progetto in sé, le abitudini legate al registro dell’utile. I lavoratori dell’industria si sono trovati costretti a confrontarsi con dei requisiti diversi da quelli solitamente richiesti dagli abituali clienti. In questo caso hanno fatto i conti soprattutto con l’aspetto estetico del lavoro. L’opera d’arte si trova così immersa nel reale e, nello specifico, il lavoro di Serena Porrati si organizza attraverso il materiale di partenza agendo contemporaneamente sul piano delle forze e sul piano delle forme. The object is not there è una scultura che si configura come un grafico, si tratta di cinque pezzi a forma di vetta, forgiati in una lega composta al 97.08 % di ferro, componente che seppur di scarto è quotata in borsa, infatti sono proprio le quotazioni giornaliere a determinare l’altezza dei singoli elementi, fino a rappresentare alla fine della settimana un picco, una discesa e una stabilità, andando a rappresentare e indagare l’analisi dati di mercato, in particolare i “commodity futures” dell’Iron Ore Index. Non si tratta ovviamente di una rappresentazione chiusa ma qualcosa in divenire che viene “fissato” su un’opera. The object is not there è un lavoro che s’ispira alla nozione di Economia Generale del filosofo francese George Bataille e indaga l’idea di materia intesa come flusso presa nel suo inarrestabile movimento.
Il progetto, curato da Careof, aveva una giuria composta da Vincenzo De Bellis (Curatore per le Arti Visive al Walker Art Center di Minneapolis), Jannis Kounellis (artista), Gianni Bolongaro (presidente de La Marrana arteambientale) e da persone di Careof e della FOMAS.