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Florence Di Benedetto. Personale | Podbielski Contemporary, Parigi

Podbielski Contemporary presenta la mostra personale di Florence di Benedetto - a cura di Mauro Zanchi - dal 20 settembre al 17 novembre 2024 - A Paris Photo dal 7 al 10 novembre

Nei circa nove mesi che hanno preceduto la nostra nascita quante vite sono venute al mondo? E mentre stavamo nel ventre di nostra madre, quanti intrecci, connessioni, sincronicità, eventi sociali, accadimenti quotidiani individuali, storie personali o narrazioni letterarie, musiche o rumori, odori o profumi, visioni, sogni, hanno lasciato tracce nella nostra coscienza prenatale? Quando il nostro essere bambino si stava formando nell’oceano racchiuso nella placenta materna quanti fiumi e quante piogge hanno contribuito a tenere in vita tutto quello che ha bisogno dell’acqua per esistere e pulsare?

In Life Before me, Florence Di Benedetto ha immaginato di rispondere in modo indiretto a queste domande, raccogliendo corrispondenze di altre persone presenti in cartoline spedite tra marzo e dicembre del 1975, provenienti da diverse parti del mondo, nei mesi che hanno preceduto il momento della sua nascita. In queste cartoline vi sono tracce di altre vite, istanti della quotidianità, saluti da luoghi di vacanza o da gite turistiche, parole d’amore, messaggi, frasi in codice, segni calligrafici, passaggi mal scritti, cose che non sempre si riescono a dire, brevi resoconti, finzioni, nostalgie degli affetti. Tutte queste tracce non vengono mostrate, però. Rimangono segrete, protette, sul retro delle immagini fotografiche stampate nelle cartoline. Florence fotografa il recto e lo associa a un colore di fondo, l’unico mezzo da lei delegato a evocare un rapporto semantico tra ciò che viene mostrato e quello che rimane celato. È emblematica anche la scelta di fotografare qualcosa che già precedentemente era stato fotografato e stampato. Il sottile passaggio dà importanza soprattutto allo spessore fisico della cartolina, all’usura causata dal tempo, a tutto ciò che ha segnato e rovinato la superficie della carta, come se queste tracce servissero a rendere più evidente anche il peso specifico della memoria. Ogni cartolina ritrovata è qui intesa come oggetto scultoreo, da cui partire per reimmaginare qualcosa, per ogni fruitore in modo diverso e personale: forse memorie costituite della materia di cui son fatte le relazioni di ogni individuo, narrazioni intime, che nello spaziotempo si fondono in un mosaico di innumerevoli altre storie condivise, dentro eterni ritorni universali. Quando invece vengono mostrate le parole scritte sul retro delle cartoline, più storie sono collegate in un rapporto di vicinanza o lontananza, senza che il potere evocativo del linguaggio verbale sia necessariamente connesso con l’immagine dello sfondo.

La sequenza delle fotografie di queste cartoline, montata nel libro e in altra maniera sulla parete della mostra, sebbene sia strettamente connotata con i nove mesi precedenti il dicembre del 1975, trasmette anche un senso di connessione atemporale, dove ogni singola cartolina è al contempo una soglia e un punto di raccordo tra passato e presente, in cui confluiscono i pensieri di chiunque si prenda un momento per contemplare il flusso delle cose e riflettere. 

Altre due serie di fotografie realizzate da Florence indagano gli enigmi delle cose, quegli oggetti che hanno assorbito qualcosa delle persone che li hanno utilizzati nello scorrere del tempo, oggetti che conservano un’energia residua, assorbita attraverso il contatto diretto con le vite degli esseri umani. 

Florence Di Benedetto, Cose #3, © Florence Di Benedetto Courtesy Podbielski Contemporary, Milano

Una relazione privata è costituita da fotografie scattate in una casa estiva, dove gli oggetti lasciano intuire tracce di una storia d’amore, momenti successivi a qualcosa che risuona ancora e riecheggia in modo silente l’intimità di una coppia: un bicchiere posato sul comodino accanto al letto sfatto; un paio di occhiali posto sul materasso, vicino alle pieghe sinuose delle lenzuola bianche; uno slip femminile che pende da un attaccapanni da parete e dialoga col colore acquamarina della porta e con le ombre sulla parete; un libro aperto sul tavolo, letto da qualcuno che se n’è appena andato lasciando la sedia vuota; un’anta aperta dell’armadio d’altri tempi lascia scorgere il cuscino di riserva e le grucce senza abiti; una camicia bianca pare sdraiata come un animale domestico sopra una poltrona di velluto beige; una coppia di bicchieri, nel rapporto di intima vicinanza, pare suggerire qualcosa che è appena stato consumato o bevuto; tre salviette bianche sono appese sulla porta azzurrognola del bagno; un libro chiuso, dalla copertina rigida, soggiace sul piano marmoreo bianco di un cassettone.  Tutte queste presenze domestiche paiono evocare i significati sottesi ai correlativi oggettivi di Washington Allston e di Thomas Stearns Eliot, qualcosa la cui presenza permette la nascita di una certa emozione: «una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un’emozione particolare» (Thomas Strearns Eliot, The Sacred Wood: Essays on Poetry and Criticism, Londra 1920). Attraverso le fotografie di Una relazione privata queste sorgenze oggettive delle emozioni stanno sul limine tra una mera circostanza naturale, un artificio letterario, una proiezione sentimentale, una ripresa documentaria di una giornata feriale condivisa entro una sfera amorosa. Ogni sorta di oggettività incarnata dalle cose presenti nella casa estiva diventa di per sé lo schermo su cui proiettare i veri protagonisti di ciò che è stato vissuto negli spazi posti tra quelle pareti. Cosa è rimasto impresso – della tenerezza, della serenità, delle sensazioni delicate e della complicità sessuale della coppia di amanti – nella porosità degli oggetti presenti nella casa?

Un altro viaggio nel mistero degli oggetti caricati da presenze memoriali è indagato attraverso il progetto fotografico Cose. A seguito della scomparsa dei suoi genitori, Florence ha dovuto svuotare la casa di famiglia. Non potendo conservare tutto quello che era presente nelle stanze della sua infanzia, l’autrice ha dovuto selezionare e tenere alcuni oggetti piuttosto che altri. Cosa si conserva quando si è obbligati a fare una selezione estrema? Quali ricordi, nostalgie, sentimenti ed emozioni prevalgono mentre si deve decidere in tempi brevi quali saranno gli oggetti delegati a riattivare qualcosa che è venuto a mancare? Per trasformare i ricordi evocati dagli oggetti in qualcosa che fosse in grado di attivare nuove prospettive, Florence ha fotografato le “cose” in ambientazioni completamente diverse rispetto al contesto originario, in paesaggi naturali, o in luoghi anonimi, privi di connessioni con i ricordi familiari, innescando indirettamente dei cortocircuiti che richiamano echeggiamenti surrealisti, ispirati al noto scritto di Lautrémont: «Bello come l’incontro fortuito, su un tavolo di dissezione, di una macchina da cucire e di un ombrello» (Les Chants de Maldoror, Paris 1868). Cosa muove un ventilatore elettrico abbandonato in un campo, in prossimità dei boschi? Chi o cosa sta attendendo la sedia posta tra gli steli alti del frumentone? Quanto freddo silenzio ha assorbito la macchina da cucire abbandonata su una finestra di un luogo d’attesa? Sono scaturite così immagini sorprendenti, con rimandi a simbolismi mascherati, oltre la comprensione razionale e la quotidianità, dove gli oggetti paiono caricati da un portato animistico. Gli enigmi visivi richiamano a voce soffusa lo sguardo dei fruitori, coinvolti per rispondere personalmente alle domande aperte presenti nelle opere di Florence. 

Florence Di Benedetto, Una relazione privata #11, 2023, © Florence Di Benedetto Courtesy Podbielski Contemporary, Milano
Florence Di Benedetto, Life Before Me, 2024, © Florence Di Benedetto Courtesy Podbielski Contemporary, Milano.
Florence Di Benedetto, Life Before Me, 2024, © Florence Di Benedetto Courtesy Podbielski Contemporary, Milano