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Finn Theuws. Shedder Shredder | SpazioA, Pistoia

– Testo di Giulia Giacomelli – Nel project space della galleria SpazioA s’instaurano presenze cariche di tensione complici di un progetto di ritualità, la personale dall’artista olandese Finn Theuws (Amsterdam, 1997) dal titolo Shedder Shredder (fino al 10 settembre), il cui atto iniziatico non è altro che un gesto di distruzione e riformulazione di nuove logiche […]

Finn Theuws, Shedder Shredder, veduta della mostra, SpazioA, Pistoia

– Testo di Giulia Giacomelli

Nel project space della galleria SpazioA s’instaurano presenze cariche di tensione complici di un progetto di ritualità, la personale dall’artista olandese Finn Theuws (Amsterdam, 1997) dal titolo Shedder Shredder (fino al 10 settembre), il cui atto iniziatico non è altro che un gesto di distruzione e riformulazione di nuove logiche sociali legate alla mascolinità tossica e all’identità di genere. L’atto è però sospeso in una dimensione di non finito che si esplica in primo luogo attraverso il richiamo simbolico alla muta della vipera, fisicamente presente in mostra all’interno di una spirale metallica (Ctrl+Shedder 1.0, 2023). Un’evoluzione, dunque, che riflette la lotta dell’artista per la ricerca di nuove identità non ancora esplorate e riflessa nella parabola naturale del ricambio della pelle, che, anche se biologicamente imposta, viene rifiutata da chi la possiede. Distruzione e creazione sono parti dello stesso processo rivendicativo che utilizza le logiche antropologiche del rito di passaggio come più ampia metafora di una visione evoluzionistica della società, delle sue convinzioni e dei parametri classificatori ossidati nel tempo. La rigida imposizione di identità di genere è qui scardinata o, come allude il titolo, “triturata” e rovesciata contribuendo ad una rivalutazione della classica visione binaria limitante la propria libertà individuale. Ogni opera esposta è così caratterizzata da un binomio ossimorico: gli oggetti realizzati da Theuws si fanno carico di quella dualità tattile che vede costantemente contrapporsi alla morbidezza di una pelle logora e stracciata la ferita di un elemento metallico che racchiude, strizza e puntella. Il richiamo metaforico al cambiamento della pelle nei serpenti è presente anche in Exo-cobra (2023), dove la locuzione latineggiante permette di immaginare un movimento che dall’interno si rivolge verso l’esterno; lo strappo nella fodera di pelle del sedile non è altro che il compimento di questo passaggio. Tramite il rivestimento di un corpo a cui l’artista non sente più di appartenere, Cocoon (2023) è un assemblaggio di tessuti di pelle, di una sella e di un appendiabiti di metallo in cui la forza evocativa del bozzolo espressa nel titolo è una dichiarazione di auto-scoperta. Come un atto di trasmutazione larvale all’interno dell’involucro, così Theuws vuole evocare il processo di conoscenza del sé e della propria identità.

Finn Theuws, Shedder Shredder, veduta della mostra, SpazioA, Pistoia
Finn Theuws, In the palm of your hand, 2023, solette di scarpe da tennis, morsetti, cm 11 x 44 x 29

La stessa sensazione sgradevole dell’avere addosso un abito che appare come una gabbia conduce alla realizzazione di Untitled (b(f)f) (2023) e Untitled (2023), un duo complementare in cui la complessità delle esperienze corporee nella loro sessualità è accentuata dalla presenza di una pinza per capezzoli che afferra le estremità dei tessuti di cui sono composte le opere. Emblematiche nel loro simbolismo manipolatorio, le prese metalliche attanagliano e feriscono con la loro pressione qualcosa di così personale come i propri indumenti. In the palm of your hand (2023) presenta il medesimo modus operandi, solo che al posto dei jeans l’artista ha utilizzato un paio di solette per scarpe da tennis. In questo caso il blocco delle pinze è un tentativo di controllo sociale e suggerisce una maggiore sensazione di restrizione, nonché di claustrofobia, per essere intrappolati all’interno di qualcosa in cui non ci si sente rappresentati. E allo stesso tempo emana il senso di un impedimento verso un cammino di liberazione, messo a repentaglio nella sua fragilità decisionale. L’arte di Theuws è estremamente simbolica nella sua matericità ed è capace di affidare continue sottili sfumature a ciò che utilizza. Come nel caso di Don’t get it twisted (2023) e Don’t get it twisted too (2023) realizzate attraverso la penetrazione nel muro di punte da trapano, alle cui estremità è riproposto lo strizza-capezzoli. Lo stesso titolo è un invito sottile a “non fraintendere” la velata, ma palpabile, allusione all’atto sessuale, sebbene la visione di un gesto ferente come l’invasione forzata attraverso la parete sia estremamente perturbante. Oltre ad essere ferenti, le opere sono anche impedienti, in quanto costringono lo spettatore ad aggirarle. Il pattern spiraliforme e il binomio pelle-metallo è replicato anche in Shake it off (2023), attraverso l’utilizzo di cinture legate tra loro che pendono verticalmente da un piccolo motore appeso e si accasciano a terra, ruotando impercettibilmente fino a quando la torsione eccessiva non le fa scattare, come se cercassero di “scrollarsi di dosso” qualcosa. E cioè quel sentimento di inadeguatezza e di rifiuto verso un’egemonia sociale del controllo identitario, che attraverso la metafora iniziale della muta accompagna ogni opera esposta verso un cammino di liberazione che è insieme atto artistico e politico.

Finn Theuws, Shedder Shredder, veduta della mostra, SpazioA, Pistoia
Finn Theuws, Ctrl+Shedder 1.0, 2023, pelle di serpente, raccoglitore ad anelli, cm 32 x 3 x 3