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Intervista con Tania Fiaccadori | Sea-Monkeys Cult, Dimora Artica

[nemus_slider id=”74253″] — Dimora Artica per alcune settimane si è trasformata in antro magico grazie alla mostra Sea-Monkeys Cult di Tania Fiaccadori (la mostra si è conclusa il 7 aprile). Partendo da un’analisi della ritualità e della simbologia ad essa collegata l’artista ha creato nuovi oggetti di culto. Amuleti contemporanei investiti di una potenza magica […]

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Dimora Artica per alcune settimane si è trasformata in antro magico grazie alla mostra Sea-Monkeys Cult di Tania Fiaccadori (la mostra si è conclusa il 7 aprile). Partendo da un’analisi della ritualità e della simbologia ad essa collegata l’artista ha creato nuovi oggetti di culto. Amuleti contemporanei investiti di una potenza magica sono sparsi nello spazio. Trasformare oggetti della quotidianità in nuovi feticci vuol dire seguire un processo di iconizzazione e la mostra è riuscita a creare delle possibili icone magico-pop.
Mani-Oggetti ormai entrati nella conoscenza collettiva sembrano essere stati investiti di due nuovi ruoli: in primo luogo diventano opere d’arte, vestite da un’aura, e in un secondo momento, acquistano nuovi poteri.

Forti contrasti di colore ci hanno accolto sui due livelli dello spazio espositivo. Predominano le tinte verdi fluorescenti, il nero e il bianco acceso. Un territorio ibrido in cui oggetti dalle forme ben note assumono connotati alieni. Siamo in un luogo del futuro in cui i frutti della nostra società sono restituiti a una comunità di posteri, che li osserveranno con attenzione, cercando di capirne le funzioni. In Sea-Monkeys Cult il conosciuto diventa immediatamente estraneo e il visitatore così, si trova a contemplare il quotidiano, non riconoscendolo più come tale.

A seguire l’intervista con l’artista —

Giulia Gelmini: Mi incuriosisce la simbologia che hai riportato nello stendardo. Un processo ben preciso che porta al compimento di un rituale. Puoi spiegare quali sono i processi che hai immaginato?

 Tania Fiaccadori: L’intera mostra e le opere che la compongono sono parte di un unico progetto, cui fa riferimento il titolo Sea-Monkeys Cult. Ispirato a una mostra etnografica da me visitata anni fa in cui erano esposti reliquie e strumenti legati alla stregoneria popolare. L’allestimento ideato in quest’occasione trasforma Dimora Artica in una sorta di antro di una strega: ho concepito ogni opera come uno strumento magico trasfigurato. Ciascuno di essi è legato agli altri dalla processualità di un rituale e ognuno è riferimento di un feticcio/oggetto usato nei riti tradizionali. Lo stendardo in questo senso è rappresenta il grimorio: le iscrizioni riportate sono redatte nel cosiddetto “alfabeto delle streghe” tradizionalmente usato per rendere illeggibili ai non “iniziati” le formule magiche (lo si trova per la prima volta citato da Agrippa nel ‘500). Esso riporta dunque gli elementi attivatori di un rituale (sale, luce, acqua), e gli altri materiali costitutivi delle opere (l’allume di rocca, i tessuti/pelli, i denti). Il risultato finale, l’obiettivo della formula, è la rinascita dell’elemento divino, nella mostra ironicamente simboleggiato appunto dalle sea-monkeys (scimmie di mare), le cui uova immortali si schiudono grazie agli elementi attivatori. Quello esemplificato è anche il percorso che compie lo spettatore all’interno della mostra, dal piano terra di Dimora Artica per salire da ultimo sul soppalco, dove si trova l’opera contenente l’acqua marina e la colonia di Artemia salina.

Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, installation view, Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, installation view, Dimora Artica, 2018

GG: Le icone e gli oggetti di culto sembrano seguire la ciclicità delle mode e dei trend, in continuo cambiamento, accentuato ancor di più dalla società capitalistica e dalla velocità con la quale esperiamo quotidianamente le immagini e facciamo esperienze. Quali sono secondo te i principali oggetti “cultuali” degli ultimi anni?

TF: Ciò che mi interessava sottolineare è l’ineffabilità della correlazione logica tra i diversi oggetti che nel corso della storia si sono caricati di significati estranei alla loro funzione pratica, che l’hanno trascesa, per emanare invece un’energia inspiegabile. Al di là dei discorsi antropologici e sociologici che possono spiegare il valore di certi artefatti nel pensiero magico, agendo dal punto di vista dell’artista preferisco ipotizzare un piano superiore in cui idee, immagini e oggetti si sedimentano ed emanano un’aura che porta in seguito le persone – anche senza alcuno studio o riflessione specifica alle spalle – a sentirsi attratte da una certa estetica, che in quel momento sta agendo su una certa sottocultura. Una sorta di inconscio collettivo junghiano in cui però non si muovono solo immagini ataviche ma anche le forme fuggevoli di oggetti quotidiani così creati perché pratici, legati a una certa funzione. Penso negli ultimi anni all’estetica dell’abbigliamento o dell’accessorio sportivo, con i suoi colori fluo, certe forme dinamiche, certi materiali industriali, che diventano le nuove vesti rituali di una generazione, uscendo dal loro campo di applicazione pratica. Ma in generale non parlerei tanto di oggetti specifici quanto di cortocircuiti che si possono osservare in molti campi, dalla moda, alla produzione visiva, alla musica. Di tendenze come seapunk o vaporwave, che hanno invaso l’arte contemporanea ma i cui colori, forme, suggestioni sono state adottate da video musicali, pubblicità, moda. oCme se aleggiassero nell’aria e non fossero in realtà capiti a fondo dal consumatore (a volte neanche dal produttore) che li adotta come “ciò che mi piace” quasi seguendo uno schema rituale e suggestivo – non logico.

GG: Qual è il ruolo dell’artista nel trasmettere valori legati alla creazione di nuovi tradizioni e culti? Mi chiedo quanto sia possibile oggi stabilire vere credenze e creare reliquie nuove per un pubblico ormai onnivoro. C’è una possibilità di riscatto attraverso l’arte?

TF: Penso che questa possibilità di riscatto esista sempre, a maggior ragione oggi e soprattutto attraverso l’arte: dal momento che viviamo nella cosiddetta società liquida, per dirla con Bauman, in una contemporaneità frenetica ed in continua evoluzione. Credo che il compito creativo, inteso soprattutto come atto spirituale, nei tempi passati fosse prettamente di competenza delle autorità religiose o degli officianti del culto (riconosciuti, ufficiali o pagani che fossero). In ambito vedico, ad esempio, il rituale è eterno e massima espressione creativa dell’essere umano. Al giorno d’oggi, dato il venir meno della religione nel vivere quotidiano, questo compito credo sia passato soprattutto nelle mani dell’artista. Questo comporta ovviamente una grande responsabilità. Credo fermamente nell’idea dell’eterno ritorno, del Nachleben warburghiano, della sopravvivenza nell’animo umano di certe attitudini, immagini, bisogni ed energie. Personalmente dunque non ho una visione così pessimistica della situazione odierna. Il pubblico è sì onnivoro, ma non può astenersi dal subire l’influenza trascendente di determinate tendenze, proprio in quanto essere umano. In tal senso credo vi sia una sorta di impercettibile e inconscio ritorno all’animismo. Un animismo in un certo modo differente, non consapevole. Così come “il tutto” poteva essere associato ad una pietra, e“l’uno” all’immagine iridescente di un avatar trasmesso da un canale televisivo indiano, allora perché un qualsiasi individuo non potrebbe ora vivere la stessa esperienza estatica o di catarsi divina di fronte a un qualsiasi oggetto fluorescente e particolarmente accattivante venduto da Decathlon?

GG: In ultima istanza, mi piacerebbe che ti immaginassi una religione, una credenza che caratterizza questo periodo storico. Chi è oppure cos’è la nostra divinità oggi?

TF: Credo appunto possa essere interessante riflettere su come declinare un nuovo animismo, o un panteismo applicati alla società liquida contemporanea. Se dovessi però immaginare un culto totalmente nuovo, che rispecchi le caratteristiche del nostro tempo, di certo avrebbe come divinità un essere privo di parola, di piccole dimensioni – apparentemente insignificante ma luminoso, fluorescente. Radiante, di potere, ma non immortale. Un sopravvissuto, non però nel senso di colui che continua a vivere, ma caratterizzato da una vera e propria “Nachleben nach dem Tod”- una sopravvivenza oltre la morte. Penso a uno spettro, qualcosa che da sempre esiste e sempre ritornerà, come l’immagine-fantasma di Warburg nell’oscuro gioco del rimosso e del suo eterno ritorno. In tal senso penso che la scimmia di mare sia un ottimo candidato a questo ruolo.

Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, ceramic, kinetic sand, plexiglass, led lights, courtesy Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, ceramic, kinetic sand, plexiglass, led lights, courtesy Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, salt crystals, Victoria's Secret underwear, led lights, courtesy Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, salt crystals, Victoria’s Secret underwear, led lights, courtesy Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, nighttime installation view, Dimora Artica, 2018
Tania Fiaccadori, Sea-Monkeys Cult, nighttime installation view, Dimora Artica, 2018