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Performance workshop e incontri intorno ai femminismi | FEMINIST FUTURES a Centrale Fies

Per il terzo anno il progetto Feminist Futures nato in seno ad apap – advancing performing arts project, una rete internazionale di 11 organizzazioni culturali di tutta Europa che esiste dal 2000, è  sviluppato a Centrale Fies, il centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee di Dro (Tn), grazie alla curatela di Filippo Andreatta […]

Centrale Fies – Mihaela Dragan – photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies
Centrale Fies – Sara Marchesi – photo credits Alessandro Sala_courtesy Centrale Fies

Per il terzo anno il progetto Feminist Futures nato in seno ad apap – advancing performing arts project, una rete internazionale di 11 organizzazioni culturali di tutta Europa che esiste dal 2000, è  sviluppato a Centrale Fies, il centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee di Dro (Tn), grazie alla curatela di Filippo Andreatta e Barbara Boninsegna attraverso una serie di workshop, incontri e performance “che riscrivono le modalità in cui si trasmette il sapere e, soprattutto, chi lo trasmette e chi lo riceve”. 
Cosa significa concretamente questa dichiarazione d’intenti? 
Approfondendo le riflessioni intorno al femminismo intersezionale, e dunque aprendo a un dibattito sulle pratiche di resistenza alle oppressioni in senso più ampio – sia in termini sociali e collettivi che in termini strettamente artistici e linguistici interni al campo delle performing arts – il programma ha voluto inserire nella tre giorni sia artist* della rete apap (Chiara Bersani, Milla Koistinen, Florin Flueras, Selma Selman) che artiste e ricercatrici esterne ma che si inseriscono in maniera “esatta” nella programmazione come Thais Di Marco, Stina Fors, Mihaela Drăgan e Sara Marchesi. 
Uno degli aspetti più interessanti della programmazione è stato il tentativo riuscito di differenziare e ampliare il dibattito e la ricerca con interventi che hanno visto il pubblico attivamente partecipe attraverso la Feminist Futures School. 

La scuola si è aperta con il workshop di Mihaela Drăgan, un’artista multidisciplinare con una formazione teatrale che nel 2014 ha fondato la compagnia Giuvlipen, per creare una nuova concezione di teatro che si distaccasse dal folclore e intercettasse tematiche femministe in relazione alla comunità Rom. Lo stesso concetto di Roma Futurism, che dà il titolo al workshop, esplicita quest’idea di futuro da immaginare insieme. 
Il laboratorio ha fatto lavorare le/i partecipanti nell’intreccio tra cultura Rom, stregoneria e tecnologia proponendo esercizi di immaginazione e scrittura in forma di maledizioni, benedizioni e testi di guarigione: come trasformare il futuro in un futuro più femminista, anche attraverso i mezzi tecnologici, è stata infatti la domanda fondamentale del workshop che ha dato vita a elaborazioni scritte immaginifiche ma anche molto concrete e possibili. 
Il programma si è arricchito del workshop di Chiara Bersani intitolato La macchia che ha indagato la relazione tra disabilità e natura e che sottende il lavoro performativo messo in scena a Fies dal titolo Sottobosco, ideato con Giulia Traversi (promozione, drammaturgia e cura dei lavori) e Lemmo (musicista dell’opera). 

Centrale Fies -Witch Club Satan_photo credits Alessandro Sala
Centrale Fies – Hatis Noit_photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies
Centrale Fies – Marina Herlop – photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies

Molto interessante il coinvolgimento nella Feminist School della studiosa e ricercatrice Sara Marchesi, architetta e teorica dell’arte, attualmente dottoranda in filosofia presso l’Università di Trento. L’intervento Dalla rivoluzione alla mutazione: l’ecofemminismo di Françoise d’Eaubonne ha permesso la scoperta della pensatrice e attivista francese nata a Parigi nel 1920 e morta nel 2005, attraverso il racconto e la problematizzazione delle sue posizioni teoriche sul femminismo. Ideatrice del termine “ecofemminismo”, con il libro Il femminismo o la morte, scritto nel 1974 ma edito in italiano per la prima volta da Prospero Editore nel 2022 con traduzione e curatela di Sara Marchesi, Françoise d’Eaubonne si rivela una figura sfaccettata e preveggente, scrittrice prolificissima di saggi, racconti per ragazz* e pamphlet. Dagli anni Settanta in avanti, le teorie e le azioni della studiosa hanno portato all’attenzione la questione femminile e femminista come radicalmente intrecciata alle nascenti problematiche ecologiche, così potentemente attuali. 

Da dove nasce l’ecofemminismo di d’Eaubonne? Dalla riflessione sulla natura culturale o “seconda natura” che emerge nella storia umana quando il maschio inizia a controllare la fertilità della terra e della donna, generando un sistema maschile, gerarchico e patriarcale. Contestando il fatto che essere donna è dato di natura, la studiosa rivendica la peculiarità culturale dell’essere femminile, il suo modo specifico di abitare il mondo, la possibilità di diverse forme di socializzazione che le donne possono mettere in atto e sostiene l’ecofemminismo come unica possibilità di salvezza per il genere umano. 
“Solo allora, con una società finalmente al femminile che rappresenterebbe il non-potere (e non il potere-alle-donne) si proverebbe che nessun’altra categoria umana avrebbe potuto realizzare la rivoluzione ecologica, perché nessuna ne era così direttamente interessata a tutti i livelli.”
Venendo alla programmazione delle performance di Feminist Futures, si colgono alcune linee di ricerca che appaiono comuni alle artiste: quella della strega come figura folcloristica, simbolo femminista e donna con potere politico, sia nel caso della performance delle Witch Club Satan, che con un concerto black metal femminista in quattro atti hanno portato il pubblico all’interno di un rituale demoniaco, sia nel caso del workshop di Mihaela Drăgan e del lavoro di Thais Di Marco; c’è poi un filone “linguistico” in cui  alcune artiste si inseriscono con ragionamenti, parole e azioni magiche intorno al tema della fondazione di un nuovo linguaggio, come Chiara Bersani, Florin Fleuras e Stina Fors; infine, il concetto di meraviglia e incantesimo che emerge potentemente nel lavoro di Bersani, Fors e Koistinen ma anche nel gioco virtuosistico del canto e delle sonorità di Hatis Noit e Marina Herlop.

Chiara Bersani – SOTTOBOSCO

Il palcoscenico della Turbina 1 di Centrale Fies è ricoperto di caramelle gommose, di marshmallow rosa e bianchi distribuiti disordinatamente nello spazio. La performer e autrice Chiara Bersani entra in scena, aiutata dal coinvolgente paesaggio sonoro dell’artista Lemmo creato dal vivo: Bersani inizia a muoversi orizzontalmente, con moti minimi e gesti piccoli. C’è un telo nero in fondo al palcoscenico che copre una seconda figura, la danzatrice e performer Elena Sgarbossa, di cui si vedono solo i piedi, in movimento. Poi, la performer si sposta, rivela l’intero corpo e arriva a conquistare lo spazio scenico: parte un gioco di gesti codificati ma misteriosi che mettono in contatto le due. Si sfiorano, si abbracciano, stanno vicine, si muovono spesso aderenti al suolo e si parlano attraverso le azioni: il pubblico inizia a capire che si tratta di una lingua, di un codice silenzioso. Chi guarda immagina le due simili a dei cuccioli che per la prima volta imparano a muoversi, a stare nel mondo, a comunicare. La lingua appena inventata non è però un dialogo a due ma è un invito per altri performer disabili che, a questo punto, dalla prima fila della platea, si inseriscono nello spazio per prendere parte a questa festa. La musica e il canto accompagnano il momento performativo che assomiglia a un risveglio collettivo, sottolineato dalla proiezione di parole sul fondo e dal loro riecheggiare recitate: “ti dico come poteva andare, come andrà, se dopo la fine per sbaglio, tutto dovesse ripartire.” 
Questa poesia scritta da Chiara Bersani rappresenta il nucleo di Sottobosco, una creazione fiabesca e “bambina” di un mondo tutto da ricostruire, fatto di un nuovo modo di muoversi e di una nuova lingua da imparare. 

Centrale Fies – Chiara Bersani_Sottobosco -photo credits Alessandro Sala
Centrale Fies – Thais Di Marco – photo credits Alessandro Sala_courtesy Centrale Fies
Centrale Fies_Stina Fors – photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies

Thais Di Marco – Blood Shower 

Il lavoro di Thais Di Marco, regista di arti performative queer decoloniali, presentato nella Turbina 2 di Centrale Fies è un’opera performativa che nasce dall’esperienza dell’artista all’interno del programma Live Works nel 2020. Dopo aver studiato le pratiche di pittura e scultura urbana eseguite nelle manifestazioni pubbliche, con particolare attenzione alla “Police Action Painting”, l’artista sviluppa un lavoro sicuramente politico, potente dal punto di vista visivo e sonoro (le musiche sono di Gabriel Milliet e DJ SUKUBRATZ) ma anche didascalico. 
Blood Shower infatti consiste in un’azione di protesta simulata in cui la performer mascherata e vestita di bianco lancia uova di vernice acrilica rossa contro il fondo della scena per macchiare, dipingere, colpire. Il sangue-vernice non è solamente gettato verso l’esterno ma macchia anche la performer che, totalmente rossa, diventa una creatura non umana, sciamanica. L’aspetto rituale e ripetitivo delle danze e dei gesti che Thais Di Marco performa è l’ambito più interessante del lavoro perché fa immaginare a chi guarda un mondo ancestrale dove le pratiche magiche della stregoneria mostrano uno spirito sacrale e apotropaico.
L’artista, in effetti, è nata e cresciuta all’interno della tradizione del Candomblé, una religione afrobrasiliana, basata sul culto di divinità importate dagli schiavi africani di etnia Yoruba, che si sono mescolate alle figure dei santi cattolici fuori dall’Africa.

Stina Fors – A mouthful of tongues

Il lavoro A Mouthful of Tongues della coreografa, performer, batterista e cantante Stina Fors (Goteborg, 1989) lavora sulla bocca e sulla lingua, sull’apparato fonatorio come luogo di invenzione teatrale. Usando tecniche sperimentali che sembrano provenire dal mondo della clowneria e della magia come il ventriloquismo, l’artista gioca con i suoni e la voce inventando versi, ringhi ed espressioni rumoristiche molto particolari, spesso incomprensibili ma che hanno il sapore di un vero e proprio linguaggio: la performance si fonda sulla dissociazione della produzione del suono dalla reale articolazione labiale dello stesso. Anche in questo caso, un po’ come nel lavoro di Chiara Bersani Sottobosco, il fulcro dell’opera è la creazione di una lingua, la possibilità o l’impossibilità della comunicazione, il potere della magia: se nell’opera di Bersani il codice inventato era muto, gestuale, poetico e aurorale, nella performance di Stina Fors la componente acustica è essenziale e assolutamente evidente è il gioco dell’ironia, il non-sense e il grottesco. Fors crea una performance in cui c’è la comunicazione di una lingua fonatoria e sonora sconosciuta, frammentata e supportata da una qualità elevatissima e raffinata della tecnica vocale. In questo lavoro, le parole sono distrutte, impastate tra loro e resuscitate, quasi vomitate fuori dalla bocca e dal corpo della performer. A Mouthful of Tongues significa “un boccone di lingue” ed è un titolo perfetto per rimandare l’idea di una bocca riempita di lingue in senso metaforico, in senso sonoro e in senso fisico: in questa ultima accezione, l’artista-maga, grazie a una serie di trucchi del mestiere, gioca in maniera strabiliante con delle lingue finte di gomma che inserisce in bocca facendo una serie di evoluzioni: dalla bocca escono e rientrano nei modi più acrobatici possibili. C’è un senso di incantamento, di attrazione e di repulsione, un lasciare a bocca aperta lo spettatore e la spettatrice che rimanda a un’affascinante dimensione circense e spettacolare.

Milla Koistinen – Magenta Haze

Milla Koistinen, coreografa finlandese residente a Berlino, propone negli spazi delle Turbine di Centrale Fies, usati come spazio unico per l’occasione, il lavoro Magenta Haze, creando una coreografia attorno a grandi teli colorati gonfiabili che i danzatori e le danzatrici muovono nello spazio, co-abitato dal pubblico. Questi oggetti, creati dall’artista visiva Sandra E. Blatterer, vengono mossi ed esplorati dai/dalle performer coinvolgendo chi guarda in giochi visivi, sonori e luminosi ipnotici. Il pubblico è costretto a spostarsi nello spazio per seguire i movimenti di scena lasciandosi a volte toccare o sfiorare dai teli. La materialità, la tattilità, il suono, il colore sono avvolgenti; il pubblico condivide con chi danza il senso della meraviglia e della gioia della percezione, mentre i/le performer muovono, fanno risuonare, spostano: “partendo dall’idea che l’estasi è uno stato in cui siamo portati al di fuori di noi stessi e trascendiamo in un indeterminato ‘altrove’”.

Centrale Fies- Milla Koistinen -photo credits Alessandro Sala – Courtesy Centrale Fies
Centrale Fies – Selma Selman – photo credits Alessandro Sala – Courtesy Centrale Fies
Florin Flueras – unimages_photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies
Centrale Fies – Rifugio Amore – photo credits Alessandro Sala – courtesy Centrale Fies