Giunge al terzo atto il ciclo espositivo pensato per Palazzo della Ragione da Lorenzo Giusti, Direttore della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.
Dopo Jenny Holzer e Daniel Buren, approda in città Ernesto Neto con Mentre la vita ci respira – SoPolpoVit’EreticoLe, visitabile fino al 26 settembre.
Il solo nome dell’artista brasiliano rimanda alla mente immagini di installazioni sospese e monumentali dai colori sgargianti: Gaia Mother Tree alla stazione dei treni di Zurigo; Mother body emotional densities, for alive temple time baby son a San Diego, È O BICHO alla 49ma Biennale di Venezia; Water Falls from my Breast to the Sky al Museo di Arte Contemporanea di Chicago, solo per citare alcune esperienze estrapolate dal consistente curriculum internazionale di Neto, che torna in Italia a 20 anni di distanza dalla storica Biennale di Hardald Szeemann, Plateau of Humankind.
In Mentre la vita ci respira l’artista rivoluziona il principio scenico che lo contraddistingue, optando unicamente per materiali naturali dalle tonalità meno accese che dialogano con la gamma cromatica del palazzo medievale (la cui Sala delle Capriate finalmente per una volta illuminata anche dalla luce naturale).
Il confronto tra curatore ed artista avviene nel periodo della pandemia, condizione che chiaramente influenza il senso e la prospettiva del progetto espositivo: Neto sceglie di ridurre in modo sostanziale il marchio di fabbrica della sospensione, volgendo lo sguardo dello spettatore a terra, anche nell’auspicio di aiutare a recuperare armonia con l’ambiente.
La mostra è dunque spiritualmente legata ad un pensiero ecologico-filosofico.
Tutto è connesso ad una conoscenza dell’artista della cultura e dei riti sciamanici a cui partecipa, dimensione che si traspone nel lavoro, convertendo l’installazione in uno spazio di partecipazione e scambio di energie.
A questo invita la grande isola-polpo-stella posta al centro della Sala delle Capriate, alla sosta e alla condivisione, alla ritrovata interazione e vicinanza tra le persone.
Fanno da contraltare al nucleo centrale le oasi laterali, dove tra piante, ampolle, cuscini colorati, libri immaginari e strumenti musicali ci si può sedere e rilassarsi.
La mostra ha una sua importante componente olfattiva che viene danneggiata dall’obbligo di indossare la mascherina: nelle intenzioni dell’artista gli odori, tra cui fra tutti quello del fieno, ma anche spezie ed erbe mediche, dovrebbero essere vettori percepibili.
In conclusione possiamo ammettere che sì, quella di Bergamo non è la mostra più spettacolare di Ernesto Neto, l’impatto non è certo quello muscolare di altre occasioni, ma non lo è anche perché il progetto va affrontato con presupposti differenti, approcci diversi a quelli che hanno antecedentemente caratterizzato il suo percorso.
Rimane però l’importanza del circuito virtuoso intrapreso in questo storico palazzo, che negli anni sta vedendo alternarsi tra le sue mura alcuni dei protagonisti più prestigiosi dello scenario internazionale.