È possibile permettere a due artisti, lontani nel tempo seppure affini nella propria ricerca, di incontrarsi nello spazio virtuale di una mostra? È possibile e non è un’eccezione che accada: la vera domanda è se sia possibile farlo, garantendo un confronto interessante, che possa aprire nuovi spunti di riflessione e indagine del mondo, tramite medium tra i più versatili.
Il nuovo artist-run space romano spaziomensa lo fa presentando la doppia personale che mette in conversazione estetica e concettuale Salvatore Meo – uno dei primi artisti americani a fare del riuso il proprio segno distintivo nel secondo dopoguerra – Andrea Polichetti – artista classe 1989, che dialoga con una selezione di lavori del Maestro, che ha conosciuto una fortuna con ritmi altalenanti e mai troppo generosa nei confronti del suo lavoro. Proprio in occasione di questo progetto, curato da Vasco Forconi, Polichetti trova l’occasione per selezionare alcuni dei lavori più celebri all’interno della Fondazione Salvatore Meo, grazie al sostegno della presidente Mary Angela Schroth. È un envinronmente – uno spazio – condiviso quello immaginato da Forconi e Polichetti, una grande installazione che riunisce due ambienti diversi, che rimandano al rapporto che i due artisti hanno con l’essere umano: se da una parte l’approccio di Salvatore Meo è quello urbano del secondo dopoguerra, quello di Andrea Polichetti è di stampo archeologico.
Al centro della scena c’è l’ideale punto di incontro di una città di Roma, da una parte contemporanea e dall’altra quella di un artista che ha saputo influenzare la produzione artistica delle nuove avanguardie della seconda metè del Novecento. Nella produzione di Meo, Polichetti seleziona alcuni dei celebri assemblage, che Salvatore Meo fu tra i primi artisti a sperimentare: la tecnica del riciclo, il riutilizzo di qualcosa di vecchio per costruire qualcosa di nuovo, è una delle caratteristiche peculiari del suo lavoro.
L’artista romano, invece, presente un corpus di nuovi lavori, tra i quali quelli realizzati durante la sua esperienza di residenza estiva presso l’Agricola Due Leoni, in particolare le litografie dal titolo Etching Meo prodotte con il sostegno della Litografia Bulla rielaborando una tecnica di incisione a lungo praticata dall’artista: tramite l’impressione e lo strofinamento diretto della lastra tipografica, Polichetti imprime i profili di diversi oggetti di lavoro e le loro tracce residuali. Fanno parte del progetto anche un neon completato con il sostegno di Neon Lauro e una serie di sculture in ferro battuto, alcune delle quali si attivano tramite la presenza di lavori di Salvatore Meo, riscoperti da quel suo studio che il curatore definisce <<un luogo nascosto, popolato di opere d’arte e memorie. Una capsula del tempo custodita […] nel centro di Roma>>, dove <<una sottilissima coltre di polvere ammanta oggetti dallo statuto incerto>>. Un lavoro fatto di oggetti di uso quotidiano, selezionati e poi abbandonati alla polvere del tempo, che rivelano il pensiero creativo di un artista mai apprezzato a sufficienza e che Andrea Polichetti affronta con il filtro di uno sguardo contemporaneo. <<Environments non vuole tanto riscrivere una cronologia iniqua dell’arte>> continua Forconi, <<quanto piuttosto individuare, nel lavoro e nella biografia di Meo, un antecedente storico del fermento che si registra oggi nella città di Roma>>.
Un fermento che lo spaziomensa, con la sua programmazione, vuole valorizzare dando spazio e voce alle personalità più interessanti del panorama contemporaneo. In una Roma spesso tacciata di non essere all’altezza delle altre Capitali europee in termini di attenzione alla produzione più attuale e di non dare sufficiente spazio alla sperimentazione e alla ricerca di nuove espressioni e linguaggi, il contesto dei cosidetti spazi indipendenti, autogestiti direttamente dagli artisti stessi, diviene una nuova frontiera per aprire un nuovo terreno di incontro, discussione, dialogo, crescita, lontano dalle sole logiche di mercato.
Fino al 15 ottobre 2021, spaziomensa, Via Salaria 971 – Roma