ATP DIARY

Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca, Mestre

Coinvolgimento e riflessione, immedesimazione e condivisione, forza e sottile convinzione. Ha inaugurato il 19 febbraio alla galleria Massimodeluca di Mestre la mostra Entrare nell’opera, collettiva curata da Daniele Capra e nata da un’idea di Marina Bastianello, direttore artistico della galleria. Le opere di Paola Angelini, Stefano Cozzi, Marie Denis, Dominique Figarella, Graziano Folata e Stefano […]

Coinvolgimento e riflessione, immedesimazione e condivisione, forza e sottile convinzione. Ha inaugurato il 19 febbraio alla galleria Massimodeluca di Mestre la mostra Entrare nell’opera, collettiva curata da Daniele Capra e nata da un’idea di Marina Bastianello, direttore artistico della galleria. Le opere di Paola Angelini, Stefano Cozzi, Marie Denis, Dominique Figarella, Graziano Folata e Stefano Moras sono accomunate da un desiderio forte e fondante per l’arte, quello cioè di coinvolgere lo spettatore, che non resta un osservatore passivo ma che, attraverso l’opera, entra in dimensioni altre e ne fa strumento di conoscenza e riflessione sulla realtà. Il titolo della mostra è “preso in prestito” dalla famosa opera del 1971 di Giovanni Anselmo, la celeberrima fotografia in cui l’artista, ritratto di spalle, entra di corsa nell’opera d’arte. Rimodulando l’intento di Anselmo di innescare un coinvolgimento emotivo e psichico attraverso l’uso dello sguardo, le opere esposte, dalla pittura al video, dalla fotografia alla scultura all’installazione, interrogano e si interrogano sulla spinta che l’arte crea nell’anima del pubblico. Gli artisti, giovani e poliedrici, propongono una loro versione, non dimentichi della storia alle loro spalle e del presente che ci circonda.

La mostra si concluderà il 2 aprile con la pubblicazione di un catalogo contenente le immagini della mostra e i testi del curatore.

Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca,   Mestre - Installation view
Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca, Mestre – Installation view

Martina Odorici ha posto alcune domande all’ideatrice del progetto, Marina Bastianello e al curatore Daniele Capra.

Domande a Marina Bastianello  

ATP: L’idea di questa mostra nasce dall’opera omonima di Giovanni Anselmo, datata 1971. In cosa quest’opera ti è sembrata particolarmente contemporanea, così da utilizzarla come ‘stimolo’ per un progetto che coinvolge giovani artisti?

Marina Bastianello: Penso che non esistano opere passate e opere attuali, ma semplicemente opere. A cambiare sono le nostre sensibilità, le nostre attitudini, le nostre chiavi di lettura: le opere significative continuano invece a parlarci. Ho scelto con il curatore di costruire una mostra a partire da Entrare nell’opera dopo averla esperita dal vivo perché non solo la sua vista mi aveva inebriata, ma perché nei giorni successivi ha continuato a bussarmi la porta. Da quella visione non riesco tutt’ora a liberarmi. D’altro canto come si può smettere di discutere di temi che essa solleva come la natura e le dinamiche di coinvolgimento dello spettatore?

ATP: Si parla di pratica artistica come “inquisizione dello sguardo altrui”. Vuoi spiegarci meglio questo concetto?

MB: A mio parere vi sono alcune opere che maturano un rapporto particolare con l’osservatore, poiché chi guarda non è semplicemente destinatario passivo di un messaggio, ma un vero e proprio interlocutore. Il coinvolgimento psichico, percettivo, spaziale e concettuale mette chi guarda nella condizione di essere non più unicamente uno spettatore, quanto invece una parte in causa, una presenza agente che motiva l’esistenza dell’opera. Alcuni artisti fanno di questa modalità esplorativa un’istanza esistenziale fondante per la loro ricerca.

ATP: Il punto centrale della mostra è la volontà di avvicinare emotivamente e percettivamente lo spettatore all’arte. Come viene realizzato questo intento in mostra, attraverso quali strategie?

MB: Le opere in mostra ereditano da Entrare nell’opera una sensibilità, una spinta verso lo spettatore, ma sviluppano modalità molto differenti. Marie Denis, ad esempio, sceglie una narrazione in cui gli elementi naturali (foglie, piume di pavone) vengono trasfigurati in immagine o in dispositivi che creano meraviglia, quasi a suggerire che siamo già immersi nei materiali che costituiscono l’opera. Similmente il video di Stefano Cozzi, caratterizzato da un lungo zoom out, sorprende perché induce a considerare l’importanza del contesto, che definisce un grado elevato di immersione. I lavori di Graziano Folata e Dominique Figarella sono incentrati invece sulle modalità fisiche con cui si costituiscono le opere: nel primo viene ridiscusso l’archetipo architettonico e plastico della colonna attraverso l’impiego di un materiale, come la medusa, che non possiede forma e forte fisicità; nel secondo l’opera e la sua rappresentazione fotografica si rincorrono e sovrappongono, mettendo in difficoltà lo spettatore. Il lavoro di Paola Angelini agisce similmente sull’idea di reiterazione del soggetto pittorico, a partire da un’opera di Tiziano, in cui l’iconografia viene rivista ed innervata di nuove figurazioni, mettendo lo spettatore in mezzo tra la storia dell’arte che sta alle sue spalle e ciò che vede, che gli sta invece innanzi. Le opere di Stefano Moras veicolano lo stupore che nasce dalle potenzialità costruttive del residuo, sia esso colore scrostato o elemento organico come carcasse di insetti, la cui combinazione allude alla nostra fisicità e al decadimento, cui l’arte si oppone innestando nuova vita.

Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca,   Mestre - Installation view
Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca, Mestre – Installation view

Alcune domande a Daniele Capra

ATP: Con quale criterio hai selezionato gli artisti partecipanti alla mostra?

MB: La mostra nasce dopo una lunga ricognizione iniziata ancora prima dell’estate, rivolta ad artisti che non fossero ancora mid-career, e la cui ricerca avesse introiettato quelle istanze che l’azione di Anselmo rende manifeste. La performance dell’artista piemontese evidenzia come la dinamica del coinvolgimento dello spettatore rimanga una delle strategie fondamentali dell’arte e nulla sia cambiato dagli anni Settanta, al di là delle retoriche delle avanguardie che per un secolo hanno perseguito spiazzamento, imprevisto, schiaffo e raggiro. Gli artisti scelti sono quindi portati ad interpretare la relazione opera/spettatore in una modalità dialogica, che stimola chi guarda a percepire l’opera non tanto come spazio esclusivo di contemplazione quanto invece come dispositivo che rivela il contesto più ampio in cui si è immersi. Dopo ripensamenti, studio visit, decine di telefonate, confronti anche con opere di arte antica, abbiamo scelto dei lavori bidimensionali, scultorei e video, che restituissero proprio questa tensione centripeta.

ATP: La natura e il coinvolgimento dello spettatore, elementi fondamentali della poetica dell’Arte Povera, dove sono rintracciabili nelle opere selezionate?

MB: La natura sta alle spalle, e racconta, nel caso dell’Arte Povera, anche l’esigenza di rivolgere l’attenzione altrove, gettando lo sguardo oltre gli spazi di relazione istituzionalizzati che all’epoca erano percepiti come asfittici. La natura è così il fine cui tendono le opere (in maniera perfino classica) nei lavori di molti degli artisti del gruppo torinese. Oggi invece la natura è essa stessa un medium, l’elemento su cui si concretizzano delle relazioni: ad interessarci sembrano essere le potenzialità costruttive degli elementi naturali, come ad esempio appare evidente nelle sculture di Stefano Moras realizzate con corpi di insetti, nei lavori in piume di pavone di Marie Denis oppure nella progressiva consapevolezza dell’essere immersi in una parte di mondo del video di Stefano Cozzi.

ATP: Come hai coniugato, anche a livello espositivo, la contemporaneità e la fonte storica delle opere?

MB: Come tutte le grandi opere, l’azione di Anselmo ci è contemporanea. Sono le nostri chiavi di lettura che sono cambiate rispetto al 1971. E in maniera identica abbiamo notato il medesimo effetto rispetto ad altre opere antiche che abbiamo valutato di inserire. Non esiste cesura reale tra le opere, ci parlano ben più di quanto possa sembrare. Graziano Folata che lavora sugli archetipi della scultura è vicino ad Anselmo, ma anche a Paola Angelini, che ridiscute e reinterpreta su tela la costruzione iconografica di Tiziano, o a Dominique Figarella che inscena il gioco tra realtà e sua rappresentazione in immagine. Più di quanto si pensi, le opere si parlano anche da distante.

Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca,   Mestre - Installation view
Entrare nell’opera | Galleria Massimodeluca, Mestre – Installation view