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Enough not enough | Santarcangelo Festival 2023

Come ogni estate riparte in Romagna il Santarcangelo Festival, ormai giunto alla 53esima edizione. Il titolo scelto per quest’anno, enough not enough, esprime la volontà politica di portare alla luce le voci dissonanti del sistema e indagare le criticità in grado di condurre al dissenso, per preparare la strada al cambiamento. La kermesse, in programma […]

Ligia Lewis, A Plot/A Scandal | ph. Moritz Freudenberg
Rébecca Chaillon, Whitewashing | © Luca Ferreira

Come ogni estate riparte in Romagna il Santarcangelo Festival, ormai giunto alla 53esima edizione. Il titolo scelto per quest’anno, enough not enough, esprime la volontà politica di portare alla luce le voci dissonanti del sistema e indagare le criticità in grado di condurre al dissenso, per preparare la strada al cambiamento. La kermesse, in programma dal 7 al 16 luglio 2023, è diretta per la seconda volta dal drammaturgo e curatore polacco Tomasz Kireńczuk, che rinnova l’intento di guardare al corpo come ad uno strumento tramite cui mettere in discussione canoni e standard discriminatori e fondare nuove modalità di convivenza sociale, secondo prospettive spesso trascurate o ignote in Occidente. L’offerta – che intreccia senza soluzione di continuità tutte le arti performative, dal teatro alla danza alla musica – prevede ben 40 tra performer e compagnie, per un totale di 96 repliche spalmate su 10 giorni.

Tra gli ospiti più attesi spicca la performer e regista francese Rébecca Chaillon. Per la prima volta in Italia, presenterà l’opera Whitewashing, che ha al centro la pratica di far interpretare ruoli di personaggi di altre etnie ad attori bianchi. L’artista replica letteralmente sul proprio corpo il processo di “sbiancamento” della pelle per denunciarne il carattere discriminatorio ed offensivo e l’indifferenza con cui questi temi sono normalmente trattati in una società a prevalenza bianca. Un appuntamento importante è anche la prima nazionale dello spettacolo A Plot/A Scandal di Ligia Lewis. La pièce, che segna il ritorno di Lewis a Santarcangelo dopo cinque anni, riflette su chi sia il destinatario del piacere generato da uno scandalo e come questo riveli i modi in cui la società stabilisce i propri limiti. Un altro gradito ritorno al Festival è quello di Dana Michel, che con Cutlass Spring attua un’operazione di de-censura sulle proprie multiple identità sessuali, di madre, figlia e amante. La coreografa e ricercatrice brasiliana Ana Pi, ispiratasi al lavoro condotto negli anni Quaranta da Maya Deren, riflette invece sul portato poetico e politico dei balli tradizionali di Haiti, fra tradizione e ibridazioni contemporanee (The Divine Cypher). Rimanendo in tema di cultura del movimento, la coreografa francese Nach espone in una “conferenza danzata” la storia e gli sviluppi del krumping, una danza urbana afroamericana dai connotati viscerali e liberatori nata a Los Angeles nei primi anni 2000 (Nulle part est un endroit). Più introspettiva e radicata nelle viscere dell’io, tra Eros e Thanatos, è la danza esistenziale di Clara Furey in Rather a Ditch – Gallery version, che ha luogo in un ambiente concepito dall’artista visiva Caroline Monnet. Julian Hetzel e Ntando Cele con SPAfrica impostano invece una denuncia esplicita dello sfruttamento di risorse naturali africane ad opera delle nazioni occidentali, tramite l’immagine potente e surreale di uno scambio commerciale tra lacrime e acqua potabile.

Dana Michel, CUTLASS SPRING | Ph. © Jocelyn Michel
Anna-Marija Adomaityte, workpiece

L’edizione di quest’anno si caratterizza anche per un alto numero di giovani performer internazionali che si esibiscono in Italia per la prima volta. Workpiece di Anna-Marija Adomaityte e Gautier Teuscher ricorre all’immagine del lavoro nei fast food per mettere in discussione i meccanismi sociali fondati sulla produttività ad ogni costo. Se Tiran Willemse con blackmilk mette in correlazione gestualità afferenti a diverse culture e subculture, dalle coreografie delle majorette alle azioni melodrammatiche delle dive dell’opera all’iconografia rap, Wojciech Grudziński indaga la simbologia dell’inchino, da atto coreografico facente parte del canone del balletto a gesto di ringraziamento nel momento in cui lo spettacolo finisce, instaurando un rapporto di potere ambiguo tra sé e il pubblico (BOW A STUDY). Anche in The Guxxi Fabrika di Cote Jaña Zuñiga gli spettatori sono coinvolti attivamente, in questo caso nella creazione di prodotti privi di valore commerciale, in modo da suscitare una riflessione sui meccanismi stessi del capitalismo. In Dear Laila di Basel Zaraa invece il rapporto con il pubblico si fa intimo e personale, dato che ogni spettatore è invitato ad entrare individualmente in una ricostruzione della casa d’infanzia dell’artista palestinese, con cui lei stessa ha voluto raccontare alla figlia le proprie origini. La bielorussa Jana Shostak propone una nuova versione di Scream for Belarus, che deriva dal suo gesto di protesta contro la dittatura del suo Paese di origine, un urlo di un minuto intero compiuto nel 2021 di fronte al Palazzo della Commissione Europea a Varsavia e poi reiterato nel tempo in altri contesti simbolici. Alcuni lavori hanno al centro tematiche strettamente queer; è il caso, ad esempio, di Clashes Licking di Catol Teixeira, performer brasilian* non binari* che con questo lavoro presentato in prima assoluta richiama e rielabora l’opera Il pomeriggio di un fauno, e in particolare l’interpretazione che ne faceva il ballerino russo Nijinsky negli anni Venti, all’epoca ritenuta indecorosa. Il giamaicano Harald Beharie con Batty Bwoy, termine utilizzato nella sua lingua per denigrare le persone queer, intende invece portare alla luce stereotipi e discriminazioni interiorizzate che connaturano la società contemporanea in merito alle tematiche di genere. Alex Baczynski-Jenkins ritorna a Santarcangelo con Unending love, or love dies, on repeat like it’s endless, un’ode al desiderio e all’amore che si fonda su una dimensione dialogica tutta fondata sul contatto. Rispetto alla dimensione più intimista di questo e di altri lavori, DOWN Single version di Mélissa Guex si manifesta come un concerto esplosivo e catartico, che vuole rispondere al “down” collettivo mediante un duetto rituale intrattenuto con il batterista Clément Grin, in grado di riattivare e nutrire le coscienze.

Tiran Willemse, blackmilk
Harald Beharie, Batty Bwoy

Per quanto riguarda invece i performer italiani, si segnala innanzitutto (nel) SOTTOBOSCO site specific version, un luogo concepito dall’autrice Chiara Bersani, dal musicista Lemmo e dalla coreografa Elena Sgarbossa per accogliere gruppi estemporanei di persone con disabilità al fine di costituire una comunità viva e in continua trasformazione. Cristina Kristal Rizzo ritorna a Santarcangelo con Paso Doble, un tentativo fallito in partenza di replicare i movimenti improvvisati da lei stessa, precedentemente registrati con una videocamera. La Vaga Grazia di Eva Geatti è una ricerca tutta volta alle profondità più recondite dell’essere, compiuta da cinque performer sul tappeto sonoro di un concerto di sintetizzatori attivato da Dario Moroldo. Silvia Calderoni e Ilenia Caleo (The Present Is Not Enough) rievocano le atmosfere e il desiderio di comunità della scena gay maschile degli anni Settanta e Ottanta. CollettivO CineticO concepisce con Manifesto Cannibale un rito di trasformazione dei corpi che trae linfa dai meccanismi incogniti del mondo vegetale, in scariche energetiche che assimilano il repertorio musicale del Winterreise di Schubert. Al centro dell’opera I’ll do, I’ll do, I’ll do portata in scena dalla compagnia Dewey Dell, su ispirazione dei processi di presunta stregoneria indagati dall’Inquisizione, è invece l’iconografia perturbante e violenta del sabba demoniaco. Un’altra forma di violenza, stavolta tristemente radicata nel vissuto dell’artista, è evocata dai racconti orali intorno al fuoco di Giorgia Ohanesian Nardin, coreografa di discendenza armena che in Գիշեր | gisher invita a riflettere sull’identità e sui conflitti che dilaniano il suo Paese di origine. La perdita di potere e di orientamento del corpo, che nella fragilità pur conserva il suo impulso vitale, è il tema che emerge dai movimenti disarticolati di Sara Sguotti in S.O.P. – SOME.OTHER.PLACE (con partitura musicale dal vivo di Spartaco Cortesi). Lourdes di Emilia Verginelli e Speaking Cables. Dispositivo coreografico per voce, cavi e altoparlanti di Agnese Banti sono nuove produzioni rese possibili grazie a FONDO, un progetto di sostegno alla giovane creatività sviluppato da Santarcangelo Festival: il lavoro di Verginelli è una conversazione scaturita da un’indagine condotta con interviste e resoconti delle esperienze di persone che hanno fatto visita a Lourdes, raccolte in dieci anni di volontariato; Banti invece imbastisce una partitura articolata in monologhi, cori e silenzi, in cui la voce dell’artista si riverbera grazie agli altoparlanti disseminati nello spazio in modo improvvisato. Ritornano anche quest’anno le restituzioni dei laboratori Let’s Revolution! / Teatro Patalò e della non-scuola del Teatro delle Albe, che vedono protagonisti ragazzi e ragazze di scuole medie e superiori di Santarcangelo. Il Festival prevede anche un programma di clubbing sperimentale curato da Chris Angiolini: tra gli appuntamenti previsti, Trust The Mask della compositrice Elisa Dal Bianco e della cantante Vittoria Cavedon, e la band ginevrina Tout Bleu. Al calare della notte dopo ogni giornata di spettacoli si accende infine Imbosco, uno chapiteau nascosto tra gli alberi presso cui si alterneranno dj italiani e internazionali.

Mélissa Guex, DOWN single version | © Philippe Weissbrodt
Catol Teixeira, Clashes Licking | ph. Eden Levi Am