Emma Talbot. The Age / L’Età | Collezione Maramotti, Reggio Emilia

La vincitrice del Max Mara Art Prize for Women 2020 immagina un futuro post-apocalittico, in cui la sopravvivenza del genere umano dipende dalla sua capacità di rinnegare la propria indole distruttiva e instaurare nuovi legami simbiotici con la natura.
15 Novembre 2022
Emma Talbot, The Erythmanian Boar, 2022, acquerello e gouache su Khadi paper, dettaglio di The Trials | Courtesy the artist, Ph. Carlo Vannini

“In che epoca viviamo? Tempi in cui tutto sembra andato in frantumi / Un’era ostile in cui il danno è parte della lingua di vili autorità / Che evocano storie in cui tu sei invisibile e che parlano di potere.” La narrazione di un futuro post-apocalittico, in cui la sopravvivenza del genere umano dipende dalla sua capacità di rinnegare la propria indole distruttiva e instaurare nuovi legami simbiotici con la natura, prende corpo alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia in occasione della personale The Age / L’Età di Emma Talbot (1969, Stourbridge, Inghilterra), vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women. La mostra, in programmazione fino al prossimo 19 febbraio, presenta i risultati del periodo di residenza di sei mesi condotto dall’artista tra Reggio Emilia, Roma e Catania, che le ha permesso di studiare e approfondire le pratiche tradizionali dell’artigianato tessile e della permacultura. Il percorso espositivo si snoda attorno a due grandi pannelli di seta dipinti ad acrilico, alcune teche con disegni preparatori ad acquerello, una scultura in tessuto e un’opera video. Le opere approdano a Reggio Emilia dopo essere state esposte alla Whitechapel Gallery di Londra e al termine della mostra saranno acquisite dalla Collezione Maramotti. L’innesco che ha stimolato l’immaginazione di Emma Talbot è stato il dipinto Le tre età della donna (1905) di Gustav Klimt, conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nell’opera la figura della donna anziana appare debole, inerte, carica di vergogna per il proprio decadimento fisico. Rifiutando questa visione, frutto di una società di stampo patriarcale che denigra le donne quando la loro giovinezza è sfiorita, Talbot fa dell’anziana la protagonista sapiente di un viaggio allegorico tra le rovine del presente. I pannelli di seta la mostrano rispettivamente in mezzo ai ruderi di un tempio antico (Ruins, 2022) e in un paesaggio vulcanico sconquassato dai terremoti (Volcanic Landscape, 2022).

Emma Talbot, dettaglio di Volcanic Landscape, 2022, acrilico su seta | Courtesy the artist, Ph. Carlo Vannini

Le ambientazioni sono state ispirate rispettivamente dalla visita alla Valle dei Templi di Agrigento e dal soggiorno presso la Casa di Paglia Felcerossa, un’azienda agricola situata sulle pendici dell’Etna, presso cui ha approfondito le sue conoscenze di permacultura, una serie di pratiche finalizzate ad una gestione etica e consapevole della produzione agricola. In particolare, il terreno intorno al vulcano, al contempo ostile e fertile, ha plasmato la rappresentazione dell’instabile futuro del pianeta. L’anziana ritratta, che l’artista considera un suo avatar, espone il corpo nudo fregiandosi delle proprie rughe, simbolo di saggezza. Ha un volto irriconoscibile, cosicché chiunque possa immedesimarvisi. Di scena in scena si fa strada in un paesaggio stravolto da cataclismi, si inerpica per pareti rocciose, varca antri e portali verso altri luoghi (così la rappresenta la scultura in tessuto The Age, 2022) e si prende cura degli animali che incontra sul suo percorso. Come nota Iwona Blazwick in uno dei testi pubblicati sul catalogo, sembra un insetto invischiato in una grande ragnatela di forme indistinte, in uno scenario interiore tinto di “strisce di viola vellutato, turchese vibrante o luminoso topazio” e solcato da “linee nere calligrafiche”. La sua bocca pronuncia parole poetiche, moniti e vaticini, che suonano come echi di una sapienza primigenia (“quando ti allontani dalla magia e dal magnetismo del mondo naturale / ti ritrovi sepolto sotto i detriti dei sistemi insudiciato di menzogne in una tomba senza nome come se non ti importasse”), ma al contempo “le tematiche d’attualità vengono in superficie e si riflettono entro la membrana esistenziale dell’essere e del pensare”.

Emma Talbot, The Age/L’Età, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Dario Lasagni
Emma Talbot, The Age/L’Età, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Dario Lasagni

Qualcosa di simile avviene nell’animazione The trials (2022), in cui l’anziana si ritrova protagonista di una rilettura femminista e no-global delle dodici fatiche di Ercole. Il mito classico esalta le forme di sopraffazione violenta come gesta di eroismo, ma la risoluzione trionfale delle prove attraverso i combattimenti sanguinosi, l’inganno o il furto si accontenta di sradicare le criticità piuttosto che comprenderne le motivazioni profonde. L’artista si immagina che il suo alter ego, posto di fronte alle medesime prove, preferirebbe ricorrere a mezzi non aggressivi, fondati sulla cura e sul mutualismo, soppiantando il classico topos del viaggio dell’eroe con una visione che dia spazio a quelle pratiche di condivisione e comprensione reciproca fondamentali per il corretto funzionamento della società e per la salute del pianeta. I dodici episodi, visivamente ispirati dalle raffigurazioni vascolari del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, impostano un parallelo tra le fatiche e i dodici principii alla base della permacultura, mantra che spingono verso la sostenibilità e verso la coesistenza armonica tra forme di vita differenti: tra i tanti, ad esempio “reagisci ai cambiamenti in modo creativo”, “integra invece di separare”, “usa i limiti e valorizza ciò che è marginale”. Così, il famigerato toro di Creta che devasta i raccolti si fa mansueto quando l’anziana, che riesce a comprendere quanto la sua rabbia sia motivata dalle sofferenze subite, si trasforma in un airone guardabuoi per accudirlo. Allo stesso modo, cura le giumente di Diomede dalla follia nutrendole di piante piuttosto che di carne umana, che diventa un’allegoria dei cibi ipercalorici di cui l’umanità è dipendente.

Emma Talbot, The Age/L’Età, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Dario Lasagni

L’empatia provata dalla donna per gli animali affrontati dall’eroe è motivata anche dal comune destino di denigrazione: come il leone di Nemea è privato della sua pelle invulnerabile una volta ucciso perché Ercole possa usarla come armatura, così anche il corpo femminile viene oggettificato e sfruttato dalla società patriarcale. Analogamente, i pomi d’oro rubati dall’eroe nel Giardino delle Esperidi si trasfigurano in ovaie fecondate all’interno di un utero, un “luogo” su cui l’uomo accampa tradizionalmente diritti di sfruttamento e controllo governativo. Nella narrazione di Talbot l’anziana accudisce i pomi-ovaie e consente loro di diffondersi nel mondo. Molteplici sono anche i riferimenti alla crisi climatica, alla globalizzazione e alla pandemia: ad esempio, gli uccelli del lago Stinfalo, costretti a spostarsi in un altro territorio a causa di un branco di lupi, sono odiati e temuti dai cacciatori locali a causa del loro aspetto e, in questo senso, sono come dei migranti stigmatizzati per la loro diversità. In un altro episodio, mentre Ercole ripulisce in una notte le stalle di Augia, trascurate da trent’anni, deviando il corso di due fiumi in modo che l’acqua scorra impetuosa negli ambienti, la donna intraprende un processo di purificazione delle stalle della contemporaneità, inquinate dai carburanti fossili. L’operato dell’eroe, che altera il paesaggio per intervenire su un problema localizzato, diventa a sua volta metafora delle soluzioni radicali e non pianificate messe in piedi per fronteggiare singole criticità senza valutare il quadro generale e l’impatto a lungo termine; un comportamento che non è più accettabile, ora che l’umanità si trova vicina all’orizzonte degli eventi. Una volta giunta al termine del suo viaggio, l’anziana supera la porta degli Inferi protetta da Cerbero e si prepara ad una “trasformazione totale”. Dopo il suo dissolvimento rimane il lascito delle sue parole di speranza: “Fidati delle tue idee / l’azione nel nostro presente in continua evoluzione / può riequilibrare il futuro”.

Emma Talbot, dettaglio di Ruins, 2022, acrilico su seta | Courtesy the artist, Ph. Carlo Vannini
Emma Talbot, The Age/L’Età, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Dario Lasagni

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