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Elisa Grezzani – Sensual Landscape 



La mostra di Elisa Grezzani, Sensual Landscape – a cura di Gabriele Salvaterra alla Paolo Maria Deanesi Gallery – è un contributo intrigante al recupero contemporaneo della pratica pittorica, che vuole festeggiare il colore. Un contributo che ci ricorda come il fare pittura sia anche un giocare e un muoversi liberamente tra le diverse temperature […]

Elisa Grezzani – Sensual Landscape – Installation view, Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento – © Foto Ivo Corrà

La mostra di Elisa Grezzani, Sensual Landscapea cura di Gabriele Salvaterra alla Paolo Maria Deanesi Gallery – è un contributo intrigante al recupero contemporaneo della pratica pittorica, che vuole festeggiare il colore. Un contributo che ci ricorda come il fare pittura sia anche un giocare e un muoversi liberamente tra le diverse temperature cromatiche, attraverso gesti e segni che alimentano la voglia di guardare nelle sfumature, nelle sovrapposizioni, invitando lo spettatore stesso all’azione pittorica.

Valeria Marchi: “La pittura informale e di gesto è stata generalmente affare da uomini, tendenzialmente introspettiva e cromaticamente attenuata. Grezzani col suo lavoro inserisce una temperatura squillante in questo linguaggio”: mi piacerebbe Gabriele che ci spiegassi meglio questo concetto di “maschilismo gestuale”. Vuoi dire che, di contro, nella pittura di Elisa c’è un’esplosività cromatica femminile? Mi pare un discorso interessante ma scivoloso. Se rapportata al titanismo della cosiddetta action painting o della pittura informale, la ricerca di Elisa appare meno scura, tu spieghi: hai in mente qualche figura che possa spiegare meglio quest’idea, come possibile raffronto?

Gabriele Salvaterra: Hai perfettamente ragione: la mia impressione penso che abbia un fondamento autentico – io l’ho avvertita sinceramente – ma, del resto, risulta anche scivoloso creare distinzioni tra approcci mascolini o femminili sulla base, banalmente, del genere che ci si è trovati in dote dalla nascita. Del resto la storia della pittura americana del dopoguerra ha già i suoi esempi di genere femminile in Lee Krasner per l’espressionismo astratto, Helen Frankenthaler nel color field painting o Agnes Martin per il minimalismo, ognuna con un proprio mix specifico tra poli opposti. Credo che il “maschilismo gestuale” stia più nell’idea eroica e autoreferenziale di creare un quadro come fosse un autoritratto di un io geniale, un’epifania di un’interiorità che ci dovrebbe illuminare dalle altezze della creatività artistica. Elisa è più colloquiale in tutto ciò, più leggera e collaborativa. Non inserisce elementi esistenzialisti nella sua pittura, ha un piacere puramente decorativo, lascia deflagrare l’unità dell’opera in una miriade di postproduzioni. Forse non è necessario dare un carattere femminile a questi tratti, ma sicuramente si pongono all’opposto dell’approccio storico di questo “genere”.

VM: Una riflessione su quello che il curatore definisce “l’ipotetico genere (ancora) inesistente del paesaggio sensuale”: cosa pensi di questa definizione, Elisa? E che rapporto hai tu con la pittura di paesaggio classicamente intesa? Guardando i tuoi lavori percepisco un’oscillazione forte tra digitale e carnale, iconico e aniconico. Propendo però, quando incontro il tuo colorismo acceso, a vederci venature pop e urban. Cosa dici di questi mescolamenti?

Elisa Grezzani: Ho studiato pittura ad Urbino e ho vissuto immersa nelle colline marchigiane per quasi cinque anni. La natura a tratti molto selvaggia, il paesaggio sempre in mutamento con i suoi giochi di luce, la nebbia, il mare, i torrenti, i boschi, gli animali selvatici,… ecco, tutte queste cose unite all’esercizio quotidiano della pittura mi hanno sicuramente toccato profondamente. I miei ricordi di quei paesaggi sono a tutti gli effetti sensuali, sono fatti di odori, sapori, sensazioni molto potenti, inesprimibili a parole. Quando dipingo tutti i miei sensi si attivano in modo prorompente e il paesaggio, nel senso ampio del termine, diventa per me uno spazio definito, sicuro, entro il quale posso lasciarmi andare senza paura.
I mescolamenti? Mi piace oscillare tra gli opposti! Mi sento a mio agio nelle zone grigie dove le definizioni sono sempre inadeguate e tutto diventa possibile. É sulle linee di confine che provo maggiore libertà di gioco. 

Elisa Grezzani – Sensual Landscape – Installation view, Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento – © Foto Ivo Corrà

VM: Leggendo il tuo testo critico sulla ricerca di Elisa Grezzani, mi ha interessato molto il paragone matissiano che riporti: “un quadro come un mazzo di fiori”. La dimensione estetica e decorativa del lavoro di Elisa balza agli occhi in maniera molto evidente. E la sensualità della pasta pittorica è davvero una festa per lo sguardo e un invito alla visione, pura e semplice. D’altronde, non siamo forse troppo abituati a guardare i quadri come fossero teorie e vedere pittura che comunica, che parla, che disserta su concetti ed idee?

Gabriele Salvaterra: Assolutamente, viviamo un’epoca contraddittoria in cui l’interpretazione artistica sembra situarsi tra gli estremi del banale “mi piace / non mi piace”, da un lato, e, dall’altro, il racconto di significati e contenuti astrusi che difficilmente si riescono a osservare naturalmente nell’opera. Mi viene in mente una scena da Provaci ancora Sam (1972), dove il povero Woody Allen volendoci “provare” con una bella ragazza, le si avvicina mentre sta contemplando un Pollock al MoMA di New York. Lui, chiedendole un’impressione solo per attaccare discorso, viene sommerso da una serie di significati assurdi e anche piuttosto ridicoli. Al di là della comicità della scena di finzione, era quella una stagione in cui la critica d’arte aveva raggiunto vette grottesche e retoriche. Pochi anni prima Susan Sontag scriveva, infatti, Contro l’interpretazione (1964), con cui invitava a sgombrare (almeno un po’) il campo dai fantasmi di un’ermeneutica ipertrofica, per riscoprire il piacere di un contatto immediato, carnale e fisico con l’arte. Anche per Henri Matisse il punto era proprio quello, un quadro è un quadro e non significa nulla oltre al suo portato estetico. Trovo che Elisa Grezzani sia partecipe di quella stessa visione. 

VM: Visitando la mostra Sensual Landscape, mi è piaciuto vedere esposti lavori che sono legati alle arti applicate, come il bellissimo arazzo Peace-Circle e l’edizione Humus che è costituita da forme provenienti da composizioni precedentemente realizzate, fatta per essere “giocata” dal possessore con interventi che creano nuove opere. Perché hai voluto lavorare con dettagli o frammenti o riproposizioni di tue opere già create? 

Elisa Grezzani: Mi affascina l’idea di una certa inesauribilità dell’opera. Humus significa suolo, terra, la materia ultima che tutto divora e che dà la vita. Anche la parola “uomo” e “umiltà” provengono dal latino humus. Le mie opere non vogliono essere capolavori statici e intoccabili, ma parte di un flusso inarrestabile, che scorre e si trasforma. Dettagli di precedenti lavori si emancipano e danno il via a nuovi processi creativi passando dall’analogico e materico al digitale e sintetico per poi tornare in una dimensione tattile, sensoriale, come quella della tessitura, della scultura o della stampa a Inkjet. Questi processi hanno per me un qualcosa di sacro e dissacrante allo stesso tempo. Creazione e distruzione. Prendo il mio gesto pittorico e lo taglio, lo rompo, lo cucio, lo strappo, lo accosto, lo cancello, lo copio, lo incollo, lo coloro, lo trasformo. Insomma, tocco l’intoccabile e mi si aprono mondi.

Elisa Grezzani – Sensual Landscape
a cura di Gabriele Salvaterra
Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento
25 marzo – 30 luglio 2022 

Elisa Grezzani – Sensual Landscape – Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento – © Foto Ivo Corrà