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Verde intenso con note di blu – Elena Mazzi a Spazio Cordis, Verona

Spazio Cordis, Verona, nasce come luogo della cura del fisico, è un ex studio medico trasformato in spazio espositivo che ha ripreso in autunno la sua attività con la mostra Verde intenso con note di blu a cura di Michela Lupieri e Marta Ferretti, una mostra dedicata all’artista Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) – fino […]

Elena Mazzi, Self portrait with a whale backpack, stampa fine art montata su dibond, 100×66 cm, edizione di 3+2, 2018, courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica, ph. Davide Galandini, installation view
Elena Mazzi, Encounters, video HD, colore, suono, 5’30’’, edizione di 5+2, 2021, courtesy l’artista, ph. Davide Galandini, installation view

Spazio Cordis, Verona, nasce come luogo della cura del fisico, è un ex studio medico trasformato in spazio espositivo che ha ripreso in autunno la sua attività con la mostra Verde intenso con note di blu a cura di Michela Lupieri e Marta Ferretti, una mostra dedicata all’artista Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) – fino al 12 febbraio 2023. 
L’acqua è il filo rosso che lega tra di loro le opere esposte e l’ambiente, per l’occasione mutato in contesto fluido e acquatico, in un variare di paesaggi e oggetti. Il progetto espositivo, infatti, parte da un fatto personale dell’artista, un incidente avvenuto nel 2017 a seguito di un tuffo da una scogliera, e sviluppa una serie di lavori nati con e attraverso l’acqua. 
Le opere presentate a Cordis sono state realizzate da Elena tra il 2018 e il 2021, sono quindi lavori già esistenti ma che vengono riattivati dallo spazio grazie alla sua natura architettonica, fatta di elementi di acciaio e vetro. 
Suggerire un’idea di fluidità e di passaggio è poi uno degli obiettivi, riusciti, dell’allestimento: si percepisce un senso di attraversamento morbido tra uno spazio e l’altro, un senso del fluire, una sorta di immersione, un gioco di luci che nel piano interrato aiuta a trasportare lo spettatore nel mondo interiore dell’artista, che si apre costantemente verso il fuori del paesaggio. 

Spiega la curatrice Michela Lupieri: “Se visivamente, infatti, i lavori esposti al piano terra sono inquadrature esterne, di paesaggi islandesi, che offrono allo sguardo un’apertura verso panorami, prevalentemente verdi o macchiati da spruzzate di neve, diversamente quelli del piano interrato ci conducono sott’acqua, nel mare ligure di Cervo. Nello scendere sotto, la luce naturale del piano terra proveniente dalle grandi vetrate si affievolisce e lo spettatore si trova immerso in uno spazio più buio, sottomarino.”
La mostra si apre con la fotografia Self portrait with a whale backpack (2018), uno scatto realizzato durante una residenza d’artista in Islanda, dove Elena Mazzi si mostra con una vertebra di balena sulla schiena a mo’ di zaino, proprio nel punto dove è evidente la cicatrice dell’operazione fatta dopo la caduta in acqua. L’immagine è un primo tentativo di riconciliazione con questo elemento, che mostra un’artista a capo chino e di spalle. Lo zaino, però, è anche un peso da portare: collezionando, come gli abitanti dell’isola, le ossa dei cetacei per decorare i giardini, Mazzi cerca di esorcizzare la paura.
Al piano superiore, il video Encounters (2021), girato nella piscina naturale di Seljavallalaug, racconta del riavvicinamento dell’artista all’elemento acquatico. Questa piscina è stata costruita negli anni Venti per insegnare a nuotare agli abitanti del luogo e mostra un’ambiente dove l’essere umano e la natura vivono armoniosamente. Nel video, Elena nuota e interagisce con vertebre di balena, in un tentativo di ricostruzione intima del rapporto con l’acqua , quasi fosse un bagno curativo.

Elena Mazzi, Swimming pools, 4 serigrafie su tavolette da piscina, 50×29 cm, serie di 3+2, 2018, courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica, ph. Davide Galandini, installation view
Elena Mazzi, Spicule, cannocchiale, 2020, courtesy l’artista, ph. Davide Galandini
Elena Mazzi, Spicule, video 4k, colore, suono, 3’40’’, edizione di 3+1, boa in vetro, 2020, courtesy l’artista e Fondazione Elpis, ph. Davide Galandini, installation view

Il lavoro dialoga con l’installazione Swimming pools (2018) che mostra serigrafie di vasche naturali esplorate e catalogate dall’artista, su tavolette da piscina usate.
Scendendo al piano sotto, si incontra il progetto Spicule (2020), commissionato e prodotto dalla Fondazione Elpis con Galleria Continua, realizzato a Cervo in Liguria e parte del progetto Una boccata d’arte. 20 artisti 20 borghi 20 regioni, realizzato tra settembre e ottobre 2020. 
Durante la ricerca, anche a confronto con specialisti locali dell’ecosistema marino, l’artista ha scoperto l’importanza delle spugne i cui scheletri sono composti di calcare o silicio e sono chiamati spicole. 
La pietra di cui sono costituite le spicole viene usata da Elena Mazzi come materiale per la costruzione di forme biomorfe che richiamano gli scheletri, posizionate sul fondo del mare di Cervo a 5 metri di profondità, segnalate sul mare da un’antica boa di vetro e visibili dalla costa tramite un cannocchiale: “quattro sculture in basalto, peperino e pietra dorata […] Le sculture nascono non solo come opera artistica, ma anche come medium per svolgere attività didattiche e scientifiche, interagendo con gli organismi marini, e con i nuotatori e bagnanti del luogo.” 
A Spazio Cordis, invece, si vedono i modellini di partenza delle opere finite con il cannocchiale e la boa. 

Chiude il percorso espositivo, un video che documenta il posizionamento sul fondo del mare delle sculture, in una sorta di coreografia dai gesti misurati e ipnotici. 
Verde intenso con note di blu testimonia l’”orizzonte di ricerca mobile” dell’artista che spazia, si potrebbe dire nuota, tra ambiti e discipline diverse, con un approccio ampio, fatto di rimandi a letture e concetti etici e filosofici come quello di “responso-abilità” di Donna Haraway, cioè la capacità di rispondere alla crisi in cui viviamo e l’abilità dell’essere umano di interagire con l’ambiente e le altre specie in un rapporto di co-abitazione responsabile. 
La mostra da Spazio Cordis offre la possibilità di incontrare metaforicamente e poeticamente i principi guida della ricerca di Elena Mazzi, svelando, nella pulizia dell’allestimento e nell’eleganza delle forme espressive usate dall’artista, una ricerca profonda, personale ma che mette sul piatto questioni etiche e universali: la boa a mio avviso ci può indicare un punto di approdo “ecologico”, un aggancio al reale di cui ci si deve prendere cura, in cui si è spinti ad immergersi; il cannocchiale, posto a cavallo tra il piano terra e l’interrato, è una promessa di visione, uno strumento del sapere e della scienza umana che indica attenzione, sguardo, focalizzazione verso un mondo da dover riavvicinare in punta di piedi.

Elena Mazzi, Spicule, 4 modellini in pietra (peperino, basalto, pietra rosa, pietra dorata), misure variabili, edizione di 3+1, 2020, courtesy l’artista, ph. Davide Galandini, installation view
Elena Mazzi, Spicule, 4 modellini in pietra (peperino, basalto, pietra rosa, pietra dorata), misure variabili, edizione di 3+1, 2020, courtesy l’artista, ph. Davide Galandini, installation view