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È morta Lastation. Viva Lastation!

Dalla terra al cielo letta tutta di un fiato, in un luogo dove il rumore della quotidianità arriva a stenti, in uno spazio che non è solo un appezzamento, ma soprattutto una dimensione interiore che, il più delle volte, affiora in superficie e fa i conti con la realtà di un presente negato. Pensiero e […]

Studio, Home sweet home, courtesy Ramdom e Gianni D’Urso

Dalla terra al cielo letta tutta di un fiato, in un luogo dove il rumore della quotidianità arriva a stenti, in uno spazio che non è solo un appezzamento, ma soprattutto una dimensione interiore che, il più delle volte, affiora in superficie e fa i conti con la realtà di un presente negato. Pensiero e azione convivono nella scritta “Ma’ sto tornando” realizzata da Gianni D’Urso con del mangime per uccelli, da qui ha inizio l’operazione Home sweet home promossa da Ramdom. 
Il progetto curatoriale nasce in occasione dell’ultima residenza di Ramdom presso Lastation sede dell’associazione, situata al primo piano della stazione ferroviaria più a Sud- Est d’Italia, quella di Gagliano nel Capo di Leuca nel Salento (Finibus terrae). Dopo anni di intenso lavoro alle ore 11:00 di mercoledì 18 novembre 2020 gli ideatori dello spazio non profit hanno lasciato definitivamente il casello ferroviario.
A Sud del Sud d’Italia il rapporto con la terra è sempre stato complicato, non del tutto onesto ed eternamente conteso tra quel sentimento unico di essere a casa e l’esatto opposto, ovvero quello di sentirsi tormentanti e inadatti, po’ un come decantato da Vittorio Bodini nel poemetto Foglie di Tabacco (1945-1947): “Quando tornai al mio paese nel Sud / Io mi sentivo morire”. Quello di Gianni D’Urso è un annuncio dal sapore amaro, dettato da una consapevolezza sociale e culturale di affrontare un ritorno esistenziale, che in realtà si tramuta in una speranza poetica di ritrovare un qualcosa di nuovo. 
Questa dimensione racconta di un confronto paradossale serrato con la storia e il presente poiché, quest’ultimo non ha a disposizione il tempo della maturazione, qui l’evocazione della semina e della memoria vive in uno stato di angoscia, poiché quella terra che un tempo diede un futuro alle passate generazioni, oggi è solo un rifugio palliativo che concede una sopravvivenza assistita prima che gli uccelli riprendano a consumare, grano dopo grano ogni singolo frammento di verità. 
Questi istanti di rivendicazione performativa e poverista, documentati attraverso la formalizzazione di tre immagini fotografiche, dimostrano come quella verità personale dal valore universale, diviene nella composizione dell’artista pugliese, oggetto di comunicazione così come parafrasata da Søren Kierkegaard. 
Un altro elemento verbale di Home sweet homeriguarda la scritta al neon “Zona velenata”, un tentativo grafologico che l’artista sottrae dal dato reale, per mettere in evidenza come l’errore fonologico, pone in maniera pedagogica un’attenzione non solo per la condizione dell’essere umano, ma anche per le vicende di un territorio perennemente indebolito e impoverito dalle fallimentari politiche lavorative e dalla mancanza di una progettualità culturale in materia di arte contemporanea.

Studio, Home sweet home, courtesy Ramdom e Gianni D’Urso

Proprio questa mancata lungimiranza delle istituzioni come nel caso del gruppo di Ferrovie del Sud Est (acquisite dal Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane), e del Demanio della Regione Puglia ha sentenziato lo sfratto definitivo dell’associazione Ramdom (fondata Paolo Mele e Luca Coclite), nonostante l’interesse da parte di Loredana Capone, ex assessore all’industria turistica e culturale della Regione Puglia. Lastation, attiva da ben 5 anni anche grazie ai finanziamenti e al sostegno della Regione Puglia e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, ha alle spalle un know-how culturale, innovativo, visionario e rigenerativo che ha trasformato, l’ultima stazione d’Italia, in un centro di ricerca e produzione artistica di interesse nazionale e internazionale. 
Lastation è un punto di riferimento per il contemporaneo in Puglia, un luogo dove con competenza, professionalità e progettualità si sono create connessioni e collaborazioni con artisti come: Carlos Casas, Emilio Vavarella, Andreco, Luca Coclite, Giuseppe De Mattia, Japoco Rinaldi, Elena Bellantoni, Elena Mazzi e Riccardo Giacconi solo per citare alcuni nomi.
Invece di far chiudere gli spazi come Lastation le istituzioni dovrebbero rischiare il tutto per tutto per difendere una continuità partecipativa e comunitaria, come quella abbiamo vissuto in questi anni.
La Puglia dovrebbe investire più equamente sulla distribuzione delle risorse nell’campo dell’arte contemporanea, presentare bandi mirati e finanziamenti più trasparenti dedicati alla realizzazione di residenze per artisti emergenti, curatori e professionisti del settore, attuare un’equa remunerazione per i lavoratori dell’arte, istituire iniziative che consentano di creare delle connessioni con gli attrattori economici pubblici e privati del territorio. Troppi sono i contenitori vuoti come ex caserme, palazzi storici e musei ristrutturati e successivamente chiusi dalla politica e da un’amministrazione sempre più burocratica, nonostante l’attualità della società liquida
In attesa dei nuovi progetti di Ramdom, ci auguriamo che l’esperienza di Lastation sia da esempio poiché come s’intuisce da Gianni D’Urso: “The match is stopped, the game continues”. È morta Lastation. Viva Lastation!

Studio, Home sweet home, courtesy Ramdom e Gianni D’Urso