Dopo un ricco panorama espositivo che, negli ultimi venti anni, ha interessato tutto il mondo, Disobedience Archive di Marco Scotini approda a Venezia su invito del curatore della 60a Esposizione Internazionale d’Arte, Adriano Pedrosa.
Fin dalla prima edizione, nata a Berlino nel 2005, l’esposizione scrive una genealogia della disobbedienza: un archivio di immagini video che intende raccontare “tattiche di resistenza contemporanee, dall’azione diretta alla controinformazione, dalle pratiche costituenti alle forme di bioresistenza” nato con la collaborazione stretta di artisti, filmaker ed attivisti esposti. Necessità non affatto secondaria di questo “manuale d’uso alla disobbedienza sociale” è il suo essere in costante evoluzione di spazi, dichiarandosi sostanzialmente privo di una sede, e di tempi, integrandosi cioè al trascorrere delle esperienze artistiche senza mai raggiungere una configurazione unica o definitiva. In un totale di quindici edizioni, tra le quali si citano Disobedience Archive (The Republic) al Castello di Rivoli nel 2013 o il recente Disobedience Archive (Ders Bitti) per la Biennale di Istanbul del 2022, l’archivio della disobbedienza è perennemente in espansione e si trasforma ogni volta per contenuto e impaginazione spaziale, generando ora l’emiciclo di un parlamento (come a Rivoli), ora una scuola (Istanbul) ora un orto comunitario.
Filo rosso di tutte le edizioni, oltre al già citato aspetto della trasformabilità spaziale degna di un organo della disobbedienza, è di certo il totale squadernamento dell’idea di archivio che, da strumento classificatorio, tassonomico e modernista, diviene un dispositivo trasformativo della nostra percezione del tempo e della realtà. Per la Biennale, il progetto diviene Disobedience Archive (The Zoetrope), uno spazio centrifugo e appunto zootropico allestito da Juliana Ziebell con il supporto di Arnold Braho, e come una grande macchina pre-filmica si inserisce nelle Corderie. Un intervento di rottura e trasformazione che risoggettivizza la storia mediante processi di ribellione, tagliente per ogni sistema politico e governativo, che a Venezia si compila in due macrosezioni per un totale di quaranta film.
Diaspora Activism si concentra sui processi migratori causati dal regime neoliberista, e sulla conseguente sfida alla redazione di nuovi modi di abitare il mondo oltre il concetto di cittadinanza o stato-nazione. Angela Melitopoulos, Marcelo Expósito, Hito Steyerl o i collettivi Black Audio Film Collective o PilotTV sono solo alcune delle presenze che accompagnano Disobedience fin dalle sue prime edizioni, ma per Venezia si sono aggiunti nuovi interventi che, con la massima trasversalità di latitudini e cronologie, tratteggiano una geografia globale della disobbedienza militante.
Lo stesso vale per Gender Disobedience che, in continuità con la sezione precedente, è dedicato alle soggettività nomadi, ai movimenti e alle comunità trasgressive del binarismo eterosessuale. L’esperienza di visita ribadisce la natura appunto militante e di resistenza antimperialista di Disobedience: in un ambiente abbracciato dalla penombra, i quaranta video scorrono a ciclo continuo su pareti concentriche, indistintamente. Manifestazioni LGBT+ americane si accostano così i reportage di persecuzione di migranti in Belgio, la resistenza – anzi la sopravvivenza – di contadini dell’Africa subsahariana è in prossimità delle sperimentazioni televisive indipendenti di PilotTV a Chicago. E ancora, l’appello alla disobbedienza civile contro la legge Debré di Cinéastes pour les sans-papiers condivide lo spazio con le denunce anticoloniali dell’isola di Batam, nello stretto di Malacca, a cura di Tita Salina & Irwan Ahmett.
Per concludere, Disobedience Archive (The Zoetrope) risulta non solo del tutto complementare al tema della 60a edizione Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, ne risulta piuttosto una tappa fondamentale, un essenziale cardine di argomentazione che sottolinea quanto l’alterità – o la stranierità – sia relativa tanto a coordinate geografiche e diasporiche, quanto a differenti morfologie di dissidenza identitaria, ribadendo a gran voce un paradigma allestitivo rivoluzionario. D’altronde, come ricorda María Galindo del collettivo anarco-femminista Mujeres Creando (presente con il video Revoluciòn Puta nella sezione Gender Disobedience), no hay arte por fuera de la política, o non esiste arte al di fuori della politica.
Disobedience Archive (The Zoetrope) vede il coordinamento di Andris Brinkmanis e il concept visivo di Lilia Di Bella e Chiara Figone e un apparato testuale per ciascun film elaborato dagli studenti di Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e Roma, disponibili al sito Disobedience Archive o sulla pagina Instagram @disobedience_archive.
Disobedience Archive – A cura di Marco Scotini (Con assistenza curatoriale di Arnold Braho e l’exhibition display di Juliana Ziebell)
Ursula Biemann, Black Audio-Film Collective, Seba Calfuqueo, Simone Cangelosi, Cinéastes pour les sans-papiers, Critical Art Ensemble, Snow Hnin Ei Hlaing, Marcelo Expósito with Nuria Vila, Maria Galindo & Mujeres Creando, Barbara Hammer, mixrice, Khaled Jarrar, Sara Jordenö, Bani Khoshnoudi, Maria Kourkouta & Niki Giannari, Pedro Lemebel, LIMINAL & Border Forensics (Lorenzo Pezzani, Jack Isles, Giovanna Reder, Stanislas Michel, Chiara Denaro, Alagie Jinkang, Charles Heller, Kiri Santer, Svitlana Lavrenchuk, Luca Obertüfer), Angela Melitopoulos, Jota Mombaça, Carlos Motta, Zanele Muholi, Pınar Öğrenci, Daniela Ortiz, Thunska Pansittivorakul, Anand Patwardhan, Pilot TV Collective, Queerocracy, Oliver Ressler and Zanny Begg, Carole Roussopoulos, Güliz Sağlam, Irwan Ahmett & Tita Salina, Tejal Shah, Chi Yin Sim, Hito Steyerl, Sweatmother, Raphaël Grisey and Bouba Touré, Nguyễn Trinh Thi, James Wentzy, Želimir Žilnik