Moderno è solo ciò che può diventare antico | Dino Gavina, Paradisoterrestre, Bologna

Viaggio dantesco nel Paradiso terrestre di Dino Gavina
3 Novembre 2022
Exhibition Cento % Dino – Paradisoterreste, Bologna 2022 – ph Margherita Cecchini

“E sin dagli inizi della civiltà, l’uomo ha contribuito alla costruzione del suo paradiso terrestre con i suoi manufatti. Il segno dell’uomo caratterizza ogni possibile paradiso terrestre”. Queste le parole di Dino Gavina, fondatore di Paradisoterrestre che, a cent’anni dalla nascita, espone Cento % Dino: una mostra ospitata fino al 7 novembre e nata in collaborazione con Ilka Alessandra Gavina e il Comune di Bologna.

Non un encomio aziendale a Gavina S.p.A., ma una monografica su Dino, quel sovversivo che ha dato vita a brillanti avventure imprenditoriali che hanno inciso la storia del design, quel domatore di designer capace, come nessuno, di sostenere un’incredibile avventura umana, circondandosi delle figure all’epoca più prestigiose del mondo dell’arte e dell’architettura. Una figura poliedrica e ingovernabile, padre del design contemporaneo e regista di persone, di cose e di luoghi, un atlante vivente dell’arte come cultura del progetto del secondo Novecento al quale il MAMbo ha dedicato Lampi di design, una mostra antologica a cura di Elena Brigi e Daniele Vincenzi nel 2010. Otto anni più tardi, lo si rivede protagonista della mostra I CINETICI di Dino Gavina e il Centro Duchamp, curata da Alessia Marchi in occasione di Arte Fiera – Art City Bologna 2018.

“Le cose nascono giorno per giorno. È soltanto guardando a posteriori che t’accorgi, forse, che hai fatto una piccola cosa. Ma che ne sai prima?”. Con queste parole Dino Gavina raccontava in un’intervista la propria straordinaria avventura. Un’avventura parte da lontano, alla fine degli anni Quaranta, in un laboratorio di tappezzeria in via Castiglione a Bologna. È il secondo dopoguerra e la situazione emergenziale obbliga al riuso di materiali per forniture militari per la produzione di rivestimenti in tessuto per automobili Fiat e interni di carrozze ferroviarie. Stava per innescarsi una delle più esplosive rivoluzioni del design del Novecento che oggi si intende raccontare per chi non ha avuto il privilegio di viverla, o per chi vuole genuinamente rivivere quegli anni. Un’operazione non solo di memoria storica, ma soprattutto di memoria progettuale, visto che anche il contemporaneo è progettabile. Gavina stesso dimostra questa tesi: a lui va il merito di aver finalmente destato un design italiano corrotto da fiacche imitazioni del design scandinavo, spacciate per moderno. Egli intende invece saldare all’etica industriale un’attitudine estetica, da scrupoloso osservatore delle arti visive. Dalla sua Bologna, Gavina punta lo sguardo a Milano e alle Triennali, dove nel 1954, anno di fondazione del Compasso d’Oro, intercetta Lucio Fontana e “quei bravi architetti” che ancora non si chiamavano designer: Marco Zanuso, Luigi Caccia Dominioni, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Ignazio Gardella, Enzo Mari, Vico Magistretti. Questo pirotecnico circolo di progettisti si fa incommensurabile con l’arrivo di Carlo Scarpa, reso possibile dalla comune amicizia di Gavina con Aldo Businaro, colui il quale spinse Cassina ad acquisire, tra i molti, anche i diritti dei mobili di Le Corbusier. 

Exhibition Cento % Dino – Paradisoterreste, Bologna 2022 – ph Margherita Cecchini

All’intuizione imprenditoriale e alla necessità innovativa dell’oggetto di design, Gavina aggiunge quindi una costante sensibilità tutt’altro che tecnica, anzi profondamente artistica e umanistica, tanto da portarla a gran voce nel campo dell’arredamento, o meglio del paesaggio domestico. Quest’impresa, che fa di Gavina uno sperimentatore di fatto, parte nel 1962, quando decide insieme a Pier Giacomo Castiglioni di riprodurre i mobili Bauhaus di Marcel Breuer. Come scrive Domitilla Dardi, l’appuntamento di Gavina allo studio di Breuer a New York si configura come un appuntamento amoroso dal quale entrambi escono soddisfatti: chi con il permesso di riedizione, chi con un enorme mazzo di rose. Quella della riedizione non è un’operazione nostalgica, quanto piuttosto una verifica etica di un prodotto industriale. In effetti, l’impresa consisteva nel serializzare progetti disegnati quaranta anni prima e prodotti solo artigianalmente: un test di maturità progettuale insomma, al quale Breuer risponde egregiamente, complice una sua effettiva contemporaneità. Lo stesso non valeva, ad esempio, con i mobili di Le Corbusier e Charlotte Perriand i quali, malgrado l’apparenza moderna, erano vincolati a una serie di processi produttivi marcatamente manifatturieri e artigianali. Nacque così “un nuovo rapporto tra cultura e industria”, come ricorda l’autore della generosa monografia su Gavina, Virgilio Vercelloni, ovvero produrre in serie iconici capolavori del passato.

Il progetto “Ultrarazionale” del 1968, vera e propria presa di coscienza del Razionalismo come fenomeno di maniera, intende “liberare dai limiti del Movimento Moderno” e riflette non solo sul miglioramento della produzione in serie, ma soprattutto sul “riscattare il cuore poetico delle cose”. E lo fa aprendo la collezione con il tavolo Doge di Carlo Scarpa, capolavoro assoluto del genio veneziano, tanto da meritare un nome proprio, al quale si aggiungerà presto il tavolo Orseolo posto simbolicamente all’ingresso della galleria Paradisoterrestre di via dei Musei. Le fotografie straordinarie di Margherita Cecchini, in parte inedite, sono state scattate nel 2001 in una giornata di riprese di un documentario di Rai Educational ed esposte come canvas print in suggestivi light box di forte impatto. In una si intravede il manubrio di quella stessa bicicletta posta in apertura della mostra, l’ultima posseduta da Gavina, unica sua passione “oltre il respirare”.

Exhibition Cento % Dino – Sala d’Ercole – Palazzo d’Accursio, Bologna 2022 – ph Margherita Cecchini
Dino Gavina – La casa nella casa – Paradisoterrestre, Bologna

Il 1971 è l’anno di “Ultramobile”, operazione sovversiva delle regole della produzione del mobile che introduce l’arte visiva all’interno della metodologia del design Simon. Ne consegue l’opera d’arte “funzionale” nell’arredamento, ovvero un sorprendente adattamento all’uso quotidiano dell’oggetto surrealista. “Non si tratta di un quadro, né di una scultura, neppure di un mobile. Ultramobile è un’avventura ed è qui per rimanere”: così commenta Gavina con una perspicacia invidiabile. Il manifesto originale sulla parete presenta la collezione di otto oggetti e recita a lettere capitali: “Con Marcel Breuer la cultura entra nella produzione dei mobili in serie. Con Ultramobile entra la poesia”, quella stessa poesia che Carlo Scarpa dichiarerà a denominatore comune con l’architettura cinque anni più tardi, nella celebre conferenza tenuta all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna. Ed ecco, d’altra parte della sala, manifestarsi come in un Eden del design l’intera collezione. Tre pezzi di Sebastian Matta: la seduta MAgriTTA, nata come omaggio all’amico René Magritte che lo ricorda con la simbologia della mela verde e della bombetta, Margarita, un trono tribale ricavato da una fusione in bronzo e Sacco Alato, un sacco fuso e spaccato a metà, una seduta/scultura con grossi sassi trovati per strada come piedi nato assieme a Margarita. Fausto, seduta umanoide di Novello Finotti ricavata da una fusione di bronzo che fa del corpo umano il principale mezzo espressivo e che connette la ricerca contemporanea di Fabio Novembre. Segue Ron Ron, un vero e proprio oggetto da compagnia progettato da Marion Baruch alla quale il Centro di Arte Contemporanea di Tel Aviv dedica la personale “BOMBA” fino al 12 novembre. Traccia, tavolo surrealista che Meret Oppenheim disegna per Leo Castelli nel 1939 e che viene rieditato da Simon sotto il nome di Bird-Leg table per la sua evidente vicinanza estetica e formale ad un volatile. Fino al 4 marzo 2023 Oppenheim verrà celebrata al MoMA grazie alla mostra personale “Meret Oppenheim: My Exhibition”. Quindi Les Grands Transp-parents, specchio ellittico di Man Ray dalle iscrizioni serigrafate sulla superficie che sembra ispirare Monica Bonvicini. E infine un secondo Man Ray con Le Témoin, un occhio che guarda con insistenza e in modo indiscreto, ma basta voltarlo e si trasforma in un’inaspettata seduta. Naque da una scatola di biscotti dalla forma ovale che Gavina donò a Man Ray e su cui l’artista dipinse un grande occhio prima di ridonarla all’amico. In concomitanza con CERSAIE dal 26 al 30 Settembre e in collaborazione con Vintage55, Le Témoin di Man Ray (Edizione Paradisoterrestre 2020) è stato esposto nella vetrina a doppio cerchio dello storico negozio Gavina in Via Altabella 23, progettato da Carlo Scarpa nel 1963. 

Un’ultima tappa è la “casa nella casa” di Dino Gavina, simbolicamente collocata nella Sala d’Ercole di Palazzo d’Accursio, a sua volta casa di tutti i bolognesi. “Una casa dentro l’altra”, come recita Domus 631 di settembre 1982 nel quale Gavina mostra l’interno del proprio appartamento. Nel grande salone, ecco comparire un “cubo, dove tenere vestiti, letto e alcune cose, per poter utilizzare il resto della casa come un magazzino di oggetti utili”. La replica in scala reale è stata realizzata conforme all’originale grazie alla partecipazione della figlia Ilka Alessandra e presentata alla Milano Design Week 2022. All’interno, un gustoso frammento di Passepartout di Philippe Daverio recuperato con il supporto di Rai Teche.

Dino Gavina è stato il primo in tutte le imprese e il 7 novembre avrebbe compiuto cento anni. Paradisoterrestre e la Città di Bologna lo ricordano in modo accorato e suggestivo con questa mostra straordinaria e con “Attualità di un sovversivo”, un talk organizzato da ADI Delegazione Emilia-Romagna. Buon compleanno, Dino.

Le Témoin by Man Ray – Paradisoterrestre – ph. Mattia Tonelli
Paradisoterrestre – Cento % Dino
Paradisoterrestre – Cento % Dino
Paradisoterrestre – Cento % Dino
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