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Dilettanti Geniali. Sperimentazioni artistiche degli anni Ottanta | Intervista con Lorenza Pignatti

Dopo VHS+ video/animazione/televisione e/o indipendenza/addestramento tecnico/controllo produttivo 1995/2000 dedicata al passaggio del video dall’analogico al digitale, No, Oreste, No! sull’esperienza collettiva del Link, e Pensatevi liberi. Bologna Rock 1979, il fervore culturale degli anni 80 torna protagonista a Bologna con “Dilettanti Geniali. Sperimentazioni artistiche degli anni Ottanta” (19 ottobre – 5 gennaio 2020) a cura […]

Padiglione de l’Esprit Nouveau, Bologna – Foto: Matteo Monti, courtesy MAMbo | Istituzione Bologna Musei

Dopo VHS+ video/animazione/televisione e/o indipendenza/addestramento tecnico/controllo produttivo 1995/2000 dedicata al passaggio del video dall’analogico al digitale, No, Oreste, No! sull’esperienza collettiva del Link, e Pensatevi liberi. Bologna Rock 1979, il fervore culturale degli anni 80 torna protagonista a Bologna con “Dilettanti Geniali. Sperimentazioni artistiche degli anni Ottanta” (19 ottobre – 5 gennaio 2020) a cura di Lorenza Pignatti e con l’art direction di Alessandro Jumbo Manfredini. Lasciati gli spazi del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, le testimonianze della scena artistica del decennio trovano una nuova dimora nelle stanze del Padiglione de L’Esprit Nouveau, nella periferia cittadina a pochi passi dalla Fiera.
Fotografie, video e documenti, ma anche poster e vinili, occupano le stanze ideate e progettate da Le Corbusier raccontando un frammento di storia e di cultura che ancora oggi influenza la contemporaneità. Un percorso che mette in luce le sfaccettature del cambiamento culturale puntando i riflettori su un decennio ancora offuscato da luoghi comuni. Un viaggio indietro nel tempo dunque, affrontato però senza nostalgia, senza quell’atteggiamento riassumibile nell’espressione “ai quei tempi” che troppo spesso ci tiene ancorati al passato.

Guendalina Piselli: Dilettanti Geniali è una mostra costruita per “costellazioni” legate tra di loro non a livello cronologico, ma per connessioni. Qual è il punto di partenza per la creazione di questo scenario?

Lorenza Pignatti: Ho preferito comporre un atlante ecclettico, in grado di unire l’aspetto documentario, perché si tratta di una mostra di carattere storico, a quello multidisciplinare, dove nelle diverse costellazioni sono indagati percorsi storico-artistici e linguaggi diversi tra loro. Ho selezionato le fotografie di Luigi Ghirri scattate ai CCCP Fedeli alla linea per l’album Epica, Etica, Etnica, Pathos e ho mostrato le locandine che fecero al centro sociale Tuwat di Carpi per i loro primi concerti, luogo in cui suonarono anche i Raf Punk, fondatori di Attack Punk Records nel 1981, che produssero Ortodossia, il primo 45 giri dei CCCP. In quella stessa prima  costellazione troviamo Pier Vittorio Tondelli, il primo a intervistare i CCCP sulle pagine de “L’Espresso” nel novembre del 1984, a scrivere un racconto intitolato A Karpi a Karpi, e sul Graffio di Modena e tra i primi in Italia a contaminare il racconto autobiografico con la forma saggistica e il reportage giornalistico, a scrivere di droga e omosessualità e a unire il mondo del clubbing con l’analisi sociologica, nella migliore tradizione anglosassone dei Cultural Studies. Del Cassero LGBTI Center ho selezionato immagini fotografiche e articoli che mostrano la difficoltà che ebbero gli omosessuali ad essere accettati in città, anche se fin dalla sua fondazione, nel 1982, il Cassero fu un luogo interdisciplinare in grado di unire creatività e impegno politico, con campagne di prevenzione sull’AIDS. Ho voluto presentare anche Cancer Gay, il primo articolo pubblicato in Italia sull’AIDS sulla rivista “Frigidaire” nel febbraio 1983, scritto da Paolo Brogi.

Andrea Pazienza, Rap & Show, Modena 1983
La scuola di fumetto bolognese ritratta in un disegno firmato Andrea Pazienza – Filippo Scozzari

GP: In conferenza stampa hai definito questa mostra come un “atlante eclettico” che dà della Bologna degli anni Ottanta un’immagine, mai nostalgica, diversa da quella dei carrarmati in Piazza Verdi nel ’77. Ne viene messo in luce il fervore culturale ed artistico spesso vicino a quello americano e inglese. Dal punto di vista storico-artistico questo cosa comporta?

LP: Vuol dire comporre una diversa cartografia di quel decennio, schiacciato da semplificazioni e luoghi comuni, descritto come il periodo dell’edonismo e del disimpegno politico e del synth pop commerciale. Se si scava negli archivi e nella storia è stato invece un decennio ricco di intuizioni e mutamenti, un laboratorio di forme caratterizzate a livello visivo da pratiche DIY che hanno creato originali sperimentazioni grafiche, musicali e artistiche. Si è delineato il passaggio dalla controcultura alla cybercultura, dove oltre alla pervasività del medium televisivo furono intuite le potenzialità dell’intelligenza cibernetica che si svilupperà nel decennio successivo.

GP: Studiare il passato per prevedere il futuro o per comprenderlo?

LP: Il filo conduttore della mostra non è la nostalgia quanto il desiderio di mappare la creatività meno conosciuta di quel decennio, che è stato in grado di suggerire il tempo presente. E non è semplice “retromania”, come afferma il critico musicale Simon Reynolds, quanto la consapevolezza, come scrive Franco “Bifo” Berardi e dopo di lui lo scrittore e teorico Mark Fisher, che la condizione del nostro presente sia caratterizzata da un tempo compresso tra l’accelerazione imposta dallo sviluppo tecnologico e l’assenza di un futuro “altro”, che era possibile immaginare invece nel secolo precedente.

GP: All’interno del Padiglione de L’Esprit Nouveau sono esposte fotografie, dischi, video, fanzine, locandine di concerti. Elementi che fanno di questa esposizione una vera e propria mostra d’archivio. Come si sono svolte la ricerca e la selezione del materiale?

LP: É stato un processo lungo, dove dopo lo studio ho contattato e visitato centri di documentazione, archivi personali e incontrato i protagonisti delle varie scene artistiche di quegli anni.

Massimo Osti con auto elettrica M.O, 1987
© Daniela Facchinato – Anne Magnuson, Kenny Scharf, Stanley Strychacki, Villa Guastavillani, 1980

GP: Ampio spazio all’interno della mostra è dedicato alle sperimentazioni editoriali, dalle fanzine al primo fumetto realizzato al computer…

LP: Si perché negli anni Ottanta emergono nuovi processi sociali e comunicativi di cui Tommaso Tozzi, Livia Satriano, Marco Philopat, e Beppe de Sario hanno sapientemente scritto.
In Dilettanti Geniali trovate i disegni di Nicola Corona, dove per la titolazione della storia a fumetti Tropical Computer System, pubblicato su “Frigidaire” nel 1981, aveva utilizzato la telescrivente elettronica, antesignana del personal computer, e i fumetti realizzati con il computer dai Giovanotti Mondani Meccanici, che mettevano in scena le intuizioni cibernetiche del tempo futuro con performance multimediali, installazioni sonore, produzioni discografiche. La critica e ricercatrice al DAMS di Bologna Francesca Alinovi già nei primi anni ’80 scriveva dei futuri sviluppi delle telecomunicazioni e di New York come di una noosfera attraversata da continui messaggi video-elettronici e sinestetici. Avremmo voluto, io e l’art director Alessandro Jumbo Manfredini, mostrare Minimali, il primo esperimento di cyber-teatropresentato da Lorenzo Miglioli al Festival di Polverigi nel 1984, con la colonna sonora dei Surprize, ma purtroppo non si è trovata nessuna documentazione iconografica. Decoder. Rivista internazionale underground, fin dal suo primo numero nel 1986, si occupò dell’utilizzo sociale delle tecnologie informatiche. Fu la voce del movimento cyberpunk italiano ed era stampata presso la Bold Machine di Bologna, tipografia di riferimento dell’underground italiano del periodo. I temi affrontati da Decoder su fenomeni sociali, culture underground e movimenti letterari furono approfonditi e ampliati dai testi pubblicati da Shake Edizioni, diretta emanazione della rivista.

GP: Il Padiglione de l’Esprit Nouveau è uno spazio espositivo molto particolare sia per le sue caratteristiche architettoniche sia per la sua funzione, in una certa misura, di monumento artistico. Quali conseguenze hanno questi aspetti su una mostra? Come hai lavorato all’interno di questo spazio?

LP: Il padiglione — ideato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret per l’Exposition International des Arts Décoratifs di Parigi del 1925, e ricostruito a Bologna nel 1977, grazie agli architetti Giuliano Gresleri, Glauco Gresleri, José Oubrerie e Giorgio Trebbi, con la supervisione della Fondazione Le Corbusier di Parigi — è un luogo unico. Con Alessandro Jumbo Manfredini abbiamo rispettato e dialogato con lo spazio senza invaderlo con strutture ingombranti. Siamo riusciti grazie alla preziosa collaborazione di Albano Ghizzoni, fondatore di Essent’ial, che ha realizzato per noi elegantissimi monoliti di cartone reciclato, strutture minimaliste che non inquinano e si integrano perfettamente con il design dell’edificio.

GP: Bologna e i suoi protagonisti riusciranno mai a raggiungere il riconoscimento culturale internazionale che si meritano?

LP: Certo, il MAMbo con la programmazione della Project Room sta facendo un ottimo lavoro in questo senso, come è accaduto con la mostra Pensatevi liberi. Bologna Rock 1979, e all’attento lavoro editoriale di Oderso Rubini. Ma non ne farei una questione regionale/territoriale. C’è tanto lavoro da fare sugli anni ’80, c’è la scena della new wave fiorentina, quella romagnola, quella di Pordenone, quella milanese fuori dai circuiti mainstream. Dilettanti Geniali è solo il punto di partenza di una cartografia in divenire.

Luigi Ghirri, Villa Pirondini Correggio, 1990, copyright eredi Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, CCCP 1990, copyright Eredi Luigi Ghirri
Quartetto prampolini, 1986
Pier Vittorio Tondelli, 1980. Fotografia di Celestino Pantaleoni
Massimo Iosa Ghini, Illustrazioni per la rivista Vanity, modelli di Krizia, 1984