Tracciare un percorso cronologico che abbracci circa venti anni di produzione artistica è un obiettivo assai faticoso tanto più se a essere protagonista del tentativo è un artista che sfugge inevitabilmente a una categorizzazione precisa, ferma nel vuoto pneumatico delle etichettature. Che Diego Perrone sia un artista legato alle qualità trasformative dei mezzi e delle tecniche è cosa assai nota, che nella sua produzione abbia incoraggiato l’utilizzo di media disparati – transitando dal disegno alla scultura, passando per il video e la fotografia – è cosa altrettanto conosciuta. Nel sottolineare il contenuto processuale di una pratica che respinge per sua stessa natura qualsiasi vocazione all’univocità, la mostra personale Pendio piovoso frusta la lingua, che il MACRO di Roma gli dedica, evidenzia un percorso variegato in cui, senza alcuna soluzione di continuità, si palesano davanti agli occhi dei visitatori diverse costellazioni di lavori – cinque nuove produzioni insieme ad alcune tra le opere più note dell’artista – ognuna delle quali è raccontata da descrizioni scritte direttamente da Perrone a spingere verso una visione/percezione quanto più letterale possibile di ciò che contestualmente viene osservato.
“Con Pendio piovoso frusta la lingua, Diego Perrone continua a esplorare i limiti dello strabismo creativo attraverso un’opera d’arte totale che si insinua perfettamente nei solchi di una visione turbata dagli sviluppi tecnologici degli ultimi trent’anni, e dalle loro ripercussioni, ma che pone domande al di là dei confini temporali”.
Pendio piovoso frusta la lingua – già titolo di un lavoro del 2010 in setole di nylon e fibra di vetro – è un’onomatopeica successione di parole a rievocare un fragoroso temporale avvenuto in montagna, come ricorda l’artista, e, nell’ottica del paesaggio organico ricreato tramite l’associazione dei diversi cicli di opere, una sovrapposizione di suggestioni in cui si mescolano fino a confondersi nenie antiche e ricordi inconsci.
La mostra si articola attraverso passaggi dosati in cui convivono video, scultura, disegno, fotografia; nelle sculture in vetro, capaci di spingere al limite le potenzialità del materiale impiegato, [disposte al di sopra di Snorkeller Tube, “un sommozzatore che nuota a filo d’acqua con maschera e boccaglio” realizzato grazie al supporto dell’avviso pubblico PAC2020 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e destinato alle collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali] Perrone ricrea delle concrezioni fossili da cui emergono le silhouettes di pesci e orecchi sommersi in un ipogeo liquido.
Nella nota serie de I pensatori di buchi (2002) quello spazio ipogeo diventa corpo concreto e spazio d’azione; come racconta Perrone in una vecchia intervista “ho iniziato dalla disperazione di non avere un’idea, poi ho pensato che ci potessero essere delle foto; che queste foto potessero avere delle ottiche particolari; che quel posto lì potesse essere un set; che su quel set potessero comparire dei personaggi. Ho pensato che questi buchi pian piano dovessero avere una forma. Non sono scavati a caso, ma alcuni sono diagonali e così via… dovevano convivere tra di loro. Ho pensato alla terra che si doveva esportare e poteva essere anche lei parte di questa zona trivellata che è diventata una scultura”.
Sovrapposizione dei linguaggi, intersecarsi di orizzonte naturale e artificiale, dilatazione e deviazione dalla ordinaria comprensione del tempo e dello spazio: Pendio piovoso frusta la lingua cantilena incessante che scandisce i ritmi dilatati ricordandoci il rumore intermittente della Frustata – titolo del filmato di un ragazzino che schiocca una frusta – sempre in agguato.
Angelica Gatto: Pendio piovoso frusta la lingua, titolo della tua personale al MACRO, è anche il titolo di un tuo lavoro del 2010 in setole di nylon e fibra di vetro. Come mai hai scelto questo titolo, come si lega all’intero progetto, definito come un “paesaggio organico, e a tratti vertiginoso, che unisce opere degli ultimi vent’anni di produzione con cinque nuovi lavori”?
Diego Perrone: Pendio piovoso frusta la lingua descrive un intenso temporale in montagna, la pioggia forte che arriva sulla faccia appunto come una frustata e la paura di continuare il percorso verso la vetta. Il panico che si manifesta nello sfidare elementi naturali in un contesto privo di protezione. Penso di averlo scelto perché è il racconto di un attimo costituito da più cose che accadono simultaneamente fruibili come un unico corpo ma descritte una alla volta.
AG: All’interno del percorso espositivo sono incluse quindi anche cinque nuove produzioni, tra cui Snorkeller Tube, realizzata grazie al supporto dell’avviso pubblico PAC2020 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura: puoi raccontarmi qualcosa in merito ai nuovi lavori in mostra ed, eventualmente, al legame che intessono con le tue opere meno recenti?
DP: Per realizzare Snorkeller Tube, ho disegnato un sommozzatore che nuota a filo d’acqua con maschera e boccaglio. In un secondo tempo ho deciso di rendere tridimensionale il disegno estrudendolo, cioè ripetendo la stessa forma per trenta metri nello spazio. La silhouette che descrive il contorno del sommozzatore, visibile solo all’inizio e alla fine, è il guscio, la pelle della scultura. Il volume di aria passante al suo interno invece definisce la sua fisicità. La sua parte piatta rappresenta la superficie dell’acqua, il confine tra liquido e gassoso, un orizzonte sul quale è possibile appoggiare le sculture di vetro. In questo caso questa scultura recentissima si fa sostegno per le sculture che sono meno recenti, fatte di colori e trasparenze.
AG: La mostra unisce opere degli ultimi vent’anni di produzione: cosa significa per un artista della tua generazione confrontarsi con un progetto di così ampio respiro?
DP: Ho scelto solo alcuni corpi di lavori che si potessero relazionare bene tra loro e che nell’insieme potessero intersecarsi in una presenza comune, fatta di sovrapposizioni e simultaneità. Dal mio punto di vista non si tratta di un viaggio a ritroso nella mia pratica, ma di pura ricerca nell’individuare un nuovo presente.
AG: Ciascuna opera è raccontata da descrizioni scritte di tuo pugno: qual è il tuo rapporto con la scrittura, come si lega alla narrazione dei singoli lavori?
DP: Probabilmente è un modo per aggiungere una mia visione più letterale a quello che ho fatto, molte volte si tratta anche solo di descrivere come quell’opera è stata fatta, penso che questo aiuti a rendere più nitido quello che vedi.