Segue il testo in italiano
In the context of My Room On Mars – a special projects series curated by Fabio Carnaghi at MARS – this third installment is particularly worthy of attention: Debora Hirsch’s work titled Firmament, launches a new direction in the research of the Milan based Brazilian artist.
Hirsch redefines the space of the gallery through a site-specific intervention that brings the emptiness to a center stage by shifting the focus to the edges, breaking the symmetry of the environment. A low black rectangular prism on the floor that matches in size, volume and color the overhead closed ceiling skylight, is the fulcrum of the space. Both objects mirror each other, creating an invisible axis that counterbalances the presence of a decentralized painted canvas, depicting some random abstract forms on an indefinite space, suggested by a deep centripetal geometric structure.
The elements and decorative patterns, devoid of any concrete reference, are the signs of an automatic visual alphabet that the artist draws from her youth, recovered here as mnemonic reminiscences or fragments from lost origins. It’s an undefined cosmos that evokes the infinitely big or suggests the infinitely small: a suspended and absolute dimension.
Hirsch’s painting exposes the dynamics of mass media communication and the influence they have on our way of interacting with the real, as shown in the project donotclickthru made for her solo exhibition at Galleria Pack last year. Starting from those reflections and deepening the implications, the artist abandoned the figurative interface to go back to the limits of representation. In these works, the seduction of painting gives room to abstract elements with vaguely organic references, while the soft chromatic oil shades are replaced by flat plain acrylic. The process of formal and color synthesis is now functional to the fragmentation of information flow, made up of decontextualized heterogeneous elements bearers of new meanings.
New decentered and seemingly inscrutable territories are defined, when the consistency of representation and unequivocal definitions are purposely abandoned and the value of experience prevails. Firmament deals with the fragmental knowledge that characterizes our lack of contemporary big narratives, irrevocably devoted to non-linearity and the reduction to pluralism, asserting its inevitable partial truth.
Debora Hirsch, Firmament | MARS Milano
Nell’ambito di My Room On Mars – ciclo di progetti speciali a cura di Fabio Carnaghi che chiude la stagione 2017 di MARS, artist run space milanese – questo terzo appuntamento è particolarmente degno di attenzione: l’intervento di Debora Hirsch, intitolato Firmament, presenta l’avvio di un nuovo corso nella ricerca dell’artista brasiliana di base a Milano.
Hirsch ridefinisce lo spazio di MARS attraverso un intervento site-specific che mette al centro un vuoto e, spostando l’attenzione al margine, rompe la simmetria dell’ambiente. Un basso parallelepipedo nero che corrisponde esattamente per dimensioni e volume alla porzione di soffitto sovrastante – un lucernario anch’esso nero, cieco – è il fulcro dello spazio. Le due presenze si rispecchiano l’una nell’altra, determinano un asse invisibile controbilanciato dall’attrazione esercitata da una tela, collocata in posizione decentrata, che raffigura alcune forme astratte vanganti in uno spazio indefinito, suggerito da una struttura geometrica che crea una profondità centripeta. Gli elementi e i loro andamenti decorativi sono privi di un riferimento concreto, sono segni di un alfabeto visivo automatico che l’artista disegna fin dalla giovinezza e che qui riprende come reminiscenze mnemoniche o frammenti di cui si è persa l’origine. È un cosmo indefinito che evoca l’infinitamente grande o suggerisce l’infintamente piccolo, una dimensione sospesa e assoluta.
La ricerca di Hirsch indaga attraverso la pittura le dinamiche della comunicazione massmediatica e l’influenza che queste hanno sulla nostra modalità di interagire con il reale, come nel progetto donotclickthru realizzato in occasione sua ultima personale milanese alla Galleria Pack -Spazio 22 lo scorso anno. Partendo da quelle riflessioni e approfondendone le implicazioni, l’artista ha abbandonato l’interfaccia figurativa che costituiva la sua cifra stilistica peculiare per andare a ritroso fino ai limiti della rappresentazione. Nascono così questi lavori in cui la seduzione della pittura lascia il posto a elementi astratti con rimandi vagamente organici, mentre le morbide sfumature cromatiche a olio sono sostituite da campiture piatte in acrilico. Il processo di sintesi formale e cromatica è funzionale alla resa della frammentarietà del flusso informativo, fatto di elementi eterogenei, decontestualizzati ma potenzialmente portatori di nuovi significati. Con la rottura dell’unità e della coerenza della rappresentazione si definiscono nuovi territori apparentemente imperscrutabili senza centro né coordinate certe, sfuggenti a definizioni univoche ma forieri di aperture, in cui prevale il valore dell’esperienza. Ed è appunto di questo di cui tratta Firmament, della frammentarietà della conoscenza che caratterizza la nostra contemporaneità priva di grandi narrazioni, irrimediabilmente votata alla non linearità e alla disomogeneità ma che in questa riduzione a pluralità afferma la sua verità, inevitabilmente parziale.
La mostra prosegue fino al 15 novembre.