Dadamaino e Maria Lai: un incontro impossibile? No, in realtà la doppia personale alla Galleria Six di Milano – in corso fino al 23 febbraio 2022 – è una scelta eccentrica ma azzeccatissima che rivela, attraverso una rappresentativa selezione di opere, un parallelismo poetico nella ricerca delle due artiste: il segno inteso come emanazione dell’interiorità. Elena Pontiggia autrice del saggio in catalogo, le definisce “diversissime” ma – citando una frase di Arthur Rimbaud che profetizzava la libertà delle donne – le accomuna nell’aver “trovato l’ignoto”– cioè la possibilità di accedere e di esprimere l’esperienza interiore che trasfigura la realtà – e nell’aver così rivelato il loro – e il nostro – essere immersi nel mistero, quello dell’arte che poi è anche quello della vita. Un mistero che le ha spinte per vie diverse a intraprendere l’attività artistica – allora più di oggi scelta difficile – cercando la propria personale cifra espressiva che ha portato entrambe all’elaborazione di un alfabeto intimo, mentale, risolvendo e superando la problematica pittorica in un linguaggio autonomo.
Per Dadamaino la tela è un campo di possibilità: nei Volumi (di cui qui sono esposti uno nero del 1959 e uno bianco post 1965) la taglia, aprendo grandi buchi e facendo entrare il vuoto – l’ignoto, appunto – che successivamente nei Volumi a moduli sfalsati (in mostra uno del 1960) prende la forma di piccoli fori circolari, fustellature ordinate che preludono alle successive trame segniche fatte di piccoli tratti, dirette registrazioni di gesti che si ripetono ossessivamente con andamenti irregolari fino a riempire tutto lo spazio disponibile in un movimento che è quasi una scrittura automatica, inconscia, di cui Passo dopo passo (1989) è un pregevole esempio.
Anche Maria Lai, a suo modo, crea delle trame segniche, ma fatte con ago e filo: sono cuciture che collegano, unendo lembi di tela, di stoffa, di carta, creando orizzonti – come Paesaggio al vento n.2 del 1974 – fino ad arrivare a ricucire legami personali e sociali, come nella sua memorabile azione partecipativa Legarsi alla montagna. Anche per Lai, il gesto diventa segno, un segno che trapassa e collega ma anche che si sfilaccia, si annoda, si allenta, un linguaggio intimo e intraducibile che si rivela nel ritmo della cucitura empaticamente comprensibile dei Lenzuoli e nei libri cuciti, come Senza risposta del 1990 presente in galleria.
La mostra ha anche un’appendice veneziana: Six inaugura una vetrina in Calle de la Vida San Marco, 2530, adiacente alla Chiesa di Santa Maria del Giglio, a pochi passi dal Teatro La Fenice e da piazza San Marco. Lo spazio su strada è un’espansione della galleria dove, in contemporanea alla mostra presentata a Milano e in continuità con essa, vengono presentate una o più opere. Per questa occasione un Presepe di Maria Lai, realizzato in terracotta e materiali quotidiani, una Natività domestica che rimanda al mistico stupore dei presepi dell’infanzia che va oltre il significato religioso per farsi messaggio di speranza per tutti.