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Cristiano Carotti. XENIA, il margine come spazio di resistenza

Il progetto è pensato per svolgersi come un racconto in cui un video e un nucleo di installazioni in alluminio, ferro, tubi zincati e cemento, reimmaginano un nuovo percorso di viaggio per il nostro estraneo sacro, dalla discarica all’albero della vita della Qabbālāh.

Nel IX Libro dell’Odissea, Ulisse e i suoi compagni, approdati nella terra dei Ciclopi, restano prigionieri nella grotta di Polifemo, che ne divora alcuni. Riusciranno a sfuggirgli grazie alla proverbiale astuzia dell’eroe omerico, che, dopo essersi presentato al ciclope con il nome di Nessuno, gli offrirà del vino per farlo dormire e lo accecherà con un palo arroventato. I compagni di Ulisse usciranno dalla grotta, mescolati al gregge e, una volta al sicuro sulla nave, un moto d’orgoglio spingerà l’eroe a rivelare il suo vero nome e questo gli costerà la maledizione implacabile di Polifemo, che invocherà su di lui la vendetta del padre, Posidone.

«E guardavam dei Ciclopi la terra vicina: ché fumo quindi sorgeva, belati suonavan di pecore e capre. Quando s’immerse il sole nel mare, e la tènebra giunse, noi ci mettemmo a dormire vicino alla spiaggia del mare. Come l’Aurora spuntò mattiniera ch’à dita di rose. Tutti i compagni insieme raccolsi, e cosí dissi a loro: «Voi rimanete qui nell’isola, o cari compagni: io con la nave mia, coi miei compagni di nave, vado a cercar notizie, che uomini mai sono quelli, se prepotenti, e senza giustizia, e selvatici, oppure sono ospitali, e in cuore albergan rispetto dei Numi».

L’Odissea è considerata tutt’oggi uno dei testi fondativi della tradizione culturale occidentale, un poema risultato da una lunga tradizione condivisa di poesia epica orale che riassume, attraverso il lungo peregrinare dell’eoe protagonista, un prontuario comportamentale e un repertorio di norme e valori. Ciò che indigna Ulisse nel momento del suo incontro con Polifemo è l’atteggiamento del ciclope nei confronti della xenia, ovvero di quell’insieme di regole che disciplinano il rapporto con lo straniero. Ulisse è portatore di doni, mentre Polifemo si nutre delle carni di alcuni dei compagni di viaggio dell’eroe. La xenia è uno dei fondamenti inderogabili della civiltà greca antica – perlomeno sino all’età cristiana – e l’identità linguistica che l’etimologia del termine greco sottende (xenos è sia l’ospite che lo straniero) implica un immediato riconoscimento di colui che non appartiene alla città.

È nel 2021 che sono comparsi nella laguna e nel centro storico di Venezia alcuni esemplari di Ibis sacro Threskiornis aethiopicus, una specie di origine afrotropicale alloctona trovatasi a popolare un territorio diverso dal suo areale storico e ad autosostenersi dal punto di vista riproduttivo all’interno di un nuovo habitat. È sintomatico come, da un punto di vista scientifico, si parli di specie naturalizzata o di specie aliena invasiva a seconda delle capacità competitive e dell’impatto in termini di compromissione degli ecosistemi originari in cui le specie migrano. L’ibis sacro è una specie originaria dell’Africa a sud del Sahara e dell’Iraq sud-orientale, presente in passato anche in Egitto, dove si è estinto come nidificante fin dalla metà del XIX secolo. È una specie gregaria, molto adattabile, capace di nidificare anche in compagnia di altre specie.

Cristiano Carotti, Xenia. L’estraneo sacro – Installation view – CREA – Cantieri del Contemporaneo, Venezia – Foto Pierfrancesco Celada

Thot era considerato un dio lunare, venerato come dio della scrittura, delle formule divine e magiche, della giustizia dell’aldilà e rappresentato talvolta come ibis, talvolta come babbuino. Nella redazione arcaica del mito di Osiride e Seth è l’alleato del secondo, in quella più recente è colui che compone la lotta. Nel mito solare funge da visir di Ra. Dai Greci Thot fu identificato con Ermes, e sotto questo nome passò come autore di vari opuscoli di carattere esoterico, legati alla tradizione platonica religiosa dell’età ellenistica, noti come Corpus Hermeticum e attribuiti, per l’appunto, a Ermete Trismegisto, il Mercurio latino identificato anche con l’egiziano Thot.

All’interno di questa parabola storica, che riarticola il tempo mescolando la Grecia antica con l’Egitto, la simbologia esoterica e gli archetipi del contemporaneo, si sviluppa il progetto site-specific di Cristiano Carotti per gli spazi di CREA – Cantieri del Contemporaneo. XENIA, questo il titolo scelto per la mostra, fa diretto riferimento all’ambiguità semantica che il termine stesso racchiude. L’estraneo sacro è proprio l’ibis Threskiornis aethiopicus incontrato dall’artista in occasione dei suoi sopralluoghi in laguna, nello specifico nel centro di smaltimento dei rifiuti in cui intere colonie si sono stanziate alla ricerca di cibo.

Il progetto è pensato per svolgersi come un racconto in cui un video (Veritas, 2024) e un nucleo di installazioni in alluminio, ferro, tubi zincati e cemento, appositamente realizzate per la mostra, reimmaginano un nuovo percorso di viaggio per il nostro estraneo sacro, dalla discarica all’albero della vita della Qabbālāh.

I materiali che Carotti ha scelto, lungi dall’essere materiali naturali, riproducono – con la loro durezza e, a tratti, la loro pericolosità (le punte antintrusione in alluminio) – un tentativo; da un ecosistema tradito a un artificio che imita la stessa ferocia con cui l’ospite/straniero è respinto e ripudiato. Carotti mette insieme, come spesso accade nel suo lavoro, materia e spirito, senza distinguere – come è giusto che sia – il materialismo dallo spiritualismo. È così, per esempio, che si compie il viaggio di elevazione verso un oltre – l’aldilà? l’autocoscienza? – che in qualche modo risulta emancipato dalle sovrastrutture dicotomiche che regolano la società post-capitalista. Il Capitalocene, con lo sfruttamento delle risorse umane e ambientali e un approccio estrattivista che ha inciso profondamente nella relazione sé/altro – è complice di una percezione mutata dell’altro e di quell’universo relazionale che compone lo spazio dell’abitare, il pianeta terra. Quello che Carotti immagina non è un ribaltamento distopico e apocalittico, piuttosto uno spazio potenziale di riadattamento a nuove premesse per guadagnare una diversa cognizione dell’esserci. Per fare ciò, l’approfondimento di discipline meditative, di studi esoterici, delle letture psicanalitiche dell’archetipo – tradotto, soprattutto, in chiave junghiana – divengono centrali nel disegnare i profili di una nuova vocazione concettuale, tutta interna all’opera, ovvero, una tendenza in cui questo insieme di contenuti deriva dalle opere e, allo stesso modo, le genera. Per Carotti, questi due aspetti sono interagenti e mai disgiunti, comportando spesso una densità di contenuti con cui confrontarsi, prendendo del tempo, consentendo cioè alle opere di sedimentare, diventando parte integrante del nostro sentire.

Cristiano Carotti, Xenia. L’estraneo sacro – Installation view – CREA – Cantieri del Contemporaneo, Venezia – Foto Pierfrancesco Celada

Quando l’artista ha iniziato a confrontarsi con l’Ibis della laguna lo ha fatto quasi immedesimandosi, lui ospite, e straniero, a confronto con l’altro diverso da sé. C’è in questo rapporto di continuità una certa propensione a considerare “l’animale” come un tramite, un emissario speciale che ordina umano e non umano. D’altronde, nel mondo della magia e del nomadismo – lo spazio creativo, il viaggio degli Ibis verso nuovi territori sconosciuti – si costruiscono rapporti orizzontali e non gerarchizzati in cui nella natura animata e nel vivente ogni confine è labile, il principio di trasformazione è ciò che regola gli equilibri, e la simbiosi con l’animale è totale, anche nel senso di un’identificazione mistica con esso. Il viaggio, da intendersi sia come l’andare da un luogo ad un altro, sia, in senso più esteso, come un peregrinare indefinito verso una meta non prestabilita, trova, non a caso, un posto speciale nella pratica dell’artista. È così per esempio che la barca solare, posta in contrappunto con il video Veritas, traghetta idealmente verso lo spazio installativo in cui dialogano le sculture su scala ambientale che Carotti ha immaginato come ripari e abbeveratoi per una nuova popolazione nomade che attraversa il tempo e lo spazio alla ricerca di una nuova congiunzione astrale.

Tutto il percorso della mostra è pensato per abbracciare, in un unico movimento, la produzione degli ultimi tre anni; l’alluminio, i teli in pvc – su cui Carotti interviene pittoricamente assecondando le tracce d’uso del materiale di recupero – i calchi in cemento e le fusioni fanno parte del lessico scultoreo che l’artista impiega come tramite tra sé e il reale. Ibis-Thot-Ra è la figura totemica che accompagna in questo percorso. Il suo viaggio, così come il nostro, è una piccola pastorale nutrita, per ossimoro, dell’odore pungente dei materiali industriali e dello scintillio della saldatrice che li assembla.

“La marginalità è un luogo radicale di possibilità, uno spazio di resistenza. Un luogo capace di offrirci la condizione di una prospettiva radicale da cui guardare, creare, immaginare alternative e nuovi mondi” (bell hooks).

Cristiano Carotti. Xenia. L’estraneo sacro
Fino al 01/01/2025
CREA Cantieri del Contemporaneo, Venezia

Cristiano Carotti, Xenia. L’estraneo sacro – Installation view – CREA – Cantieri del Contemporaneo, Venezia – Foto Pierfrancesco Celada