Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce? | Cristiano Carotti alla White Noise Gallery, Roma

Lo sguardo di Carotti sulla natura è tutt’altro che scientifico. Ad essere chiamata in gioco è la dimensione spirituale che la società contemporanea sembra aver messo da parte in nome di un sistema produttivo e funzionale.
26 Giugno 2022
Cristiano Carotti – Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce? | Installation view – White Noise Gallery, Roma

Zolle di terra, vipere, animali selvatici e cardi. Tra gli spazi di White Noise Gallery sembra prendere forma uno di quei paesaggi del deserto americano che tanto hanno popolato la letteratura e il cinema. Immagini di città semideserte dove è la natura a fare da padrona. Eppure per immergersi in questa natura selvatica non è necessario andare così lontano. Cristiano Carotti, alla sua terza personale in galleria, porta infatti tra gli ambienti dello spazio espositivo una natura a noi molto più vicina: quella dell’Umbria. In occasione di Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce? (in corso fino al 30 giugno) l’artista con base a Roma sembra recuperare le proprie origini proprio come fa tornando al suo primo amore: la pittura. Dopo un prolungato periodo dedicato alla scultura, Carotti torna infatti per la prima volta ad utilizzare il linguaggio pittorico. E lo fa in modo del tutto naturale creando un dialogo tra le tele popolate da cardi e animali selvatici e le vipere in ceramica che fanno del pavimento della galleria la loro superficie rocciosa sulla quale muoversi. Le loro squame, lucide e sgargianti, sembra ripetersi sulla superficie pittorica assumendo la forma di grumi di colore, in spatolate di pittura ad olio.

Lo sguardo di Carotti sulla natura è tutt’altro che scientifico. Ad essere chiamata in gioco è la dimensione spirituale che la società contemporanea sembra aver messo da parte in nome di un sistema produttivo e funzionale. È proprio da questo approccio all’ambiente circostante che nasce il titolo della mostra: un quesito di Goethe e della sua teoria dei colori che Carotti fa proprio per incoraggiare la possibilità di un’altra visione della realtà. I colori si fanno così acidi dando vita a paesaggi boreali, quasi post atomici. Il deserto, la terra arsa e inospitale, si carica di un’estetica che per certi versi si avvicina al cyber punk, ma intrisa di una dimensione spirituale che può essere intesa sia in senso filosofico che religioso. Gli elementi naturali, flora e fauna, diventano così spiriti guida che riportano alla terra, alla sua necessità, in un viaggio di ritorno verso le cose semplici. I cardi, unica pianta resistente ai cataclismi umani e naturali, sono il simbolo della tenacia, della resistenza in contesti sfavorevoli, mentre le vipere sono il simbolo junghiano dello scontro tra parte razionale e parte istintiva. La musica composta da Rodrigo d’Erasmo e Mario Conte nei sotterranei della galleria, nella “cripta”, diventa così una sorta di rito sciamanico che accompagna lo spettatore in un viaggio di riscoperta. 

Il risultato è un’immersione in una dimensione sospesa del pensiero e della vita, tra concreto e spirituale, tra razionalità e istinto, tra inizio e fine. Tra gli animali selvatici catturati da Carotti in momenti di passaggio, bloccati in un tempo e in uno spazio non definibili, e cardi che sembrano fluttuare sulla densa superficie pittorica, lo spettatore è messo di fronte ad una spiritualità che per l’artista è propria dell’uomo ma che sembra aver dimenticato, riposta tra gli oggetti del passato non più necessari.

Cristiano Carotti – Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce? | Installation view – White Noise Gallery, Roma
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